«I segreti della piovra islamica» di Andrea Di Robilant

«I segreti della piovra islamica» «I segreti della piovra islamica» Ledeen: confermati gli allarmi americani LO STUDIOSO DEL TERRORISMO WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «La decisione dei giudici tedeschi è stata coraggiosa ed è ora che anche il governo tragga le sue conclusioni. Il "dialogo critico" degli europei con Teheran non ha portato ad una moderazione della politica iraniana. E a questo punto vorremmo che tutti i governi europei si muovessero per isolare quel Paese». Così Nicholas Burns, portavoce del dipartimento di Stato, pochi istanti dopo che le agenzie di stampa avevano diffuso la sentenza della Corte tedesca. L'amministrazione Clinton coglie la palla al balzo e segna un punto nel contenzioso con l'Europa sulla linea da tenere con il regime degli ayatollah. Non solo: esorta le capitali europee ad andare oltre il semplice ritiro degli ambasciatori, schierandosi con decisione con gli Stati Uniti sulla linea dell'isolamento. Abbiamo clùesto a Michael Ledeen, esperto di terrorismo ed esponente di punta del think tank conservatore Tìie American Enterprise di commentare questa nuova tappa nel braccio di ferro tra Usa ed Europa sull'Iran. Professor Ledeen, l'amministrazione Clinton non ha aspettato un minuto per scuotere il dito con soddisfazione e dire: «Ve l'avevamo dettol». «Anch'io non potrei essere più felice per questa decisione dei giudici, che getta finalmente una luce veritiera sull'attività terroristica del regime di Teheran. Ma non mi faccio illusioni: dubito che questa sentenza porti ad una nuova politica degli europei». Intanto c'è stato il ritiro degli ambasciatori. Potrebbe essere il preludio di un ripensamento più ampio. «Non credo. Vede, in realtà non c'è mai stato disaccordo tra americani ed europei sulla natura del regime degli ayatollah e sulle sue responsabilità dirette in azioni terroristiche. La divergenza è sempre stata sul modo di affrontare il regime. E in questo devo dire che sono piuttosto dalla parte degli europei». In che senso ? «Gli Stati Uniti hanno fatto grandi proclami contro l'Iran, hanno giustamente denunciato la teocrazia dei mullah. Ma poi, di fatto, si sono defilati. Beh, c'è un embargo americano e una legge D'Amato che punisce chi fa affari impor tanti con l'Iran. «Ma cosa vuole che sia? Non sarà certo un embargo a far venir giù il regime di Teheran. Se si vuole davvero farlo cadere bisogna fare sul serio: isolare il Paese, sostenere l'opposizione all'estero, fomentare rivolte interne. Lo stesso vale per l'Iraq e la Libia. Questo gli europei lo hanno capito. E fino a quando gli Stati Uniti non faranno sul serio continueranno a perseguire i loro propri interessi economici». Il ritiro dei diplomatici segna comunque una fase nuova, che non potrà non ripercuo¬ tersi sulla politica del 'dialogo critico' portata avanti finora dagli europei. «E' certamente un passo avanti. Ma è ancora poca cosa. Io invece sono convinto che l'Europa debba sfruttare questa vicenda per prendere lei l'iniziativa di una politica d'isolamento dell'Iran, anziché seguire la leadership peraltro debolissima e inefficace degli Usa, come vorrebbero qui a Washington». Cosa vuol dire? «Voglio dire che è soprattutto l'Europa a subire i danni del terrorismo iraniano. E dunque l'Europa dovrebbe trarre spunto da questa coraggiosa decisione dei giudici tedeschi per formulare una coerente politica contro il regime terroristico di Teheran. Poi dovrebbe convincere gli Stati Uniti a seguirla: considero questa amministrazione molto debole in politica estera, ma se l'Europa cercasse di trascinare gli Stati Uniti in una seria offensiva diplomatica contro Teheran forse anche un Presidente debole come Clinton ci starebbe». Non le sembra un discorso un po' illusorio? L'Europa in questo momento non pare nemmeno in grado di formulare una politica comune. Figuriamoci di trascinare gli Stati Uniti in una politica anti-mullah. «Certo, con la Bosnia e adesso anche con l'Albania, l'immagine dell'Europa si è decisamente appan¬ nata. Ma paradossalmente l'Iran offre adesso l'occasione del riscatto. L'Europa deve "chiamare" il bluff americano contro l'Iran ed emergere da questa nuova crisi con mia politica più coerente e mia identità pili forte. Non è certo a Washington che potrà nascere un'azione efficace contro il regime degli ayatollah». Perché ne è così convinto? «Guardi che in questa città, sin dalla crisi degli ostaggi del 1979, la gente si è andata convincendo che è meglio non coinvolgersi troppo con l'Iran. Dicono: chi si occupa di Iran non ha futuro. Dal 79 ci sono stati solo due contatti ad alto livello tra gli Usa e Teheran». A quali si riferisce? «A quello dell'allora consigliere per la sicurezza nazionale Zbigniew Brzezinski con Bazargan nel 1980, che si risolse in im fiasco imbarazzante. E poi quello tra il colonnello Ollie North e i vertici del regime di Teheran, che portò allo scandalo Iran-Contra durante l'amministrazione Rcagan. Due vicende penose. E hanno contribuito a creare l'impressione che dalle vicende iraniane è meglio stare lontani». Andrea di Robilant Negli Anni Settanta, un momento dell'occupazione dell'ambasciata americana a Teheran