«Ora la verità sui politici» di Susanna Marzolla
«Ora la verità sui politici» «Indagate su Vitalone e Andreotti» «Ora la verità sui politici» «Indagate su Vitalone e Andreotti» padre». Dottor Calvi, pensate allora che, dietro gli esecutori, vi siano dei mandanti? «Sì; bisogna distinguere due livelli: quello più basso, che comprende appunto gli elementi della malavita, e un secondo livello che sta nei personaggi che hanno messo in contatto Carboni con mio padre. E' lui che convince papà a recarsi a Londra, ma non lo fa per se stesso, bensì per quegli stessi personaggi». Personaggi politici? «Sì». Può fare nomi? «E' noto che chi pilotava Carboni era Claudio Vitalone. Dunque un personaggio che porta molto vici¬ no al senatore Andreotti E questo nome mia madre lo ha sempre fatto, da parecchi anni». Siete quindi convinti che i mandanti siano in questo ambiente? «Guardi, è un punto fermo. Perché è vero che Carboni conosceva molte persone, ma poi si torna sempre lì. E anche le indagini che abbiano condotto, a tutti i livelli, alla fine portano sempre a quel giro, a quell'ambiente, a quei nomi». Di queste vostre indagini ha parlato anche con i magistrati romani? «Quello che abbiamo potuto scoprire lo abbiamo sempre reso pubblico. Io personalmente sono stato sentito da Salvi a fine gennaio, per la vicenda della valigetta Ila famosa borsa di Calvi trovata nel 1986, svuotata di ogni contenuto compromettente, nrir), poi ho avuto altri contatti con il suo ufficio. E' ovvio che non mi teneva informato del contenuto delle indagini ma mi disse che potevamo stare tranquilli, che l'inchiesta non si sarebbe fermata. E infatti così è stato». Non sempre, invece, i vostri rapporti con gli inquirenti sono stati cosi idilliaci; ad esempio gli investigatori inglesi dopo una prima sentenza che stabili «suicidio» hanno cambiato prospettiva? «No, sono sempre stati restii ad accettare qualunque elemento contrario a questa tesi. Ci eravamo così rivolti all'agenzia Kroll per continuare a raccogliere prove ma la spesa era veramente troppo alta; adesso continuiamo a indagare ma ad un livello diciamo cosi più modesto». A proposito di spese, le vostre indagini portarono ad una sentenza civile (emessa nell'89 dal tribunale di Milano) che condannava le Assicurazioni Generali a pagarvi una polizza di otto miliardi; come è finita? «Con una transazione molto più bassa; due miliardi di cui uno a noi e l'altro all'Ambrosiano». Ma in quella sentenza (nella causa la famiglia Calvi era assistita dall'avvocato Bruno Rossini) i magistrati scrissero che «la morte di Roberto Calvi è stata cagionata da fatto violento, non voluto dallo stesso, provocato da terzi e cioè conseguenza di un'aggressione culminata nell'omicidio»; dunque è stata importante per voi? «Sì. Per la prima volta si disse chiaramente che mio padre era stato ucciso. Noi lo abbiamo sempre saputo; mia madre in particolare l'aveva sempre detto che non poteva essersi ucciso, che qualcuno voleva farlo tacere. Adesso vedo che si comincia a far luce». Susanna Marzolla
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