Il premier: la spesa sociale va ridotta di Alberto Rapisarda

Il premier: la spesa sociale va ridotta Prodi attacca Rifondazione: adesso dovrete condividere la responsabilità di governo Il premier: la spesa sociale va ridotta E questa mattina otterrà la fiducia ROMA. Questo match se l'è aggiudicato Romano Prodi, con largo vantaggio. Perché ieri col suo discorso alla Camera è riuscito ad «incastrare» su impegni abbastanza precisi Bertinotti, perché ha piantato un robusto paletto che sbarra la via a un governo di larghe intese, ha messo in una situazione difficile D'Alema e la Bicamerale che presiede ed ha lasciato ammutolita l'opposizione. Così il presidente del Consiglio esce dalla mezza crisi provocata da Rifondazione comunista per la missione in Albania e dal conseguente dibattito sulla fiducia, più forte di prima. Ammirato, Giovanni Bianchi, del partito popolare, attribuisce questo risultato alla «determinazione del premier, non priva di una qualche inabituale abilità». In effetti, Prodi dà l'impressione di essersi preso gioco un po' di tutti. Giovedì, al Senato, si è fatto facilmente dare la fiducia da Rifondazione comunista trattandola in guanti bianchi e senza chiedere nulla in cambio. Incassato quel voto, ieri alla Camera ha cambiato tono un po' per calmare i suoi alleati indignati e un po' per scelta propria. E così si farà dare stamani alla Camera nuovamente la fiducia da Bertinotti, ma a condizioni più impegnative. Rifondazione accetta, votando la fiducia, la privatizzazione della Stet «mequivocabilmente» entro l'anno. E accetta anche la riduzione della spesa previdenziale. «Dobbiamo necessariamente procedere ad un riequilibrio tra la spesa previdenziale (la cui quota dovrà ridursi) e le altre componenti» ha infatti detto Prodi. «E deve essere chiaro ha aggiunto - che chi ci darà la fiducia deve condividere il progetto di ampio respiro al quale abbiamo lavorato e che ora voghamo portare a compimento e non si sottragga domani alle responsabiità di guida». Ovvero, della maggioranza. Bertinotti si è dovuto prendere, in ritardo, anche una lavata di capo per il suo «no» alla missione in Albania, definito uno «strappo grave» che ha messo il governo «di fronte a gravi difficoltà». «Altri passaggi come quello che ha messo a rischio l'immagine internazionale del Paese non sono più accettabili». Il tutto condito con due ringraziamenti all'opposizione e la rinunzia a nuove polemiche con la Confidustria, al contrario di quanto fatto al Senato. Comprensibile la faccia grigia con la quale Bertinotti ha assicurato la fiducia «per senso di realtà». Fiducia che ha ritenuto opportuno dare perché, in cambio, comincia a pensare che veramente potrebbero non esserci alternative a questo governo in tempi rapidi. Sul lato destro della maggioranza Rinnovamento italiano di Dini, ha motivato la fiducia quasi con le stesse porole: «Non perché riteniamo che i problemi del governo siano risolti - ha detto Stajano - ma perché non ci sono alternative». Che è quello che hanno detto anche Marini, segretario dei popolari e D'Alema, segretario del pds: «Il Paese non può permettersi una crisi di governo». E non è che D'Alema sembrasse più felice di Bertinotti mentre spiegava in aula (interrotto alla fine dal presidente Violante per scadenza del tempo) che non crede «in governissimi o larghe intese» e che questa maggioranza deve andare avanti e che il pds «non sta brigando» per fare cadere il governo. In effetti, la via verso il «governissimo» sembra alquanto impervia, anche perché sia Dini che Marini non hanno il coraggio o la forza per compiere passi decisivi in quella direzione e D'Alema pare stanco di essere sempre in prima linea, facile bersaglio del tiro di tutti. Non è che, al fondo del suo intervento, quella prospettiva non si possa intravedere. Ma se vi si dovesse arrivare, il pds lo farebbe solo trascinato. 0, almeno, dando l'impressione di essere tirato a forza. La via delle elezioni anticipate (sulle quali D'Alema puntava) dopo la riforma del governo e la riforma elettorale pare invece sbarrata. Non è un caso che ieri il segretario del pds non le ab- bia mai nominate nel suo intervento, mentre appena domenica le aveva evocate esplicitamente sulY Unità. E' stato il Presidente della Repubblica, a quanto pare, a ripetere a beneficio di D'Alema, Marini, Dini che le elezioni anticipate non sono automatiche in caso di crisi e che i partiti dell'Ulivo dovrebbero pensarci due volte prima di chiedere il voto, visto che senza Rifondazione rappresentano il 33% dell'elettorato. Sarebbero, cioè, destinati a quasi sicura sconfitta. Un vago accenno agli ammonimenti de) Capo dello Stato lo si è colto nel discorso di D'Alema quando ha detto «questo non lo decide Scalfaro, spetta a clù ha vinto le elezioni di mostrare di essere in grado di governare». Conclusione: caro Prodi, siamo costretti a stare insieme anche con Bertinotti (che D'Alema ha pesantemente criticatol, ma a patti chiari. «Bisogna che i rapporti con Rifondazione li conduciamo insieme, senza scavalcamenti, altrimenti sarà alla fine tutto più difficile». L'unica calta rimasta al segretario del pds sembrano essere i risultati della Bicamerale. Ieri ha esortato Berlusconi ad approvare una riforma che permetta di governare «senza stare a discutere con Bossi, Bertinotti o chiunque altro...». Cambiando anche la legge elettorale. Ma Berlusconi ieri era assai deluso: «D'Alema incerona il governo a cui non crede più». Alberto Rapisarda

Luoghi citati: Albania, Roma