Banche, parte la guerra dei costì di Roberto Ippolito

Banche, parte la guerra dei costì Primo vertice a Palazzo Chigi. Treu: ci vorrà qualche operazione dolorosa Banche, parte la guerra dei costì L'Abi: stipendi congelati per 3 anni ROMA. Si avvicinano i sacrifici. Si avvicinano i tagli. Per le banche è venuto il tempo dell'austerità. Sono le nove di ieri mattina, quando alcuni fra i principali banchieri sfilano a Palazzo Chigi. Arrivano Mario Sarcinelli e Cesare Geronzi, presidenti di Bnl e Banca di Roma. Si presentano Luigi Fausti, Giuseppe Egidio Bruno, Dario Pasqua, amministratori delegati di Comit, Credit e San Paolo. Si fa avanti Tancredi Bianchi che guida una delegazione dell'Abi, l'Associazione bancaria, di cui è presidente. Arrivano i banchieri. E i bancari tremano. Con il governo si apre la discussione su una severa cura dimagrante: 30 mila posti di lavoro possono saltare, gli stipendi rischiano di essere bloccati. Da mesi si parla di difficoltà del credito. Da ieri si fa sul serio. I banchieri affrontano la crisi del settore, inefficiente, poco redditizio, appesantito dall'eccessivo costo del lavoro. Alla presidenza del Consiglio si ipotizzano alcune soluzioni, nella prima riunione anticrisi alla quale intervengono i ministri del Tesoro e del Lavoro, Carlo Azeglio Ciampi e Tiziano Treu, il sottosegretario alla presidenza Enrico Micheli e quello al Tesoro Roberto Pinza. La riunione serve a certificare, come si legge nel comunicato ufficiale, che le banche «dovranno prevedere piani di ristrutturazione e modernizzazione per aumentare efficienza e produttività». Nei prossimi giorni il governo convocherà anche i sindacati. Ma su un fatto non c'è dubbio. «Occorrerà qualche operazione dolorosa» fa sapere Treu. Ma di cosa si tratta in concreto? Bianchi annuncia il «ricorso alla flessibilità, agli esuberi, al taglio dei costi per gli straordinari e alla mobilità». Nella riunione, secondo indiscrezioni, l'Abi ipotizza il blocco degli stipendi dal 1998: nessun aumento per trequattro anni. In altre parole, non verrebbe messo in discussione l'attuale contratto di lavoro (che scade a fine anno), ma si tenta di prevenire qualsiasi richiesta per il rinnovo. L'Abi avrebbe ipotizzato di generalizzare la doppia contrattazione, prevedendo accanto a quella nazionale accordi aziendali per tener conto delle diverse situazioni di bilancio. L'obiettivo di fondo è la riduzione del costo del lavoro, giudicata una necessità per l'introduzione delle nuove tecnologie e per i ritmi non elevati di crescita dell'attività. Il numero di posti a rischio non viene precisato nella riunione, ma la cifra di 30 mila è ventilata ormai da tempo. Adesso si tratta di verificare come procedere, precisato che «nessun costo dell'operazione dovrà gravare sul bilancio pubblico» come dice Bianchi. L'idea numero uno resta quella immaginata da circa tre mesi: pensionamento per i dipendenti che dovrebbero essere collocati a riposo nei prossimi cinque anni, con pagamento da parte delle aziende di un'indennità ridotta rispetto allo stipendio in attesa del versamento della pensione. II punto di partenza è rappresentato dalle norme sul licenziamento collettivo, ma «il governo è disponibile a modifiche normative» come dice il presidente dell'Abi. L'Associazione bancaria pensa di avviare la discussione delle soluzioni concrete in un confronto diretto con il sindacato, senza la mediazione del governo. Immagina cioè un «tavolo a due», purché si discuta in rapporto a «linee guida stringenti». Linee guida che lo stesso governo può indicare alle banche nelle quali predomina la proprietà pubblica. Il presidente del Consiglio Romano Prodi fa presente che «i problemi da risolvere devono andare in parallelo con la privatizzazione del settore». E i sindacati, nell'imminenza del confronto concreto sui tagli, cosa dicono? Avvertono che «non può essere scaricato tutto sui lavoratori» come dice il segretario della Cisl, Sergio D'Antoni, che invita a «non criminalizzare» i bancari. Secondo D'Antoni si parla di esuberi «sparando numeri al lotto». Bisogna perciò discutere sulla «globalità dei problemi» afferma Gianfranco Steffani, segretario Fabi. Altrimenti «se si deve tagliare è bene iniziare con alcuni amministratori» dice Ferruccio Lorenzoni, presidente Federdirigenti. Roberto Ippolito D'Antoni: non serve scaricare tutti i problemi sui lavoratori s'DATI 1995 mmm rnmmmt immmm:^mmm^^^ 1 I COLOSSB DEL CREDITO ^^^^^^^^^^^^^^ g inni

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