Primo Levi, la musica del silenzio

Primo Levi, la musica del silenzio Stasera al Lingotto si ricorda lo scrittore a dieci anni dalla morte con «Ofanìm» di Luciano Berio Primo Levi, la musica del silenzio Cantano per lui i bambini di Gerusalemme EA serata in memoria di Primo Levi mi trova particolarmente coinvolta: come ebrea israeliana, come compagna di vita di Luciano Berio e come figlia della dedicataria di Ofanìm, scomparsa a Tel Aviv TU aprile 1992. Ricordare Primo Levi, tra le due Pasque, a dieci anni dalla morte, con le voci bianche dei bambini di Gerusalemme, con i versi di Ezechiele e di Shir ha-shirìm, con i «modi» e le «rotazioni» sonore della musica che Luciano Berio ha concepito per le pietre bianche di Gerusalemme, città di tutte le fedi, è un momento che può significare qualcosa per tutti, donne e uomini, giovani e vecchi, nei loro Paesi e nei loro esili. Berio ha pensato a Ofanìm nei primi Anni 80 durante la sua prima visita alla Torre di David a Gerusalemme. Maturando il progetto, si è confermata l'intenzione originale di permettere all'esecuzione di adattarsi a spazi anche estremamente diversi fra loro, dall'aria aperta alle strutture più convenzionali. Ciò ha trovato riscontro nelle tecnologie di elaborazione e di spazializzazione del suono sviluppate all'Istituto Tempo Reale di Firenze. La prima versione dell'opera fu eseguita all'inaugurazione del Museo «L. Pecci» di Arte Contemporanea di Prato nel 1988. La versione definitiva, dedicata alla memoria di Rivi Pecker, ha inaugurato la nuova sede della Corte Suprema di Gerusalemme l'il novembre 1992. Il testo ebraico di Ofanìm è costituito da frammenti di Ezechiele (capitoli 1 e 19) e del Cantico dei Cantici (capitoli 4 e 5). Ofanìm in ebraico è il plurale (pronunciato nello stesso modo ma «punteggiato» diversamente) sia di ofàn (che a sua volta significa ruota ma anche una specie di esseri celesti) sia di òfen (modo): «E gli esseri viventi andavano e venivano come un baleno (...) ed ecco una ruota a terra al fianco degli esseri (...) e quando andavano gli esseri andavano al loro fianco le ruote (...) e quando si levavano gli esseri da terra si levavano le ruote (...) e quando si fermavano (gli uni) si fermavano (le altre)» (Ezechiele 1,14-21). Nella sua nota introduttiva a Ofanìm, Berio parla di una «collisione» che avviene tra i frammenti di Ezechiele, «il più poeta, il più personale e più apocalittico dei profeti», e i frammenti terreni e sensuali del Cantico. Esistono però dei testi della mistica ebraica che collegano proprio la rappresentazione figurativa della divinità in Ezechiele con la celebrazione del corpo umano in Shir ha-shirìm (che nell'esegesi ortodossa è anch'esso un'allegoria della divinità). Senza che ci sia alcun riferimento a concetti dotti o mistici, la totalità di Ofanìm è infatti qualcosa di più di un semplice alternarsi di episodi «celesti» e «terrestri». La musica riesce a fondere gli apparenti oppo¬ sti senza cancellarne il senso letterale: così facendo offre, un po' come l'ermeneutica testuale, una lettura creativa delle scritture che le soggiacciono, arricchendole di un nuovo senso che solo l'orecchio è in grado di intendere. «Va-eshmà kol medabèr» - e «udii una voce che parlava» -, così apre Ofanìm chiamandoci subito all'ascolto. «Zaktiòn - «Ricordati» ci dice l'intero opus vitae di Primo Levi. L'ascolto e la memoria sono i due imperativi della religione ebraica. Ma la religione è clamorosamente assente dal contesto della nostra commemorazione. Le voci che la animano nascono dal silenzio: il silenzio biblico (Ezechiele è condannato ad essere ammutolito) che esplode in visione, il silenzio di Auschwitz che grida dalle ceneri. La parola, pronunciata e intelligibile, in Ofanìm è canto d'amore che scaturisce dalla natura: «Destati, vento del Nord; vieni, vento del Sud; soffia nel mio giardino, si stillino i suoi aromi» (Cantico dei Cantici 4,16). La voce del profeta è invece trasformata in stupefacenti «visioni sonore» («e tutto il popolo vide i suoni» - Esodo 20,18), in cui la parola biblica diventa materia plasmabile, incandescente e carica di elettricità (letteralmente così: vi troviamo la parola hashmàl che in ebraico moderno sta per elettri cita). La Parola torna ad essere comprensibile ed incisiva nell'episodio conclusivo: «Tua madre co me una vite nel tuo sangue, pianta ta sull'acqua, era feconda e rigo gliosa (...). Ma venne sradicata con furore, gettata a terra, e il vento d'Oriente seccò il suo frutto (...). E ora è trapiantata nel deserto, in terra arida e riarsa» (Ezechiele 19, 10-13). E' ima voce di donna che si fa portatrice di questo messaggio. La furiosa allegoria di Ezechiele in Ofanìm cambia contesto; il Dio che la mette in bocca al profeta è assente; la donna che canta è un corpo terrestre, cassa di risonanza del proprio canto che è il grido di tutte le madri delle terre devastate. E' un lamento e un avvertimento: un ricordo al futuro. «I ricordi che giacciono in noi non sono incisi sulla pietra», ha scritto Primo Levi ne I sommersi e i salvati (1986). Potremmo, in un altro contesto, evocare anche le «pietre» che attraversano tutta la poesia di Paul Celan, fino agli ultimi versi scritti pochi giorni prima che s'incamminasse verso la morte, anche lui in aprile, nel 1970. La primavera, come l'alba dell'inizio di Se questo è un uomo, può coglierci «come un tradimento; come se il nuovo sole si associasse agli uomini nella deliberazione di distruggerci». Può suscitare un senso di colpa, una vergogna simile a quella, dignitosa e struggente, documentata ne La tregua. Ma può anche riempire il cuore d'infinita gratitudine nei confronti di chi, con tenacia e precisione, con rispetto e amore della parola e dell'uomo al quale è rivolta, ha fatto della memoria - questo «strumento fallace e meraviglioso» - la causa della propria vita. Perché la loro testimonianza non cessi mai di incedere su di noi, dobbiamo saperla ascoltare; mi piacerebbe pensare che l'esecuzione di Ofanìm alla commemorazione di Primo Levi possa contribuire a questo giusto ascolto. Talia Pecker Berio Luciano Berio durante le prove per «Ofanìm» con l'Orchestra regionale Toscana Primo Levi. Un grande concerto al Lingotto per ricordare l'opera dello scrittore, testimone dell'Olocausto

Luoghi citati: Firenze, Gerusalemme, Prato, Tel Aviv, Toscana