Verifiche di estrema precisione sulle «costanti»

Verifiche di estrema precisione sulle «costanti» Verifiche di estrema precisione sulle «costanti» PAUL Adrien Maurice Dirac aveva da poco ricevuto il premio Nobel per la fisica per il suo contributo alla nascita dell'elettrodinamica quantistica quando, nel 1937, enunciò quella che sarebbe poi divenuta universalmente nota come l'ipotesi dei grandi numeri. Probabilmente non pensava, allora, che la sua speculazione puramente teorica avrebbe aperto una branca di indagine nella fisica sperimentale. Alla base dell'ipotesi di Dirac c'era la constatazione che l'età dell'universo e un opportuno rapporto di costanti fondamentali (legato al rapporto di intensità delle forze gravitazionale ed elettromagnetica) sono all'incirca uguali in numero: questo suggerì a Dirac che tale numero fosse a sua volta una costante, in un certo senso più fondamentale delle altre. Se così è, tuttavia, bisogna essere pronti ad accettare che le costanti che noi supponiamo da sempre fondamentali cambino di valore nel tempo, poiché il tempo di vita dell'universo è una quantità in continuo aumento e, secondo alcune ipotesi, cambiano anche le sue dimensioni. " Quanto sia inquietante questa ipotesi è comprensibile: le costanti fondamentali della fisica sono come i mattoni costitutivi della natura e la loro inalterabilità nel tempo è da sempre garanzia che le leggi della natura siano universali e inalterabili. Si pensi, per esempio, all'importanza che ha la velocità della luce nel mondo fisico. L'ipotesi di Dirac fin dal suo nascere fu sottoposta a verifiche sperimentali stringenti. Una delle ultime in ordine di tempo è stata fatta a Torino, all'Istituto Elettrotecnico Nazionale Galileo Ferraris, usando un orologio atomico prototipo di nuova concezione. Non è un caso che alla base di tutto questo ci sia uno strumento misuratore del tempo: di tutte le grandezze fisiche, il tempo è quella misurata con la maggior accuratezza. Gli orologi atomici di ultima generazione, che danno il tempo a tutto il mondo, «sbagliano» di un secondo in alcuni milioni di anni e quelli in progetto e che potrebbero entrare presto in funzione porteranno questo limite ad alcune decine di milioni. E' l'atomo di un elemento poco noto, il cesio, a dare agli orologi atomici tanta precisione accuratezza. In realtà non è poi così vero che il cesio sia poco noto: uno dei suoi isotopi, il 135, è fortemente radioattivo ed è uno dei protagonisti più temuti degli incidenti nucleari. Quello che si trova dentro gli orologi, però, è l'isotopo 133, che è completamente inerte. Non c'è macchina più tranquilla di un orologio atomico: è pericoloso solo se cade su un piede, perché è un'apparecchio piuttosto pesante. . Il nuovo orologio atomico in via di realizzazione all'Istituto Elettrotecnico Nazionale Galileo Ferraris è un prototipo del tutto diverso dagli altri orologi: è l'atomo di magnesio a garantirgli accuratezza, e proprio questa caratteristica ha consentito di misurare l'eventuale variazione nel tempo del valore di alcune costanti fondamentali. Nella ricerca di incertezze sempre più ridotte ci si accorse, vent'anni fa, che gli atomi degli elementi della seconda colonna del sistema periodico, i metalli alcalino-terrosi, hanno alcune transizioni di livello energetico che da una parte piacciono particolarmente agli «orologiai», perché hanno le caratteristiche Misure di tempo mettono alla prova la stabilità delle costanti fìsiche LASER, trappole magnetoottiche, atomi visibili singolarmente fermi nello spazio (cioè molto freddi), gli stessi atomi lanciati delicatamente verso l'alto a mo' di fontanella, ancora laser... E' passato il tempo degli orologi fatti di ingranaggi: il futuro è affidato ai «super-orologi» atomici. Il Politecnico di Torino da alcuni anni coordina i progetti europei per lo sviluppo di nuovi orologi al cesio, i cosiddetti «super-orologi», impegnandosi nella