«Una decisione ingiusta» di Francesco Paolo Mattioli

«Una decisione ingiusta» «Una decisione ingiusta» Chiusano: irrilevanti le cifre contestate LE REAZIONI DELLA DIFESA E1 I Mf una sentenza sbaglia" ta, giuridicamente errata». C'è molta amarezza nella voce dell'avvocato Vittorio Chiusano, difensore con il collega Franco Coppi del presidente della Fiat Cesare Romiti. La condanna l'ha colto di sorpresa: «Romiti ha sempre negato di essere stato a conoscenza di quanto avveniva nelle singole società. Nei suoi confronti il teorema "non poteva non sapere" non era stato considerato determinante neppure dalla Procura». Poi aggiunge: «Non capisco. Occorrerà leggere con attenzione le motivazioni del gip Saluzzo». Ma su un punto in particolare insiste: «Le cifre oggetto del falso in bilancio contestato a Romiti sono insignificanti. Si parlava di 110 miliardi in una decina d'anni. Ma poi il gip ha escluso gli anni precedenti il '90. Il reato quindi si è ristretto al '90-92 e in quel biennio si può parlare al massimo di 20-30 miliardi. Cosa sono in confronto ai 350 mila miliardi che, nel '92, hanno costituito il giro d'affari del gruppo?». Chiusano è un fiume in piena, crucila sentenza proprio non gli va giù. Insiste sullo stesso tema: «Perché si possa arrivare ad una condanna occorre che la falsità sia giuridicamente rilevante. Sia tale cioè da alterare il quadro delle condizioni economiche del gruppo. Cosa vuol dire? Che per arrivare ad una sanzione penale è necessario che le irregolarità siano di tale entità da modificare il giudizio che si può esprimere sul gruppo, sulla sua solidità. Tutta la dottrina commercialistica, civilistica e anche penale è tendenzialmente d'accordo nel dire che il falso in bilancio deve modificare in modo apprezzabile il quadro del gruppo. E' su questo punto che il giudice si è sbagliato». E' la prima volta che un bilancio consolidato di una holding finisce, da solo, al centro di un'indagine penale. E questo ha presentato non pochi problemi giuridici. Chiusano: «E' stata una maratona, con grossi scogli e novità giuridiche. Per questo è giusto aspettare le motivazioni che il gip Saluzzo depositerà entro 90 giorni». Chiusano torna sull'entità del pre- sunto falso in bilancio: «Il gruppo è costituito da 1100 società. Vi rendete conto di cosa significa? E si finisce condannati per 20-30 miliardi. Proprio non capisco. Sono convinto che la Corte d'appello si farà carico di esaminare la questione da un'ottica diversa». Chiusano esprime poi grande amarezza per la condanna di Francesco Paolo Mattioli: «Strano, non riesco proprio a capire. L'accusa ha sempre so- stenuto che Mattioli era il direttore generale di fatto. Ora si scopre che il gip ha escluso quella qualifica ma nello stesso tempo non ha diminuito la pena per Mattioli. E' contraddittorio, incomprensibile. Il processo non ha certo evidenziato maggiori responsabilità da parte sua». Fedele al suo stile, preferisce non rilasciare dichiarazioni l'avvocato Ennio Festa che, con il collega Carlo Umberto Minni, ha difeso Mattioli. Il gip ha ordinato la trasmissione degli atti in Procura per altre eventuali indagini. Chiusano: «Secondo me la trasmissione potrà avvenire solo quando la sentenza diverrà definitiva». Le uniche parti civili che hanno ottenuto un risarcimento sono due azionisti. Un risarcimento simbolico: mille lire e 30 milioni per le spese processuali. Uno di essi, Elia Augusto, era difeso dall'avvocato Ennio Galasso che commenta: «E' una sentenza sicuramente giusta, che deve far riflettere i vertici dell'azienda la cui condotta esce pesantemente censurata e può appesantire il quadro delle responsabilità». Laconico, fedele al suo stile subalpino, il procuratore aggiunto Marcello Maddalena: «La sentenza dimostra che il nostro non era un teorema». Dello stesso tenore le dichiarazioni dei colleghi Sandrelli e Avenati Bassi. E gli operai che si erano costituiti parte civile? Il gip non ha riconosciuto loro il diritto al risarcimento ma ieri sera, subito dopo la sentenza, davanti a palazzo di giustizia è successo di tutto: urla, canti, striscioni che sventolavano. Il loro patrono Roberto La Macchia: «Siamo soddisfatti, e molto. Quello che ci interessava era partecipare al dibattimento. E la condanna degli imputati è la nostra grande vittoria». Poi La Macchia ò travolto da decine di operai che urlano, sventolano striscioni e bandiere rosse. Nino Pietropinto «La corte d'appello esaminerà il problema con occhi diversi» A sinistra Francesco Paolo Mattioli A destra l'avvocato Franco Coppi

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