«Non si può chiedere i danni se il tatuaggio non sparisce» di R. Cri.

«Non si può chiedere i danni se il tatuaggio non sparisce» La Cassazione assolve un chirurgo plastico «Non si può chiedere i danni se il tatuaggio non sparisce» ROMA. Il dovere di informare il paziente e particolarmente ampio per i chirurghi plastici: hanno l'obbligo di «parlare» in modo completo non solo dei rischi, ma anche dei risultati, con quanti vogliono migliorare il proprio aspetto. Quest'obbligo si può però affievolire quando si tratta di rimediare ad una situazione che il «cliente» si è dapprima provocata e che, solo poi, ha giudicato insopportabile. Come nel caso di una persona che si è disegnato una serie di tatuaggi sulla pelle. E' il principio espresso dalla Cassazione che ha accolto il ricorso di un medico condannato in secondo grado a risarcire un paziente che voleva cancellare i numerosi tatuaggi che si era fatto fare sul corpo. Secondo la Cassazione bisogna distinguere tra «chirurgia pla¬ stica estetica o di chirurgia ricostitutiva. E' infatti evidente la ben diversa situazione che si presenta nel caso di chi intende migliorare le proprie apparenze estetiche, da quella di chi intende porre rimedio ad uno stato, da esso voluto e provocato, ma da esso stesso successivamente ritenuto ripugnante». Se nel primo caso, secondo la suprema corte, «l'obbligo di informazione non concerne solo la prospettazione dei possibili rischi del trattamento suggerito, ma anche la conseguibilità o no, del miglioramento -.-stetico cercato dal cliente e, quindi, l'eventuale inutilità dell'intervento, in rapporto al risultato sperato», nel secondo, invece, l'obbligo si affievolisce, «essendo limitato a quegli esiti che potrebbero rendere vana l'operazione», [r. cri.]

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