Prodi; no alla paralisi, meglio la rottura di Alberto Rapisarda

Prodi; no alla paralisi, meglio la rottura Tra Forza Italia e pds si profila l'accordo per il doppio turno. Dal Polo segnali discordanti Prodi; no alla paralisi, meglio la rottura «Bertinotti non è insostituibile» ROMA. «Nel momento in cui questa alleanza risultasse paralizzante, allora bisognerà rompere» promette Romano Prodi davanti agli studenti dell'Università di Catania. E' il secondo, serio avviso a Bertinotti. Dopo la clamorosa presenza del ministro Dini ad una manifestazione del Polo contro il ministro Berlinguer, il presidente del Consiglio è ormai entrato nel tunnel della «verifica» della tenuta della sua maggioranza. E vi si inoltra lasciandosi margini di movimento. Per esempio, non ripète più che se cade il suo governo sono inevitabili elezioni anticipate. Perché ha capito che non è detto che lo sostituisca inevitabilmente il governo delle «larghe intese» di cui tanti continuano a parlare. Potrebbe continuare guidando il suo governo, cercando in Parlamento i voti per una maggioranza senza Rifondazione. Ancora ieri D'Alema gli ha assicurato che il capo è lui e lo rimane. Lo riconosce, di fatto, anche Silvio Berlusconi, che sino all'altro ieri continuava a chiedere a D'Alema un governo di tutti insieme con cambio della guida. Oggi, il capo del Polo modifica la linea e si dimostra pronto ad imboccare anche altre vie: «Siamo disponibili alle larghe intese, ma non ci sono solo quelle. Ci sono tante situazioni e tante formule. Guardino in faccia la realtà e inventino una formula da sottoporci». E' la pronta risposta al chiarimento ricevuto in mattinata dal pds. Berlusconi era rimasto interdetto per l'intervento di Massimo D'Alema alla Camera durante il dibattito sulla fiducia. Discorso che era parso chiudere la via a qualsiasi soluzione diversa dall'attuale governo. La spiegazione di Botteghe Oscure è arrivata per bocca di Pietro Folena. «Non dobbiamo escludere» che in una situazione diversa da quella dei giorni scorsi l'Ulivo dica al Paese «andiamo avanti per questa strada e cercheremo alla Camera i consensi volta per volta». Ovvero, se il confronto con Rifondazione comunista non porta ad esito posi¬ tivo «non ci sono obbligatoriamente le elezioni». «Dopo l'Albania la pazienza del pds si è esaurita - chiosa Lanfranco Turci -. Alla prossima impuntatura di Rifondazione lo scontro sarà duro e totale». Insomma, ritorna in ballo il governo Prodi di minoranza che cerca i voti alla Camera (dove non ha da solo la maggioranza) su ogni provvedimento. Una soluzione di graduale e indolore avvicinamento ad un accordo tra Ulivo e Forza Italia che si farebbe senza, però, ufficializzarlo. «Il governo di larghe intese l'ho tentato io prima delle elezioni. Adesso mi pare che sia un'ipotesi un po' superata» assicura il ministro Antonio Maccanico. Le «larghe intese» piacerebbero, magari, al ministro Dini che domenica si è lanciato in avanti verso il Polo, ma non sono gradite a larga parte del partito popolare che ieri ha duramente criticato Dini. «Prima si presenta da solo alle amministrative con candidature suicide a Milano e Torino, poi partecipa ad una manifestazione contro il governo di cui è ministro. 0 ha le idee confuse, oppure persegue un disegno diverso dal nostro. Noi vogliamo rafforzare il centro nel quadro bipolare» spiega a Dini il vicesegretario del ppi, Franceschini. Il Polo, intanto, incassa il disa- gio che Dini ha provocato nella maggioranza ma non gli fa promesse, chiedendogli di rompere con l'Ulivo se vuole essere un interlocutore credibile. In tutto questo confuso tramestio, l'unica cosa sicura è che per Bertinotti si avvicina il momento di scelte drammatiche. E, di fatti, monta il nervosismo nel suo partito che vede nel gesto di Dini «brutte prove di maggioranze variabili». E non c'è solo il concreto rischio di essere messi fuori dalla maggioranza per quelli di Rifondazione. Quel che ancor più li allarma è l'accordo che si va definendo tra pds e Forza Italia per un sistema elettorale a due turni. «E' scandaloso che si apra la discussione sulla riforma della legge elettorale con l'idea di liquidare una forza politica, cioè noi» grida solitario Fausto Bertinotti. Sul doppio turno, in realtà, ora è d'accordo anche Berlusconi (gli serve a ridurre il peso politico di An). «E' la medicina più crudele, ma anche la più efficace» concorda Urbani, di Forza Italia. Ieri, parlando a Catanzaro, D'Alema ha assicurato che «non si potrà prescindere» dalla riforma elettorale e ha ripetuto, a beneficio del Polo, che non è pregiudizialmente contrario alla elezione diretta del presidente della Repubblica, «al contrario di parte della sinistra». Alberto Rapisarda

Luoghi citati: Albania, Catanzaro, Milano, Roma, Torino