realizzazione di un nuovo orologio esatto a 10H (un milionesimo di secondo di scarto in tre anni). Inoltre un recente accordo con il Nist americano e il «Galileo Ferraris» di Torino per lo sviluppo di tre orologi «a fontana» punta a raggiungere una accuratezza di IO15, cioè ancora dieci volte migliore. L'esistenza di questi orologi, due vicini e uno lontano, tra l'altro, permetterà anche la messa a punto di tecniche di comunicazione superveloci. necessarie per conferire a un orologio stabilità e accuratezza, ma dall'altra sono basate su combinazioni di costanti fondamentali diverse da quelle che reggono le transizioni degli elementi della prima colonna, dove sta il cesio. La meccanica quantistica permette di scrivere le espressioni teoriche delle transizioni del cesio e del magnesio e ne risultano due formule matematiche piuttosto complesse, in cui compaiono molte costanti fondamentali, come la velocità della luce, la massa dell'elettrone, la massa del protone. Le singole espressioni sono molto complicate, ma il loro rapporto è un'espressione molto più semplice: restano soltanto la massa del protone, la massa dell'elettrone e una quantità caratteristica del nucleo dell'atomo di cesio che si chiama rap¬ porto giromagnetico. Quindi, se queste costanti variassero nel tempo, i due diversi orologi dovrebbero discostarsi. Per oltre un anno nei laboratori torinesi si sono confrontate le frequenze delle transizioni del cesio e del magnesio e se ne è misurato il rapporto, per vedere se esso si manteneva stabile o no. Dopo 400 giorni di misurazione è risultato che, se c'è una variazione nel rapporto delle due frequenze e quindi una variazione nel tempo di queste costanti fondamentali, questa dev'essere più piccola di una parte su diecimila miliardi. E' come dire che dovremmo attendere almeno cento miliardi di anni per vedere variare dell'uno per cento la combinazione. Ma i risultati non si fermano qui. Dalle misure di frequenza, dai dati ottenuti in altri esperi¬ menti^ da misurazioni diastrofisica si può fissare un nuovo limite per la variazione nel tempo di un'altra costante fondamentale, la costante di struttura fine. E', questa, una costante quasi ignota al grande pubblico ma di fondamentale importanza: essa è legata alla struttura delle transizioni atomiche e ha una importanza fondamentale nel determinare parecchie cose del mondo fisico, a cominciare, per esempio, dalle dimensioni degli atomi. Anche per la costante di struttura fine si è trovato a Torino che la variazione massima possibile, compatibile con i dati osservativi delle frequenze del cesio e del magnesio, all'incirca è quella delle costanti precedenti. In conclusione, o queste costanti fondamentali non variano con il tempo, almeno nei limiti sopra indicati, o si dovrà lavorare ancora molto per «misurare» il sospetto di Dirac. Carlo Novero Istituto Elettrotecnico Nazionale Galileo Ferraris, Torino LE costanti fondamentali possono essere viste come intermediari tra fisica e ingegneria, cioè tra le equazioni che esprimono i modelli fisici del mondo che ci circonda e la trasformazione di quelle relazioni in oggetti che usiamo, siano essi treni o televisori. Abbiamo tre categorie di costanti fondamentali. Nella prima si trovano codificate certe caratteristiche della Natura, come la carica di un elettrone e la velocità della luce. Nella seconda ci sono le costanti che governano i passaggi tra le proprietà atomiche, microscopiche della materia e quelle macroscopiche. Tra queste c'è per esempio la costante dei gas, R, che in funzione di temperatura, numero di molecole e volume della gomma di un auto, fornisce la pressione del pneumatico. Nella terza ci sono quelle che legano «capitoli» diversi della fisica, come la costante di Planck, che collega l'energia con il tempo, la costante di Boltzmann, che collega l'energia con la temperatura o la costante di gravitazione universale G, che lega la massa di due oggetti