«Una grazia, non un miracolo»

«Una grazia, non un miracolo» «Una grazia, non un miracolo» In 2000 alla messa con il cardinale Saldarmi TORINO. Come dopo la fine dell'assedio dei francesi del 1706, come dòpo la terribile pestilenza della metà dell'800 e i bombardamenti dell'ultima guerra, Torino si è stretta ieri sera intorno al suo arcivescovo, che nel santuario della Consolata ha celebrato una storica messa di ringraziamento per il salvataggio della Sindone. C'erano dai mille ai 2 mila fedeli, con il rettore don Franco Peradotto, il sindaco Valentino Castellani con la fascia tricolore e le autorità. Tante, per la capienza di questa chiesa edificata in epoche successive nel cuore della città, a ridosso delle vecchie mure romane, che rappresenta il simbolo della cristianità di Torino e raccoglie in ogni suo angolo gli ex voto della tradizione popolare. Poche, se raffrontate alle decine di migliaia di famiglie che dalle prime ore del giorno a tarda sera si sono recate in processione con binocoli e macchine fotografiche sui luoghi del rogo, per vedere dal vivo quel che resta della cappella del Guarini e dell'ala di Palazzo Reale, devastate dall'incendio di venerdì notte. Nella piazza dove si affaccia il Duomo, con i piantoni della polizia 24 ore su 24, la gente con il binocolo continua a piangere per la commozione, e grida al «miracolo». Ma nel santuario dove otto anni fa il cardinale Anastasio Ballestrero consegnò al suo successore il bastone pastorale, Giovanni Saldarmi dice invece che no, «non è giusto parlare di miracolo, è giusto parlare di grazia». E nella voce che viene diffusa dagli altoparlanti si avvertono tutta la stanchezza e tutta la sofferenza provata in questi giorni dal sacerdote chiamato a essere («Senza alcun merito, per carità») il custode della Sacra Sindone. Una sofferenza che Saldarmi ha condiviso con tutta la città: «Abbiamo vissuto un'esperienza che ci ha impaurito e che ci ha fatto soffrire - dice -. Ma che ci ha anche aiutato a non dimenticare che Dio è sempre con noi, che condivide tutta la vita umana, tutto ciò che è lieto e ciò che è doloroso». Adesso, continua Saldarini, «non ci resta che dire grazie». Grazie a Dio, «che ha salvato la cattedrale del Duomo e questo lenzuolo unico in tutti i tempi, in tutta la storia, che rimanda alla passione di Cristo». Ma grazie anche al lavoro degli uomini, molti dei quali presenti oggi in questo santuario: «Grazie ai responsabili del Comune, della Provincia, della Regione. Grazie per quello che avete fatto». C'è una strana atmosfera, alla Consolata. Di raccoglimento ma anche di stupore, come se la città non si rendesse ancora conto di essere davvero uscita dall'inferno in cui venerdì sera sembrava essere precipitata. E probabilmente ha ragione don Peradotto quando dice che questa è davvero una messa particolare, diversa dagli altri ringraziamenti dell'antico passato: «La Consolata è un santuario dove si viene a pregare o a cantare lodi al Signore. Ecco, questa sera facciamo un po' le due cose insieme. C'è un misto di gioia per la Sacra Sindone salvata, e di pianto per il Duomo profanato, per tutti quei monumenti deperiti». Sono, questi monumenti, lo spettacolo della domenica, l'argomento di tutte discussioni nei bar attorno al Duomo. La gente osserva, commenta, domanda. «Ma è vero che ci sono ancora focolai?». «Ho sentito dire che viene Scalfaro, chissà se arriva davvero». Si sentono congetture sulle cause del rogo. «Hanno detto che poteva essere un corto circuito. Possibile, basta un piccolo filo spelato. O anche una sigaretta, con tutto quel legno secco, piano piano si accende tutto, chissà». «Secondo me spiega un signore a un amico - è partito tutto da quella cena dell'altra sera». «Il buco sul tetto di Palazzo Beale - dice un altro alla moglie - si vede meglio da piazza Castello». ((Allora andiamo, facciamo il giro». Qualcuno ricorda i grandi disastri torinesi: la tragedia di Superga, la caduta della Mole, l'incendio al cinema Statuto e quello alla sezione femminile del carcere delle Vallette. Tragedie che appartengono alla storia di questa città. Ma oggi, alla Consolata, è una domenica di ringraziamento, e i fedeli pregano sottovoce davanti alle pareti tappezzate di ex voto e sotto, nella cripta che ricorda un altro episodio storico del santuario, quello del cieco Jean Ravache che il 20 giugno 1004 trovò, dopo una visione, un quadro della Madonna sepolto sotto le rovine della prima chiesa costruita dai benedettini prima dell'anno mille. Grazie allora, come il cardinale Saldarini continua a ripetere dall'altare. Grazie anche a nome di Giovanni Paolo II, che in occasione della sua prima visita a Torino - 13 luglio 1980 - volle prima di ogni cosa venire proprio qui al santuario della Consolata, e che parlando della Sindone aveva detto: «E' un testimone muto, sorprendentemente eloquente». Ora c'è un messaggio del Papa da Sarajevo. E' stato recapitato da monsignor Sodano al cardinale Saldarini: «Il Papa - dice l'arcivescovo di Torino - ci fa sapere di essere vicino a tutti noi. E di avere deciso di dare l'onoreficenza pontificia a tutti gli uomini del corpo dei vigili del fuoco che venerdì hanno lottato per portare in salvo la Sindone». Fedeli e autorità si alzano, e applaudono. La paura è proprio passata. Gianni Armand-Pìlon «Grati a Dio che ha salvato la cattedrale e agli uomini per i loro soccorsi» E' la quarta volta che la città celebra nella sua storia una cerimonia di ringraziamento

Luoghi citati: Sarajevo, Torino