Netanyahu: la pace sono io

Nefqnyqhu: la pace sono io «Solo il mio governo potrà trovare un accordo, ma i palestinesi devono dire no al terrorismo» Nefqnyqhu: la pace sono io Ilprimo ministro israeliano da Prodi ROMA. Netanyahu arriva in ritardo dall'Olanda, salta il pranzo e deve rivoluzionare il programma facendo slittare di qualche ora anche l'incontro con D'Alema. Ma non perde per questo, apparentemente, buon umore e verve durante i suoi primi colloqui romani, nella sede della Confindustria dove parla di pace e di business e s'incontra anche con Prodi. Il messaggio che il premier israeliano trasmette al governo e agli imprenditori italiani è molto esplicito: «Solo con il mio governo sarà possibile la pace con i palestinesi». Anzi, Netanyahu intende accelerare i negoziati di pace, restringerli in sei mesi per evitare le continue frizioni, i rischi di logoramento del «passo dopo passo». Quindi, ritiene poco praticabile anche l'ipotesi di un governo d'unità nazionale con i laboristi, spiega ai suoi interlocutori, perché consentirebbe ad Arafat di giostrare fra gli uni e gli altri. Ma la condizione essenziale per il rilancio del dialogo è una lotta effettiva al terrorismo, ha ribadito Netanyahu, una più stretta, efficace cooperazione con le forze di sicurezza palestinesi. «Tutte e due le parti devono rispettare i patti e gli impegni presi, soprattutto quelli contro il terrorismo». Se questo avverrà, se diminuiranno tutte quelle aspettative caricate sull'accordo di Oslo, allora «si raggiungerà un equilibrio, si potranno fare progressi. E noi stupiremo parecchia gente». Ma prima bisogna ristabilire «la verità», precisa il premier, smetterla con il pregiudizio di considerare sempre Israele in torto e i palestinesi sempre dalla parte della ragione, proprio come avveniva in passato fra Usa e Cuba. Un messaggio fiducioso nei toni ma fermo nella sostanza. Al quale Prodi ha risposto, prima in pubblico e poi in un colloquio privato di mezz'ora in una saletta della Confindustria, con un forte richiamo a compiere «un grande sforzo per la pace» da ristabilire in un'area «molto importante per l'Italia, che ha una responsabilità precisa verso tutti i Paesi della regione». E in questa prospettiva, con amicizia e franchezza, Prodi ha accennato anche alle cose «in cui non siamo d'accordo». Ossia al problema dei futuri insediamenti ebraici nel territorio di Gerusalemme Est, sulle colline di Har Homa che hanno dato l'esca a questo rigurgito di violenza. Ma Netanyhau ha ribattuto che si dimentica di dire anche che Israele ha deciso di costruire 3500 case per gli arabi a Gerusalemme. E il premier israeliano ha anche ribadito a Prodi, mentre l'Unione europea richiama i suoi ambasciatori dall'Iran dopo la sentenza di Berlino, che Israele considera Teheran uno dei principali sostenitori del terrorismo. Nell'anfiteatro, davanti alla folta rappresentanza di imprenditori, Netanyahu ha fatto sfoggio, anche in questo periodo di turbolenze, di fiducia nel rilancio del processo di pace, garanzia di sviluppo per tutta le regione. «Quando è il momento più adatto per investire? - ha chiesto agli imprenditori per vincerne le perplessità -. Naturalmente lo sapete bene, quando il mercato è in ribasso. E adesso il mercato politico del Medio Oriente è in ribasso. Ma la pace verrà, noi speriamo rapidamente, e allora si raccoglieranno i dividendi». E per allettare i potenziali investitori, Netanyahu ha insistito sugli «straordinari progressi nel settore dell'alta tecnologia che negli ultimi quattro anni hanno portato in Israele più investimenti stranieri che nei trenta precedenti». Il premier ha vantato che in Israele «c'è la più alta concentrazione di scienziati al mondo», ha ricordato la rapidità delle privatizzazioni, dalle banche alla telefonia mobile. Insomma, ha concluso, «noi vogliamo diventare la Silicon Valley del Mediterraneo». Prodi gli ha risposto che l'Italia intende restare uno dei partner principali di Israele (al ter¬ zo posto dopo Stati Uniti e Germania), sviluppando l'associazione delle piccole e medie imprese italiane con quelle israeliane. Ma a Netanyahu interessa anche riequilibrare la bilancia dell'interscambio (l'anno scorso l'Italia ha esportato per 2274 milioni di dollari e importato solo per 550). «E io contribuisco consumando più pasta di qualsiasi altro politico al mondo», ha scherzato il premier al quale il presidente degli industriali, Fossa, ha promesso «la progressiva e costante crescita della presenza imprenditoriale italiana in Israele». Paolo Patrono TEL AVIV nostro servizio Gli israeliani e i palestinesi che da giorni si affrontano violentemente nei vicoli della casbah di Hebron (Cisgiordania) con il lancio di decine di bottiglie incendiarie e con l'esplosione di innumerevoli proiettili rivestiti di gomma hanno avuto giovedì un ospite di eccezione che ha potuto toccare con mano la profondità del conflitto fra le due comunità: lo scrittore peruviano Mario Vargas Llosa che si è recato a visitare la città più integralista e più oscurantista dei Territori accompagnato dalla moglie Patricia e da un giornalista di El Pais. «La cosa che più mi ha impressionato - ha detto Vargas Llosa al suo ritorno a Gerusalemme - è la quantità di odio che ho visto nelle strade di Hebron». «Non riesco proprio a concepire - ha aggiunto - come si potrà risolvere questo conflitto». Lo scrittore peruviano era giunto in Israele per un visita che si preannunciava rilassante: nel contesto della «Fiera del libro» do¬ Il premier Netanyahu e soldati israeliani impegnati a fronteggiare gli scontri coi palestinesi a Hebron [FOTO ANSA] «Io e mia moglie eravamo sotto una pioggia di pietre» Lo scrittore peruviano Vargas Uosa era ieri presente a Hebron