alla forza che si scambiano. Quest'ultima costante è quella che tiene assieme l'Universo, regola l'evoluzione e i moti delle stelle e più prosaicamente si manifesta, nei dintorni del nostro pianeta, tramite l'accelerazione di gravità che fa cadere al suolo ogni oggetto lasciato libero. Il valore di G solleva sottili problemi conoscitivi (chi ci garantisce che G, non cambi con il tempo se l'universo si espande?) ed è indispensabile nella navigazione spaziale. Tutti i calcoli di orbite attorno alla Terra o nello spazio profondo richiedono la conoscenza di questa elusiva costante, che fu introdotta da Newton attorno alla metà del '700, stimata da Maskeline usando come forza l'attrazione di una montagna e misurata da Cavendish alla fine del '700. Questa costante è tra noi da due secoli, ma in 200 anni la sua misura è migliorata meno di un. fattore 100. La misura di G richiede la valutazione degli effetti gravitazionali di un corpo ben conosciuto (in forma e costituzione), e quindi necessariamente piccolo, con la conseguenza che produce effetti molto lievi. Per avere un'idea di quanto minuscoli possano essere questi effetti si consideri che l'accelerazione di gravità sulla superficie di una sfera di tungsteno di 10 centimetri di diametro è un terzo di micron (0,001 mm) al secondo per secondo, cioè una trentina di miliardesimi dei 9,8 m/s che sono l'accelerazione di gravità sulla Terra («g»). Esistono molti fenomeni di natura varia (meccanici, elettrici, magnetici, elettromagnetici) che possono falsare una misura così delicata. Il maggior disturbo è costituito dalla gravità terrestre. Si potrebbe rimediare facendo l'esperimento nello spazio ma, anche se oggi la realizzazione sarebbe tecnicamente possibile, spese così elevate non giustificherebbero per tutti l'obiettivo. Inoltre il problema non è solo quello di discriminare una accelerazione piccola da una grande. Infatti g, non è costante e le sue variazioni sono maggiori degli effetti producibili in modo controllato in un esperimento. La soluzione tradizionale al problema è stata quella di confinare l'esperimento in un piano orizzontale che è perpendicolare al vettore g, utilizzando la bilancia di torsione di Cavendish. In questi apparati l'equipaggio mobile è costituito da due masse (passive) uguali distanziate da una bacchetta appesa in centro al filo di torsione, il quale fornisce la forza di richiamo. Le due masse attive vengono avvicinate dall'esterno e causano una variazione misurabile del periodo di oscillazione. In questo secolo vari gruppi di ricerca hanno affermato di aver misurato le prime 4 cifre di G con esperimenti basati su questa idea. Ma purtroppo i risultati ottenuti si rivelano discordanti già alla terza cifra. L'ipotesi più ragionevole, per tentare di capire le incongruenze, sembra essere rappresentata dall'instabilità della costante di torsione del filo. Nasce allora l'idea di usare un pendolo, così la forza di richiamo è la gravità terrestre, esterna all'esperimento, e misurabile parallelamente da un gravimetro. L'esperimento proposto consiste nell'avvicinare lateralmente due masse (note) al pendolo in oscillazione, misurando la variazione di periodo. Quest'ultima è molto piccola, circa un decimilionesimo del periodo stesso. Per misurarla con esattezza alla quarta cifra è necessario determinare il periodo esattamente fino all'undicesima cifra (per la quinta cifra occorre la dodicesima, e così via). Il pendolo deve essere sufficientemente stabile e l'orologio di riferimento molto accurato. Nell'esperimento che si sta preparando al Politecnico di Torino l'orologio di riferimento sarà al cesio, per soddisfare la seconda esigenza, mentre per la prima occorre lavorare sotto vuoto, isolando il pendolo dalle vibrazioni a bassa frequenza dell'ambiente. Andrea De Marchi Sigfrido Leschiutta Politecnico di Torino Isaac Newton: scoprì la legge di gravitazione universale

Luoghi citati: Torino