«Non parlate di incidente»

«Non parlate di incidente» «Non parlate di incidente» Il dolore della folla: «E' una catastrofe» TORINO. «E' uno choc» dice Gianni Agnelli, presidente d'onore della Fiat, lasciando, alle 9,30 del mattino, il Duomo. «Una tragedia. Non solo per Torino e l'Italia, ma per il mondo intero» aggiunge poco dopo Kofi Annan, segretario generale dell'Onu. L'area del rogo è tutta transennata. Ma sul sagrato attraversato da personalità e uomini in divisa arrivano anche, sospinti dal vento freddo, la rabbia e il dolore della gente schiacciata dietro i Cavalletti dei vigili. «Come uomo, come cattolico, oggi mi sento orfano di un bene unico» urla e si dispera Gaetano Milio, un infermiere di 54 anni che alle 7 è smontato dall'ospedale Molinette ed è subito corso qui, per condividere con qualcuno quel senso di smarrimento e di angoscia che per tutta la notte ha sentito dentro di sé come un peso insostenibile. «Adesso continua una donna asciugandosi gli occhi pieni di lacrime - dobbiamo mobilitarci per la ricostruzione. E per evitare il rischio che la Sindone venga portata lontano da Torino». Il sindaco, Valentino Castellani, fa la spola tra il Palazzo Reale e la cappella del Guarini. E' ancora sconvolto: «E' stata una notte d'inferno» ripete quasi ossessivamente al telefonino. «Una delle peggiori dal dopoguerra, sicuramente la più terribile nella mia esperienza di primo cittadino». Anche il prefetto, Mario Moscatelli, è sconvolto. E mentre aspetta la conferma dell'arrivo, in tarda mattinata, del vice presidente del Consiglio Walter Veltroni, parla di «spettacolo apocalittico, indimenticabile». Agnelli se n'è andato facendo una dichiarazione d'ottimismo: «Sono fiducioso. Torino saprà ri- prendersi. Quando uno pensa alle grandi distruzioni che ci sono state, per esempio a Varsavia e a Dresda, non deve dimenticare come queste città sono rinate: con i restauri si fanno cose formidabili». Le giunte di Comune e Regione sono già riunite in seduta straordinaria per approvare i primi provvedimenti d'emergenza. Sul sagrato sfilano assessori e consiglieri, deputati ed eurodeputati, mentre la folla dietro le transenne aumenta di ora in ora. Antonio Colotti, 45 anni, termoidraulico, osserva con un binocolo le ultime nuvole di fumo che si alzano da Palazzo Reale: «Mi sento svuotato, Torino stava per perdere il suo simbolo». Umberto Ghetti, 60 anni, commerciante, non ha quasi parole: «Solo una grande, immensa sensazione di sconforto. E un grande timore per la Sindone: come reagirà il lenzuolo ai drammatici eventi dell'altra notte?». Un altro pensionato, Angelo Actis: «Speriamo che il fumo che ha avvolto la teca non contribuisca ad aumentare i dubbi e le discussioni sull'autenticità del telo. Sarebbe un altro brutto colpo». Da questa parte delle transenne, il soprintendente ai beni ar- chitettonici del Piemonte, Lino Malara, è letteralmente impietrito dopo la notte in bianco: «E' una catastrofe». L'architetto Gian Franco Gritella, del gruppo direzione dei lavori, ancora non riesce a capacitarsi di quello che ha visto, e che vede: «Ma si rende conto? Stavamo patinando con dell'oro i capitelli in bronzo del '700 nella cappella del Guarini. E tra un mese avremmo smontato il cantiere...». Una sua collega, Mirella Macera, è incredula: «Non capisco, davvero. A Palazzo Reale è addirittuta vietato fumare. Pensi che un anno fa, in occasione del vertice dell'Unione Europea, c'erano i custodi che inseguivano il cancelliere tedesco Kohl per spegnergli le sigarette». Arriva il presidente del Consiglio regionale, Rolando Picchioni. E' appena rientrato dall'Argentina, e parla di incredibile destino: «E1 sempre così. Quando non sono gli uomini, ci si mette la fatalità». Ma, dall'altra parte della strada, la l'olla non la pensa affatto così. Incidente? Cortocircuito? «Sono ipotesi assurde» sbotta Giuseppina Liccione, che in queste strade del vecchio quadrilatero romano ha casa e un lavoro come barista. «Mi sembra - le fa eco Adele Lucchetti, una casalinga sessantenne - una spiegazione di comodo: la solita risposta all'italiana,, dove non si riesce mai a venire a capo delle responsabilità». E' sconsolata, la signora: «Insabberanno tutto. Come per la Fenice a Venezia». I vigili del fuoco e gli agenti della Digos stanno svolgendo accertamenti. Sulla cappella del Guarini, sul Palazzo Reale, innanzitutto. Ma anche sulle due cucine, i due fornelli e lo scaldapiatti che l'altra sera, la sera in cui è divampato l'incendio, sono serviti per preparate la cena di gala offerta dalla città al segretario delle Nazioni Unite e alle 120 persone al seguito proprio qui a Palazzo Reale, nel Salone degli Svizzeri. Il procuratore capo, Francesco Marzachì, venuto con l'ex presidente del Tribunale Vercellone per un sopralluogo, per ora non rilascia dichiarazioni. E il sostituto incaricato di coordinare le indagini, Giuseppe Ferrando, chiede tempo: «Almeno per leggere i verbali che mi stanno preparando pompieri e polizia». Ma a insinuare dubbi e alimentare sospetti arriva Raffaele Costa, il candidato sindaco del Polo. Denuncia una «mancanza di coordinamento tra le forze dell'ordine» e, soprattutto, sottolinea la «coincidenza cronologica e ambientale» della cena in onore di Annan: «Mi domando se tutte le autorizzazioni siano state concesse, e se era legittimo organizzare quello che è stato organizzato». L'altra notte, abbracciando il sindaco Castellani, aveva detto: «E' una tragedia che ci unisce». Adesso che l'incendio è spento, è di nuovo campagna elettorale. Gianni Armand-Pilon «Dobbiamo mobilitarci per la ricostruzione e per evitare che la Sindone venga portata via da Torino» Giovanni Agnelli: «E' uno choc, ma la città saprà riprendersi» Il segretario Onu «Tragedia che colpisce il mondo intero»