I nuovi mostri della tolleranza di Paolo Guzzanti
LETTERA PfLL"AMERICA LETTERA PfLL"AMERICA / nuovi mostri della tolleranza EVIN Cedeno - nero ►e dominicano - se ne andava in giro con un machete. Non aveva fatto niente di male, ma l'agente Anthony Pellegrini l'ha riconosciuto come un noto pregiudicato e l'ha condannato a morte nella camera di consiglio blindata del suo freddo razzismo di vecchio italiano, eseguendo personalmente la sentenza: un colpo alla nuca. Il fattaccio è successo a New York e ha provocato un'ondata di indignazione perché Cedeno era nero, di lingua spagnola e cresciuto nei ghetti: tutte caratteristiche poco gradite all'amministrazione Giuliani che sta bonificando la città. L'indignazione è dilagata in maniera impressionante e ciò si spiega perché l'uccisione a sangue freddo capita proprio nel momento in cui la società americana si scopre più razzista di prima, anche se meno sguaiata. Il processo, avvertono le statistiche, è cominciato verso la fine del 1994 e si manifesta con un arretramento sostanziale dei neri, malgrado la rete «politically correct» delle ipocrisie formali. La questione è diventata immediatamente uno dei temi più caldi su giornali e televisioni, perché questo è un Paese molto vitale che produce insieme alle tossine anche gli antidoti. E gli antidoti sono frutto di uno sforzo politico e intellettuale incessante e che vede alla pari democratici e repubblicani. Anzi, si può dire che le smagliature siano più vaste nella sinistra liberal che fra i repubblicani, partiti alla conquista dell'elettorato borghese nero che è molto moderato e persino reazionario. Avrebbero volentieri candidato il generale nero Colin Powell per la Casa Bianca, se avesse accettato, e stanno allevando conservatori neri in tutti gli Stati. La politica è, almeno in superficie, formalmente corretta. Mentre invece le magagne saltano fuori dalla gente comune. Gli effetti si sono visti subito nelle scuole dove ormai la segregazione fra bianchi, neri, ispanici e asiatici è un visibile dato di fatto che diventa sempre più marcato, perché le famiglie chiedono classi razzialmente separate adducendo ogni sorta di pretesto. In questo modo la legge antisegregazionista del 1954 viene apertamente violata e il monitoraggio effettuato dagli istituti di ricerca avverte che si sta tornando al «Separate but Equal» del Sud segregazionista. Uno studio dell'Harvard Graduate School of Education conclude avvertendo che «quanto ai rapporti razziali, il ponte del ventesimo secolo rischia di riportarci nel diciannovesimo». La metafora del ponte è quella preferita da Clinton. Ma c'è da aggiungere che oggi la segregazione non è voluta soltanto dalla maggioranza bianca, ma anche da una minoranza nera che rifiuta l'integrazione e che ha preteso che il «black american», l'inglese parlato dai neri, fosse riconosciuto come lingua autonoma separata dall'inglese. I malumori si sono poi moltiplicati in questi giorni quando si è saputo che per quasi quarantanni, prima e dopo la guerra, l'amministrazione sanitaria ha compiuto un esperimento mostruoso, negando cure ad alcuni neri malati di sifilide per poter studiare l'epidemia. Infine c'è da notare che la forte presenza giapponese sul suolo americano (aziende, affaristi e proprietari di edifici) spinge per l'apartheid: i giapponesi non amano trattare con neri americani, determinando una selezione razzista del personale. Intanto si rafforza e si riunisce sotto forma di lobby quel quattro e mezzo per cento di americani figli di matrimoni misti fra anglosassoni, nativi americani, ispanici, neri e asiatici, che reclama uno status del tutto nuovo: quello di «americani del futuro», sangui misti senza frontiere genetiche. Paolo Guzzanti nti
Persone citate: Anthony Pellegrini, Clinton, Colin Powell, Giuliani
Luoghi citati: New York
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