«Beni culturali, 50 anni di disastri»

«Beni culturali, 50 anni di disastri» Il ministro: oggi vareremo un decreto di emergenza, chiederò di stanziare 12 miliardi per Torino «Beni culturali, 50 anni di disastri» Veltroni: Bottai meglio di tanti miei predecessori aROMA UESTA mattina il Consiglio dei ministri prende in esame i primi provvedimenti sul rogo di Torino. Il ministro Walter Veltroni ha passato la giornata domenicale per mettere a punto gli interventi immediati da sottoporre al governo. Lo abbiamo raggiunto, per una intervista telefonica, su ciò che il rogo di Torino rappresenta agli occhi degli italiani: l'immagine drammatica e avvilente di un violento e irreparabile sfregio al nostro straordinario patrimonio artistico. In questa immagine si mescolano emozioni, riflessioni, polemiche. E' anche la confessione di un uomo che a 10 mesi dall'insediamento, davanti alle ceneri del rogo torinese, fa un bilancio del suo lavoro come ministro: «Giro l'Italia come una trottola e vedo cose che fanno rabbrividire, autentiche ricchezze dilapidate nel tempo». Quali sono i provvedimenti immediati che il Consiglio dei ministri potrà varare per l'incendio di Torino? «Innanzi tutto decideremo di decretare per stato di emergenza. Contestualmente chiederò al governo uno stanziamento di 12 miliardi, da aggiungere a quelli della Regione (10) e del Comune (3), per i primi interventi, coordinati dal prefetto. Infine decideremo di utilizzare i fondi residui del Giubileo per i lavori di ricostruzione». Lei ha già un'idea di quanti miliardi siano necessari per l'opera di ricostruzione? «No. Non posso averla. E' troppo presto. Gli esperti sono al lavoro per formulare una previsione attendibile. Sarà sicuramente una cifra consistente, che purtroppo dovrà essere ancora una volta sottratta agli interventi di manutenzione. Io mi auguro che venga un tempo in cui invece che di restauri si parli di manutenzione». L'indignazione per la catastrofe ha aperto, naturalmente, la caccia ai responsabili. Chi sono gli imputati, dove stanno le colpe? «Anch'io vorrei che se ci sono dei colpevoli fossero individuati e fossero puniti, ma allo stato degli atti nessuno è in grado di fare valutazioni. Non si sa neppure da dove le fiamme siano partite. Se l'incendio è partito dalla Cappella del Guarini è una cosa, ma se fosse partito, cosa non esclusa, da Palazzo Reale, dove c'è un sistema antincendio che mi dicono sia fra i più moderni, allora lei capisce che la prospettiva è assai diversa». Questo però è l'ennesimo sfregio, sempre incidenti nel corso di restauri: il PetruzzeLli, la Fenice, il Duomo di Perugia, la Chiesa del Gesù. Che cosa c'è dietro questi «delitti impuniti»? «C'è che questo Paese ha avuto in dispetto per quasi cinquantanni il suo patrimonio culturale. Arrivato al ministero, ho trovato una situazione drammatica. Neppure ministri come Ronchey o Fisichella, persone dabbene, sono riuscite a innovare, come dimostrano le cifre terribili dei soldi non spesi dal ministero nel '95. Vale per i beni culturali ciò che vale per tutto il lavoro di questo governo: ab- biamo alle spalle un passato che ci opprime. L'Italia è stata amministrata per 50 anni tra furbizie e spregiudicatezze, per non dire altro. Non è pensabile che si recuperi questa arretratezza non dico in dieci mesi ma neppure in una legislatura. Persino il fascismo aveva avuto più attenzione per i beni culturali. Certo Bottai non era un Facchiano o una Bono Panino». Ma lo stato di degrado è ormai irrecuperabile? «Dipende dalle politiche che riusciamo ad avviare. Le faccio un esempio: il caso di Pompei, primo luogo d'arte d'Italia per numero di visitatori. Il ministero dispone per tutti gli interventi sul patrimonio nazionale di 360 miliardi, escluse naturalmente le spese di gestione, ma Pompei da solo costerebbe 500 miliardi. Mi sto facen¬ do in quattro per trovare risorse e soluzioni. Sta per essere approvata dalla Camera una legge che consente interventi dei privati, con l'accensione di ingenti prestiti internazionali, con la creazione di city manager da affiancare al sovrintendente. Perché non possiamo continuare a credere che storici dell'arte e uomini di cultura, che sono la risorsa fondamentale del ministero, debbano essere oppressi dal peso della gestione am¬ ministrativa. Per realizzare un progetto del genere in dieci mesi bisogna essere non un ministro bensì un mago». Tuttavia il giudice Raffaele Guariniello ha accusato proprio il suo ministero di avere indebolito la sicurezza degli edifici storici e artistici, concedendo esenzioni