Dal Centro ultimatum a Prodi di Alberto Rapisarda

Dal Centro ultimatum a Prodi Bertinotti apre: discutiamo dell'età pensionabile. Così com'è il Welfare è indifendibile Dal Centro ultimatum a Prodi Marini e Dini: a luglio la verifica decisiva ROMA. E' scattata l'offensiva di Marini e di Dini che Berlusconi da tanto tempo attendeva. Ieri il segretario del ppi e il fondatore di Rinnovamento italiano, con una mossa evidentemente concordata, hanno dato tempo a Prodi fino a metà luglio. A quella data, se sarà stato varato un documento di programmazione economica per il '98 tale da fare partecipare l'Italia alla moneta unica europea, il governo vivrà. Altrimenti... Marini non arriva a parlare esplicitamente di crisi e di governo di «larghe intese» in posizione di lancio, perché una buona fetta del suo partito non ne vuole sentir parlare, legato com'è a Prodi e all'avventura dell'Ulivo. Si limita a dire che «sono stati posti dei punti fermi e mi pare inevitabile che un momento della verità sarà a giugno-luglio, perché a metà luglio il Parlamento dovrà approvare il documento di programmazione economica». Chiede a Prodi «una verifica chiara, senza minacce» perché «noi vogliamo certezze per andare avanti». Dini non ha i vincoli di Marini e lo ha fatto vedere ieri partecipando, con gesto spregiudicato, ad una manifestazione del Polo contro la riforma della scuola del suo collega ministro Berlinguer. Un messaggio politico chiarissimo a Prodi che equivale ad un ultimatum. Confermato, d'altra parte, dalle esplicite dichiarazioni del ministro degli Esteri a favore di un governo assieme anche ai centristi del Polo e senza Bertinotti. Contraddicendo D'A- lema, Dini assicura che «se cadrà Prodi non si andrà a nuove elezioni». Con la sua clamorosa presenza alla manifestazione del Polo a Milano, Dini ha impostato una nuova occasione di incontro in Parlamento con l'opposizione, come per l'Albania. Ma, questa volta, l'imbarazzo sarebbe tutto del pds, il partito del ministro Berlinguer. In queste ore stanno suonando tanti campanelli d'allarme nell'Ulivo e nel Polo. C'è allarme rosso a casa di Rifondazione comunista che ha capito quanto sia concreto il rischio di essere respinta in un angolo (per un paio d'anni) dall'incombente governo di «larghe intese» per il quale lavorano Marini, Dini e Berlusconi. E così Bertinotti ora ammette che si può discutere dell'età pensionabile («mi pare che Bertinotti comin¬ ci a ragionare» ha commentato Marini) e ieri ha detto ai suoi che Rifondazione comunista deve diventare «non resistenza di conquiste lacerate, ma apertura di un grande discorso di riforma», visto che lo Stato sociale «così come è, è indifendibile». Linguaggio assai diverso da quello di pochi giorni fa. Evoluzione frutto del grande spavento per il governo delle «larghe intese» nel quale spera Berlusconi che, «per fortuna», sarà deluso. Ma anche Massimo D'Alema non può stare tranquillo. A mano a mano che passano i giorni anche lui sembra cominciare a guardare con sospetto a quelle «larghe intese» di cui si va parlando da quasi un anno. Sospetti che crescono con le offerte che gli arrivano da varie parti per guidare lui quel tipo di governo, in cui si troverebbe «ostaggio» di una preponderante alleanza di centristi e moderati (Forza Italia, popolari, Dini, ccd, cdu). «Non siamo così sciocchi da farci lusingare - risponde D'Alema respingendo l'offerta -. Non credo che, se cade questo governo, si farà un governo D'Alema». E con sempre maggiore insistenza, va ripetendo: «Non credo che gli italiani vogliano una crisi di governo». Il fatto è che per D'Alema sarà difficile ottenere il successo della commissione bicamerale che presiede, senza pagare al Polo e ai centristi il prezzo del cambio di governo. Anche se per incassare la riforma che in futuro renderebbe più serio il sistema bipolare e più deboli i partiti minori. Nel Polo è in allarme An che, di fatto, preferirebbe che Prodi durasse due anni, logorandosi progressivamente, per dare a Fini il tempo di sostituirsi a Berlusconi alla guida dell'alleanza. Per questo Fini dice a Berlusconi che è meglio «che il governo si consumi. Inutile porre il tema di un governo neutro o di larghe intese». Se c'è crisi, si vada a votare. E per questo Gasparri, invece di ringraziare Dini, lo attacca perché vede che vuole «staccare pezzi di Polo per sostituire Prodi al governo». E anche Casini, che si sente scavalcato dall'attivismo di Berlusconi per le larghe intese, dice il suo no. Come Fini dice: «Il Polo si deve attrezzare a una lunga marcia». Alberto Rapisarda Il presidente del Consiglio Romano Prodi

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