Ore 23,35: inferno nel cuore di Torino

Ore 23,35: inferno nel cuore di Torincl Danni incalcolabili al Duomo, distrutta la splendida cupola di Guarini Ore 23,35: inferno nel cuore di Torincl IT II m m m • 1 • n 1 11 I Nella notte continua a bruciare Palazzo Real L'inferno del Duomo che ha rischiato di portarsi via la storia stessa di Torino, insieme con la Sindone e il suo cuore storico, è cominciato alle 23,35. Un disastro di proporzioni enormi, imo choc per tutta la città, con tremila persone rimaste davanti al Duomo ad assistere, disperate, alla tragedia del fumo e delle fiamme. Per ore il destino del sacro lenzuolo è stato in preda al fuoco. Quando finalmente la teca che lo conserva è stata portata all'aperto, e caricata su un'auto della polizia, la gente ha applaudito. In tanti piangevano, i pompieri che l'hanno tratta in salvo si sono abbracciati, uno è svenuto, soffocato dal fumo. Era l'una e trentacinque: in mezze a tutti c'era Mario Trematore, un vigile del fuoco che ha affrontato da solo le fiamme e ha spaccato con una mazza la teca in cristallo per portare al sicuro, fuori dalle fiamme, la Sindone. L'incendio, partito probabilmente dalla cupola, si è sprigionato con una violenza inaudita. Di qui, attraverso un ponteggio, si ò propagato a un'ala di Palazzo Reale e ha completamente avvolto la cappella di Guarino Guarini, appena restaurata. Quattro ore di fuoco hanno distrutto il torrione Ovest di Palazzo Reale, che conservava preziosi arredi settecenteschi. Incenerito l'altare del Duomo, devastati i paramenti sacri, sventrato l'ascensore appena costruito per l'ostensione della Sindone, spazzate via statue in marmo, vetrate, tutto. I danni sono incalcolabili: La Stampa, attraverso Specchio dei Tempi, ha già aperto una sottoscrizione. A dare l'allarme alla centrale operativa dei vigili del fuoco è stato, alle 23,45, un custode, Giuseppe Ivano, del Palazzo: «Correte, c'è fumo, c'è puzza di bruciato, sta andando a fuoco la cupola». Nei giro di cinque minuti piazza San Giovanni era uno scorcio d'inferno: la cupola divorata dalle fiamme svettava in cielo ormai completamente sventrata. Il fuoco si stava già insinuando nel Duomo, e minacciava la Sindone, custodita nell'abside sotto il pavimento di marmo in una teca ignifuga. Si temeva il crollo del soffitto. «Se precipita l'altare, è finita anche per la Sindone» commentava con le lacrime agli occhi Gian Maria Zaccone, direttore del Centro di Sindonologia. Sono arrivati tutti i vigili del fuoco della città e della provincia, il prefetto, il questore, il generale dei carabinieri. Il pm Giuseppe Ferrando ha aperto un'inchiesta. Un'altra sarà condotta dai vigili del fuoco. A mezzanotte e mezzo, quando le autobotti dei pompieri avevano già circondato l'edificio, di fronte all'agonia del simbolo stesso della città è giunto il sindaco Castellani. Lo avevano avvisato alle 23,45: era appena rientrato a casa proprio da Palazzo Reale, dove aveva presenziato la cena di gala con il segretario dell'Onu Kofi Annan. Alzava il bavero del cappotto, choccato anche lui, senza parole, come tutta la città: «E' il giorno più doloroso che mi sia mai capitato». La zona è stata circondata, tutto il traffico del centro bloccato, la marea di torinesi accorsi a osservare da vicino la tragedia arginata da nastri in plastica. «Là dentro sta bruciando tutto, aprire le porte è pericoloso», gridavano i pompieri, arrampicati sul tetto dell'edificio religioso. Intanto le scale delle autobotti avevano ormai raggiunto la cupola, ma le fiamme crescevano con una violenza inaudita. A mezzanotte e mezzo è corso in piazza San Giovanni il cardinale Saldarmi. Si è diretto come un automa verso il Duomo: «Fatemi vedere, devo vedere». «Com'è stato», ripeteva, «Com'è successo». E appena gli è stato spalancato il portone, si è appoggiato al braccio di Castellani: ha visto il crocefisso crollato, 0 pavimento invaso dall'acqua, l'altare che ancora bruciava, ed è scoppiato a piangere. Pompieri, carabinieri e poliziotti portavano via pezzi di balaustra, statue, angioletti lignei, alla rinfusa, cercando di salvare il salvabile. Fuori, intanto, erano in tremila. La tragedia del simbolo stesso di Tori¬ no che andava in fumo. La gente si chiedeva: «Ma perchè non mandano gli elicotteri? Non si ferma, il fuoco non si ferma, è sempre più grosso». Il generale Romano spiegava che no, «gli elicotteri non si possono alzare. Il vortice d'aria alimenterebbe ancora di più le fiamme, è inutile». All'una e trentacinque, finalmente, dopo quei gran colpi per staccare la teca dal basamento sciolto dal calore, il cardinale è rientrato in Duomo per mettere in salvo il lenzuolo che - per la Chiesa - ha avvolto il corpo di Gesù Cristo. Un gruppo di poliziotti e di pompieri ha portato fuori il parallelepipedo d'argento lavorato chiuso da un nastro rosso, che conserva il sacro lino. Don Francesco, il parroco del Duomo: «Se perdevamo questo, perdevamo il Duomo e la città». La folla, pigiata sulle scale del palazzo dei Lavori Pubblici, ha applaudito, ha pianto. «E' salva, la Sindone è salva, la portano in questura». La teca è stata caricata su una volante. L'hanno portata a casa del cardinale, in via Arcivescovado. Il presidente dell'Ascom Giuseppe De Maria diceva: «Eminenza, non si preoccupi. Ricostruiremo tutto, bisogna aprire immediatamente una sottoscrizione, per l'anno prossimo sarà tutto nuovo». Alle due e mezza, il rogo non era ancora spento. Oggi giunta straordinaria per decidere i primi interventi del municipio e avviare la ricostruzione dei due edifìci simbolo della città Nella piazza piena di gente è arrivato anche l'ex ministro Costa che ha abbracciato il rivale: «Uniti nella solidarietà» Il sindaco Valentino Castellani giunge sul luogo dell'incendio. Più a destra una immagine del rogo visto dall'interno. In basso, una fotografia del Sacro Lenzuolo custodito nel Duomo: l'ostensione eia prevista nel 1998 e nel 2000, per il Giubileo

Luoghi citati: Torino