Condannati Romiti e Mattioli di Alberto Gaino

Condannati Romiti e Mattioli Sentenza ieri sera per l'inchiesta sui bilanci Fiat: diciotto e sedici mesi Condannati Romiti e Mattioli Agnelli: confermo a loro la mia fiducia TORINO. Venticinque udienze preliminari, dieci di rito abbreviato per arrivare alla sentenza che ha accolto l'impostazione accusatoria della procura di Torino: condanna per Cesare Romiti a un anno e sei mesi per i reati di falso in bilancio, finanziamento illecito dei partiti e per frode fiscale; condanna per Francesco Paolo Mattioli a un anno e quattro mesi per i primi due reati. Per il presidente Fiat - all'epoca dei fatti amministratore delegato - e per il direttore centrale il presidente aggiunto dei gip Francesco Saluzzo ha anche disposto l'interdizione dagli incarichi direttivi per la durata della pena detentiva, ma la sospensione condizionale blocca l'operatività dell'intera condanna. Alla fine del dispositivo, dopo aver applicato 3 mesi e 20 giorni di condono per entrambi gli imputati e previsto un risarcimento simbolico (mille lire) per i due piccoli azioni costituitisi parte civile, il giudice ordina «la trasmissione al pubblico ministero degli atti relativi alla posizione del Presidente e dei membri del Comitato esecutivo di Fiat spa per le valutazioni di quell'Ufficio in ordine all'eventuale concorso di quei soggetti nei reati oggi giudicati». All'inizio del decennio facevano parte del comitato Giovanni e Umberto Agnelli, Gianluigi Gabetti e l'economista Mario Monti, attualmente commissario dell'Unione Europea. 11 successivo passo della sentenza prevede un'ulteriore trasmissione di atti alla procura: quelli relativi ai bilanci civilistici di Fiat Ferroviaria e Fiat Impresit per i quali «fu richiesta e pronunciata archiviazione con riferimento all'operare dell'amnistia per i reati tributari». Il giudice Saluzzo spiega subito dopo perché: «Per le eventuali determinazioni e nuove valutazioni del pubblico ministero». L'avvocato Vittorio Chiusano afferma che anche quest'ulti- ma parte della sentenza debba rite-= nersi congelata. La sentenza è stata pronunciata alle sette di sera nell'aula della corte d'assise gremita dalle parti civili, mentre fuori si accalcavano le telecamere. Un'ora dopo le agenzie hanno trasmesso un comunicato del presidente d'onore della Fiat, Giovanni Agnelli: «Rispettando il verdetto del giudice, ritengo che l'operato di Cesare Romiti e Francesco Paolo Mattioli in tanti anni di proficua collaborazione sia sempre stato corretto. Riconfermo loro la mia fiducia, in attesa che nei prossimi gradi di giudizio la loro innocenza sia riconosciuta». Nelle tre pagine del dispositivo vi è ancora un passaggio significativo: gli Slai Cobas dell'Alfa di Arese e di altri stabilimenti del gruppo si erano costituiti parte civile chiedendo il risarcimento dei danni patrimoniali e non. Per il giudice non ne hanno diritto. Saluzzo ha accolto la tesi dei difensori Fiat per cui il «premio performance group» non ha risentito della mancata indicazione nei bilanci Fiat dei fondi delle società off-shore che facevano capo a Fiat Impresit e ad altre società del gruppo. Nasce da queste società che agivano all'estero l'accusa di falso nel bilancio consolidato Fiat, mossa dai procuratori aggiunti Marcello Maddalena e Mario Griffey, dai pm Gian Giacomo Sandrelli e Gian Carlo Avenati Bassi per gli anni che vanno dal 1989 al 1992. Al centro dell'inchiesta vi è stata la Sociedad Americana Constructora Sa (Saci. Sa) di Panama, costituita sin dal 1974, e che aveva aperto conti presso l'Overseas Union Bank di Nassau, la Banca Unione di Credito di Lugano (entrambe controllate Fiat) e la Banca del Gottardo. L'accusa ha sostenuto: «Un rapporto della Guardia di Finanza di Milano ci ha informato che solo presso la Bue, dal 1985 all'inizio del 1993, sono transitati 110 miliardi di lire provenienti da Saci. Sa e provento di economie di cui non è stata ricostruita la dinamica». Si è anche discusso di fondi neri in dotazione ad altre società della galassia Fiat, ma quelli del settore delle opere civili hanno portato i pm ad estendere l'inchiesta alle dichiarazioni di uomini politici. Il collegio di difesa ha sostenuto sino in fondo l'estraneità di Romiti alle decisioni e financo alla conoscenza di pagamenti di tangenti al sistema dei partiti scoperchiato da Tangentopoli. I pm hanno puntato sulle dichiarazioni dell'ex amministratore di Fiat Impresit Antonio Mosconi («Nel 1985 il dott. Romiti mi parlò di un tesoretto a Lugano costituito con fondi provenienti dalla realizzazione di grandi opere all'estero») e le hanno raccordate con quelle di altri, fra cui Vittorio Ghidella, Umberto Belliazzi, gli esponenti socialisti Giusi La Ganga e Giuseppe Garesio. La difesa ha replicato che, a cominciare da Mosconi, quasi tutti questi testi avevano e hanno del risentimento verso Romiti e la Fiat. Alberto Gaino Il giudice Saluzzo ha ordinato di trasmettere gli atti alla Procura L'accusa: «Il nostro non era un teorema» Il presidente aggiunto dei gip Francesco Saluzzo Il presidente della Fiat Romiti con l'avvocato Vittorio Chiusano

Luoghi citati: Arese, Lugano, Milano, Nassau, Panama, Torino