«Shuttle ko per un nulla»
«Shuttle ko per un nulla» UN VETERANO DELLA NAVETTA «Shuttle ko per un nulla» E' rientrato a Cape Canaveral LHOUSTON O shuttle Columbia è tornato a casa. Si è trattato di una missione molto breve, una delle più brevi della storia delle missioni della navetta spaziale che ci aveva abituato a permanenze molto più lunghe. L'equipaggio composto dal comandante Jim Haisell, il pilota Susan Stili, il responsabile scientifico Janice Voss, gli ingegneri di bordo Mike Gernhardt e Don Thomas, e i due scienziati Roger Crouch Greg Linteris avrebbe dovuto operare in orbita per oltre 16 giorni, per portare a termine un intenso programma di esperimenti scientifici. 11 Columbia aveva a bordo il modulo Spacelab che fornisce un volume pressurizzato aggiuntivo j ai compartimento dell'equipag| gio. Con esso la navetta si trasforI ma in un vero e proprio laboratoI rio orbitale, utilizzabile per esperimenti di microgravità in vista della futura stazione spaziale. Ma le cose non sono andate come previsto. A complicare questa missione, l'83a dall'inizio dei voli dello «space shuttle», si è messo uno dei 3 generatori di energia elettrica. Si tratta di generatori molto particolari, le cosiddette celle a combustibile, che sono stati sviluppati specificamente per i veicoli spaziali, a cominciare dalle missioni Apollo verso la Luna. Le «fuel celi» sono il risultato di una tecnologia molto complessa, coperta da un brevetto gelosamente custodito. La bellezza di questo sistema è che può utilizzare idrogeno e ossigeno liquido, lo stesso combustibile dei motori principali, per generare energia elettrica. Il prodotto della reazione è acqua che, opportunamente filtrata, diventa potabile per l'equipaggio e per il sistema di controllo della temperatura della cabina. Si vede subito il vantaggio di un dispositivo che è capace di produrre decine di kw senza l'aggravio del combustibile e con un prodotto di scarto come l'acqua, di vitale importanza nello spazio, che pertanto non deve essere portata dalla Terra, con sensibile ri- sparmio di peso al momento del lancio. Ma, come si è detto, anche questa meraviglia tecnologica del valore di quasi dieci miliardi per ogni unità - può avere dei problemi. In modo simile alle batterie dell'auto, che utilizzano diversi elementi per raggiungere la tensione desiderata, le celle a combustibile ne utilizzano ben 96 per fornire i circa 28 volt - in corrente continua - necessari per alimentare i sistemi di bordo. Gli elementi sono raggruppati in 3 gruppi o «stack». Le tre tensioni par¬ ziali, misurate continuamente, sono confrontate fra loro per garantire il corretto funzionamento del dispositivo. Se uno dei tre gruppi presenta una tensione che differisce per più di 150 millivolt dalle altre, il computer di bordo avverte l'equipaggio con un se- gnale acustico. Proprio questo è successo a bordo del Columbia. L'equipaggio ha immediatamente reagito e cominciato ad analizzare il problema, con l'aiuto del centro di controllo di Houston. Ben presto è apparso chiaro che si era di fronte a un deterioramento progressivo ed è stato deciso lo «shuthdown» della cella a combustibile incriminata. Spegnere un generatore per una fluttuazione di poco più dell'1% può sembrare un approccio troppo prudente, ma bisogna considerare che un riscaldamento eccessivo può avere conseguenze catastrofiche. Per l'equipaggio, la perdita di un generatore non ha rappresentato un problema immediato; con le due «fuel celi» rimaste il Columbia aveva abbastanza potenza elettrica per alimentare i sistemi di bordo e compiere gli esperimenti del modulo Spacelab, per tutta la durata della missione. Ma qualche rischio ci poteva essere al momento del rientro, quando l'energia elettrica viene utilizzata per alimentare le pompe che azionano i tre circuiti idraulici. A contatto con gli strati più densi dell'atmosfera, lo shuttle cessa di essere una navetta orbitale e diventa un aliante supersonico che ha bisogno di alettoni e aerofreni per manovrare e rallentare alla velocità prevista per l'atterraggio. Da qui la decisione di rientrare, per proteggere il Columbia e il suo equipaggio da un'ulteriore avaria delle celle a combustibile che avrebbe lasciato la navetta con un solo generatore funzionante, insufficiente a coprire il fabbisogno di energia elettrica nel momento critico del rientro nell'atmosfera terrestre, quando le superfici aerodinamiche sono molto importanti per il controllo del veicolo. E' la terza volta che uno shuttle è costretto a rientrare anticipatamente. Durante la sua seconda missione (Sts-2) un problema analogo alle celle a combustibile costrinse il Columbia a un rientro immediato. Successivamente, con la missione Sts-44, la permanenza in orbita fu ridotta al minimo per problemi a una delle piattaforme inerziali. Come si vede un curriculum di tutto rispetto per una macchina incredibilmente complessa, che ha operato con successo per più di 15 anni. Umberto Guidoni Astronauta del progetto Space Shuttle WASHINGTON. La navetta spaziale «Columbia» è atterrata ieri attorno alle 14,30 locali (le 20,30 italiane) al Kennedy Space Center di Cape Canaveral (Florida). La missione avrebbe dovuto durare fino al 20 aprile, per complessivi 16 giorni, ma a causa di problemi a uno dei tre generatori di elettricità la Nasa ha deciso di interromperla. I sette astronauti dell'equipaggio hanno effettuato il numero più alto possibile di esperimenti prima di chiudere il laboratorio dello Shuttle: circa il 10-15% dei test previsti. [Ansa] «Il generatore elettrico colpito da un'avaria che ne alterava il funzionamento dell'1%» RANO AVETTA USTON Columo a ca di una a Qui a sinistra Umberto Guidoni, uno dei due astronauti italiani, con Franco Malerba, che hanno volato in orbita su navette spaziali americane
Luoghi citati: Columbia, Florida, Houston, Washington
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