alle normative Cee. Che cosa risponde? «Su richiesta dei sovrintendenti il ministero ha chiesto che gli edifici storici museali fossero considerati alla stregua delle scuole o delle caserme per l'applicazione della 626, che comunque non riguarderà i sistemi antincendio ma adeguamenti a sistemi di sicurezza per i lavoratori. Vorrei anche ricordare ciò che ha detto il sindaco di Torino Valentino Castellani: ci vogliono 700 miliardi per mettere a norma solo i musei torinesi. Si può immaginare quale possa essere la spesa per il patrimonio dello Stato e della Chiesa: migliaia di miliardi». Però il magistrato ha annunciato che awierà un'indagine giudiziaria per verificare se tutti gli edifici storici e artistici torinesi siano adeguati alle misure di sicurezza. E' la politica giusta? «Io rispetto il magistrato. Non posso dire altro. E' chiaro che bisogna cercare un punto d'equilibrio non facile tra la natura degli edifici e le esigenze di sicurezza. Non facile perché non si può mica addossare una scala di sicurezza al Colosseo». Esiste anche un problema di competenze? Le responsabilità del patrimonio artistico e culturale sono troppo divise, fra Stato, Regioni, Comuni, eccetera? «Ci sono casi, come la Sicilia, in cui le istituzioni regionali hanno un controllo esclusivo sul loro patrimonio, al punto che lo Stato non può neppure intervenire. Così succede che i miliardi stanziati per il Duomo di Noto non vengano spesi, con il risultato che l'edificio, come sappiamo, finisce in polvere. Non credo che questo sia il modello ideale. Bisogna garantire un cambiamento radicale, riservando allo Stato la tutela del patrimonio e affidando alle autonomie la sua valorizzazione». Il personale del mi¬ nistero, 24 mila dipendenti, dovrebbe essere organizzato diversamente? «11 problema del personale è in primo luogo uno squilibrio geografico. Come mi è già capitato di dire, abbiamo troppi dipendenti al Sud, ne abbiamo troppo pochi al Nord. Voglio dire: decine di archivisti a Benevento e magari nessuno a Milano. Stiamo cercando di modificare questo squilibrio, ma è facile capire che è una strada in salita». Qual è, ministro, la sua strategia? Che cosa cambierà questo stato di cose? «Si possono fare molti interventi di emergenza. Si possono inseguire molte responsabilità settoriali. Ma non dimentichiamo che la sostanza è una struttura moderna del nostro ministero. Noi stiamo veramente cambiando passo. Abbiamo risolto i problemi decennali della Galleria Borghese, di Palazzo Barberini, delle Gallerie dell'Acca • demia. Abbiamo triplicato le risorse disponibili, passando da 360 a 1000 miliardi per il restauro. Sperimentiamo nuove procedure perché questi soldi possano essere spesi. Ma le pastoie da cui dobbiamo liberarci sono gigantesche. Come vado dicendo da tempo, dovremmo avere un vero ministero della Cultura. Pari per importanza, per capirci, a quello della Pubblica istruzione». Con quali funzioni e con quali obiettivi? «Si tratta di dotarsi d'uno strumento efficiente per attuare una vera politica culturale e per aumentare gli interventi dello Stato e favorire, anche con la defiscalizzazione, l'intervento dei privati. Il paradosso è che quanti strillano di più, di fronte alle catastrofi, sono gli stessi che si oppongono a ogni innovazione. Hanno paura anche delle ombre. Avendo invece il coraggio di innovare salveremo la principale ricchezza italiana. Ma, mi creda, o si corre a questa velocità o conosceremo altre tragedie». Alberto Papuzzi «Bisogna cambiare il modo di gestire i nostri tesori» «Le accuse dei magistrati? Bisogna cercare un equilibrio tra la natura degli edifìci e le esigenze di sicurezza Non si può mica addossare una scala al Colosseo» «Abbiamo già risolto i problemi decennali della Galleria Borghese, di Palazzo Barberini, delle Gallerie dell'Accademia e abbiamo triplicato le risorse» esempio: il caso di Pompei, primo luogo d'arte d'Italia per numero di visitatori. Il ministero dispone per tutti gli interventi sul patrimonio nazionale di 360 miliardi, escluse naturalmente le spese di gestione, ma Pompei da solo costerebbe 500 miliardi. Mi sto facen¬ alla stregua delle scuole o delle caserme per l'applicazione della 626, che comunque non riguarderà i sistemi antincendio ma adeguamenti a sistemi di sicurezza per i lavoratori. Vorrei anche ricordare ciò che ha detto il sindaco «Bisogna cambiare il modo di gestire i nostri tesori» posso dire altrsogna cercare brio non facileedifici e le esiNon facile peraddossare unaal Colosseo». 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