Il francese rinasce in banlieue

Il francese rinasce in banlieue il caso. Da «maialatole» alle «stregonesse» parigine, il primo dizionario degli immigrati Il francese rinasce in banlieue Ragazza formosa? Una «Mururoa» PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE E' una lingua senza nome. Ma la parlano almeno due milioni di francesi. E in attesa di un appellativo ha già il suo bravo dizionario. Vi apprendiamo, alla voce «Mururoa»: ragazza formosa. Sinonimi: «modello airbags». Contrari: «faxabile». Malgrado gli anglismi, è francese. E tuttavia Victor Hugo stenterebbe a raccapezzarsi. Lo impiegano - mischiando il tradizionale argot a slang yankee ed espressioni colloquiali maghrebine, zingare, creole, dell'Africa nera... - i giovanissimi «made in banlieue». Quelli, per intenderci, che Jean-Marie Le Pen vorrebbe rispedire a casa oltremare, debitamente accompagnati da genitori, mamme, zie. Bizzarro lessico. Come sempre, nei linguaggi gergali, abbondano espressioni allusive, metafore erotiche e sani (?) pregiudizi. Il francese popolar-coloniale del tardo '800 conio termini oltraggiosi (alcuni tuttora in uso) per definire i colonizzati? Il baby banlieusard 1997 replica applicando i medesimi parametri agli autoctoni che abitano le Gallio. Tra le designazioni, «fromage blanc» e «vasetto di yogurt». Lo donne indigene franco-europee sono invece «toubabesse». «Toubib» significa, in arabo del Maghreb, «stregone». Ma dal 1830 (primi exploits coloniali nei bled algerini) passò a indicare il «medico» che accompagnava le truppe e - per estensione - i bianchi. La desinenza muliebre Ispesso peggiorativa, come in «negresse») lo rende applicabile all'altra metà del cielo. Che fare con una «stregonessa» parigina? Non manca la terminologia lubrica nel nostro lessico. La si potrà, ad esempio, «cochonner» facendola diventare - azzardiamo un neologismo - «maialabile». Il vocabolario («Comment tu tchatches!», 191 pp., 98 ff, ed. «Maisonneuve et Larose») è opera di Jean-Pierre Goudaillier, che insegna linguistica presso l'università René Descartes. Dal geometrico universo cartesiano al breviario giovanile per la Francia multietni- ca, babele espressiva in cui trionfa la comunicazione visuale. «Hai un Pascal?» non vorrà dire allora «Passami il "Discorso sul Metodo"» bensì «mi presteresti 500 franchi?» giacché il filosofo cristiano vi figura in effigie. E «Ur», malgrado l'omonimia con la capitale dei Caldei, vuol dire semplicemente, «rue». Cioè strada. Invertire sostantivi, verbi, pronomi - adottando una scrittura fonetica per complicare le cose - rientra fra i vezzi della neolingua. Anche se la «1» (muta) non precede «uc», i lettori potranno dunque indovinare a quale zona corporea s. alluda. «Fare casino» si può dire «fottere il suk». Qualora se ne incarichino dei «riens» non traduceteli «signor nessuno»: è un'aferesi per «algeriens», algerini. La koinè, ammonisce il ricercatore, annovera varianti significative sul piano geografico. Sussistono differenze tra Parigi e Marsiglia, come peraltro all'interno dei singoli quartieri. Ma il rap svolge un ruolo unificatore. E le mode fanno il resto. Effimera o no, l'argotmania finisce per riflettere problemi e paure che oggi si addensano sui ghetti urbani. Il «dass» (l'Aids, evitabile con i «gumschwi»: chewing- gum, i preservativi), lo status di «clandos» (clandestini), il «traspirare la propria razza» ossia avere fifa. La Francia vanta una lunga tradizione in materia. Nel XVII secolo mendicare si diceva «argoter». Ne venne fuori la Parlata degli Storpi («gueux»), volgare ma ancor più iniziatica. Lo stesso Francois Villon plasmò per divertissement alcune composizioni in quello stile. Poi giunse la Revolution e - sull'onda - altri riflessi linguistici plebei. Infine l'Impero afroasiatico. Il cosmopolitismo rafforzò la presenza di voci forestiere. Ma solo da qualche anno il melting pot nazionale parrebbe conoscere un vero slang francofono. «Tchatcher» - parlare - ne costituisce la ragion d'essere. Spiega Jean-Pierre Goudaillier che l'espressione verbale è l'unico valore sicuro - dopo la violenza - per cavarsela nei rioni difficili. La chiacchiera spedita e l'eloquio facile fungono da base per conseguire e amministrare il potere. Un'ambigua virtù, dunque. Non a caso, «tchatcheur» significa, insieme, «oratore» e «bugiardo». Enrico Benedetto Molti africani chiamano i bianchi «vasetto di yogurt»; ipreservativi diventano «chewing-gum» Un misto di parole maghrebine, creole e zingare nel quale Hugo stenterebbe a raccapezzarsi Un'immagine della banlieue parigina. Il nuovo «slang» è parlato da almeno due milioni di persone

Persone citate: Comment, Enrico Benedetto, Francois Villon, Larose, Maisonneuve, Marie Le Pen, René Descartes, Victor Hugo

Luoghi citati: Francia, Maghreb, Marsiglia, Parigi