L'inutile pressing dei comunisti albanesi di Vincenzo Tessandori

L'inutile pressing dei comunisti albanesi Mentre proseguono i preparativi per l'arrivo della forza di pace. Gli italiani in due campi base L'inutile pressing dei comunisti albanesi «Fausto, i soldati ci servono» TIRANA DAL NOSTRO INVIATO «Shok Fausto, quei soldati ci servono». Per la missione più difficile, per convincere, «Shok Fausto, il compagno Fausto» a non piantare grane perché l'arrivo del contingente di pace se non indispensabile viene considerato molto utile qui a Tirana, insomma, per tentar di rimettere sui binari quel treno chiamato Albania, domenica sono partiti in tre alla volta di Roma. E non una delegazione anonima e priva di peso politico, ma formata da gente che conta, o almeno dovrebbe occupare un posto di rilievo nel cuore rosso fiamma di Bertinotti. Perché sono socialisti legati a nostalgie passate e fedeli all'ideale del comunismo reale, quello che all'epoca di Enver Hoxha veniva distillato e distribuito senza parsimonia. Lo sapevano, qui a Tirana, che il compagno Fausto avrebbe detto «no» e cosi hanno affidato la missione impossibile a Sabit Brokaj, cardiologo, quello accusato di aver fornicato, politicamente parlando, contro il presidente Sali Berisha e di essere ispiratore e punto di riferimento degli insorti di Valona. Poi c'è Islami Kastriot, numero cinque del partito. E c'è un terzo, uno sul quale i socialisti avrebbero contato parecchio per convincere «Shok Fausto». Incontri con grandi pacche sulle spalle, a Roma, ma poi si è saputo com'è andata: e se il programma verrà rispettato, i tre della «komision» tornano oggi a riferire nella sede del partito, qui a Tirana. Certo, ha lasciato con l'amaro in bocca i vecchi compagni d'Albania che neppure la promessa di impegnarsi per la fine di Berisha abbia fatto recedere lo «Shok Fausto». E ora i giochi si sono fatti tesi e la posta si è alzata. Giochi politici, naturalmente. E ieri i socialisti hanno calato una carta importante: i nove deputati sono entrati in Parlamento, per la prima volta, e hanno giurato. Ma c'è anche chi con occhi curiosi ha seguito, nel bar dell'albergo Rogner, in centro, il colloquio fra Marisa Lino, ambasciatrice degli Stati Uniti, e Gene Ruli, uno che è stato anche ministro della Finanza, ma da quando è venuto in luce il suo dissidio con Berisha, nel partito democratico non ha avuto più spazio e ora è ufficialmente un disoccupato. Il colloquio è andato avanti ima mezz'ora, molto cordiale. E qualcuno ha tirato le somme, perché è noto che Berisha non gode dei favori di Washington, non più, almeno, dal momento in cui disse no alla richiesta di due basi militari, una da impiantare sull'isola di Sezan, davanti a Valona, quella da cui è partita la nave 405, la maledetta carretta dei mari della tragedia del venerdì santo; e un'altra, all'interno, non lontano dalla città di Kukes. Acqua passata, deve aver pensato Berisha, ma non è ancora finito il braccio di ferro cominciato con quella specie di assedio all'ambasciata Usa nei giorni scorsi e risolto soltanto con l'arrivo di un battaglione di marines in corredo per una battaglia campale. Pochi giorni, quasi poche ore mancano allo sbarco che qui aspettano tutti e quelli della forza di pace hanno mandato le avanguardie. Naturalmente, i primi sono stati gli italiani, che già erano qui nelle settimane passate con la missione europea guidata dal conte olandese Jan D'Ansembourg. E ieri sono arrivati quelli che chiamano i «ricognitori», quelli che dovranno scegliere do¬ ve mettere i campi base e il comando. In sostanza, i soldati italiani dovrebbero gravitare su due poli: al centro del Paese, naturalmente, fra Durazzo e Tirana, per acquartierarsi in una colonia marina, a Sud del porto; e poi a Valona, dove dovrebbero occupare una caserma decrepita, fuori dalla città. Saranno in 2500, e si spingeranno un po' ovunque, fino a Berat, fino ad Argirocastro, a Sud, e a settentrione, a Lezhe, a Scutari, dove per compagni, sembra, avranno spagnoli e austriaci. Uomini del battaglione San Marco, della Garibaldi, paracadutisti della Folgore, il gruppo dei carabinieri paracadutisti del «Tuscania», e poi gli incursori, che vengono guardati con rispetto anche dagli uomini delle Sas inglesi, quelli considerati i migliori del mondo: i paracadutisti del Col Moschin e quelli della Marina militare, gruppo Teseo Tesei. I «ricognitori» devono indicare ogni ombra, ogni curva, ogni strada e ogni rischio. Hamio poche ore per farlo. Pure gli austriaci hanno mandato le vedette: hanno affittato 30 stanze su 90 per farne uffici all'Hotel Dajti, quello cadente, costruito dagli italiani sessantanni fa, in pieno centro, e in pieno Medioevo, quello sul quale aleggiavano mille leggende: una voleva che in ogni letto ci fossero colonie di cimici e di certo qualcuna avrebbe riferito tutto a uno «Shok». Vincenzo Tessandori A Roma nei giorni scorsi una delegazione per far cambiare idea a Bertinotti Rapporti tesi tra Berisha e Washington