« Non intendo vivacchiare »

« Non intendo vivacchiare » « Non intendo vivacchiare » Prodi: non ne posso più di Fausto IL GIORNO PIÙ' LUNGO DEL PRESIDENTE VROMA IVERE o vivacchiare? Quando Romano Prodi alle 21,10 rientra a Palazzo Chigi, dopo i sessanta minuti di colloquio con Scalfaro, l'umore tetro di giornata sembra dileguato: «Quello che andava fatto è stato fatto. La missione è salva». E lei, presidente? «Si vedrà». Vedere si vedeva già tutto alle 13,05 quando il presidente del Consiglio lascia l'accampamento di Montecitorio dopo 24 ore di tetra nottata. 11 solicello romano lo fa respirare, anche se non gli cambia l'umore. Assedio e stanchezza gli scavano il viso. «Non ne posso più di Bertinotti!», aveva esclamato, stropicciandosi la faccia, quando questa giornata cruciale (almeno secondo gli standard dell'irrealtà romana) era appena iniziata, le 7,30 scoccate, lui già nella scatola imbandierata del suo studio a Palazzo Chigi in compagnia di Enrico Micheli, il sottosegretario. Ora, mentre passeggia verso il Pantheon, sa che la chiave quirinalizia ha funzionato. Quelle quattro righe concordate con Scalfaro alle 10 del mattino le ha trascritte a pagina 18 del suo intervento: «Se il dissenso di Rifondazione permarrà, mi recherò immediatamente dal capo dello Stato per informarlo ufficialmente della situazione, rimettendomi alle sue valutazioni». Il Polo non aspettava che una via d'uscita dall'impasse e perciò ecco dichiarazioni a raffica. Fini: «Se ammette di non avere più maggioranza è un passo avanti». Berlusconi: «Finalmente l'atto di umiltà che avevamo chiesto». E Pisanu, il capogruppo di Forza Italia: «A questo punto è possibile presentare una mozione comune concordata». Mozione comune concordata. E' il via libera alia missione. Lo spiraglio attraverso il quale tutto quello che sembrava chiuso si riapre. Il voto (vedovo di leghisti e rifondatori) renderà inequivocabile il mandato. E Prodi, nella replica serale avrà buon gioco a dire: «Esprimo soddisfazione. Avevo chiesto un voto il più ampio possibile e a questo punto l'ho ottenuto». Ma è soddisfazione assai smagrita. Gli ingranaggi della nostra politica schipetara non si sono affatto fermati: quel che non è più crisi diventa ora «verifica della crisi», con Prodi in risalita verso il Quirinale per ricevere il mandato a proseguire. Proseguire come? Rieccoci dunque al Pantheon. La passeggiata di Prodi si ferma davanti a un calzone ricotta e prosciutto. Passa Marini in Alfa bianca. Si ferma, scende: «Presidente devi fare qualcosa, un chiarimento dobbiamo imporlo. Se il dibattito è dopodomani chiama i partiti dell'Ulivo e vediamoci domani, altrimenti andiamo a briglia sciolta». Prodi accende il sigaro e borbotta come soprappensiero: «Ma secondo te il governo deve vivere o vivacchiare?». Marini sbatte gli occhi: «Ah, io penso... Secondo me alle elezioni non ci vuole andare nessuno, nemmeno Berlusconi...». Vabbè. Vivere o vivacchiare è il tormentone di Prodi. Lo è per l'appunto dal momento in cui la giornata si avvia dentro a un pomeriggio scontato: 503 voti favorevoli alla «mozione comune e concordata», 85 contrari, e poi l'appuntamento da Scalfaro. Sa che dal Colle gli verrà chiesto quanto segue: verificare se esiste oppure no una maggioranza. Verificare se la suddetta potrà agi¬ re oppure si limiterà a respirare. Sarà un'ora di colloquio. Come? Naturalmente: «Cordiale». Naturalmente: «Ampio, sereno». E naturalmente: «Riservato». Ma è chiaro fin dal pomeriggio che Prodi dentro a una tenda a ossigeno non ci vuole finire. E mentre si reincammina verso lo studio di Palazzo Chigi, dice a uno dei suoi collaboratori: «A vivacchiare io sono indisponibile». Dice: «Quello che voglio capire subito è se con Bertinotti si può ancora governare». Dice: «Perche stavolta bisogna l'are in fretta». A questo punto e per le successive ore le voci che dal Transatlantico rimbalzano nei differenti Palazzi si smagliano. E' vero che alle Botteghe Oscure (e stavolta a microfoni spenti) il pds parla liberamente di prossimo governo Ciampi? E' vero che c'è un partito trasversale - diniani, popolari - che punta a un rallentamento dell'azione di governo per poter durare tutti più a lungo, anche se in sottotono? E come sarà il discorso programmatico con cui Ro- mano Prodi tornerà alle Camere per chiedere la fiducia? Sarà fatto d'aria o di sostanza? Prodi, ai suoi, parla di sostanza. E tira fuori gli spigoli del suo carattere quadrato che molti equivocano rotondo. Tre punti, dice. Massimo appoggio alla missione albanese. Risanamento economico fino alla mèta di Maastricht. Mettere mano allo Stato sociale, in primo luogo: le pensioni. «Non ho paura di rischiare l'impopolarità. Quella l'ho messa nel conto fin dall'inizio». Ed è una specie di sfogo - a passeggiata finita - quello che Prodi fa prima di rientrare a Montecitorio. Elenca: «In undici mesi abbiamo fatto una manovra da 100 mila miliardi. Abbiamo dimezzato il deficit e l'inflazione, siamo a dieci metri dalla meta». E adesso «proprio mentre l'intera comunità internazionale ha gli occhi puntati su di noi...». Si ferma. La sospensione sottintende il finale: questo è lo spettacolo che va in scena. Dunque, a fine giornata, di nuovo chiuso con Enrico Micheli e Vincenzo Parisi nello studio di Palazzo Chigi, la posizione resta la stessa. O almeno sembra: di «vivacchiare» non se ne parla. E per «vivere» oggi alle 12,30, nell'aula del Senato, Prodi presenterà i suoi punti e «un programma serio». Andrà a scalare l'ennesimo scoglio del suo governo tormentato. In alternativa? La via d'uscita potrebbe pure essere una valigia. Pino Corrias Unoh ho paura di rischiare l'impopolarità. Quella l'ho messa nel conto. Abbiamo dimezzato deficit e inflazione, siamo a dieci metri dalla meta ijij Quello che andava fatto è stato fatto. La missione è salva Avevo chiesto un voto il più ampio possibile e l'ho ottenuto Adesso la verifica andrà fatta in fretta ■■