Prodi al bivio; andarsene o cadere

Prodi al bivio; andarsene o cadere fMIMl Prodi al bivio; andarsene o cadere La «sindrome albanese» contagia il Parlamento CROMA OME finirà? Che sia pure in maniera rocambolesca la missione sarà approvata dal nostro Parlamento. Che subito dopo il presidente del Consiglio andrà al Quirinale per offrire le sue dimissioni: almeno alle 18 di ieri Romano Prodi ha ceduto alle insistenze di Massimo D'Alema, ma il professore - che non è tipo di granitiche certezze - è tornato dubbioso a sera tanto da convocare un vertice della maggioranza. Ed ancora, che il presidente della Repubblica rinvierà il governo alle Camere per verificare se ha la fiducia e a quel punto Fausto Bertinotti non farà mancare i suoi voti al gabinetto Prodi. L'unico interrogativo riguarda il perché, dato che quella maggioranza che si è sciolta sulla crisi albanese come neve al sole è destinata a squagliarsi fra un mese anche sulla riforma dello Stato sociale. Purtroppo le contorsioni, le liturgie fumose, i patti scritti sull'acqua, gli imprevisti grotteschi fanno parte di questa Seconda Repubblica che stenta a decollare. Non per nulla ieri il presidente del Senato per risolvere la questione ha immaginato a un certo punto di far presentare un documento comune a due 'ever-green' della Prima, Francesco Cossiga e Francesco De Martino, mentre il Ppi ha ripescato per il dibattito al Senato l'intramontabile Andreotti. Meglio affidarsi ai vecchi, dato che gli eredi sono quelli che sono. Il «nuovo» Romano Prodi, infatti, ieri ha passato la giornata a telefonare a tutti i suoi interlocutori per chiedere clemenza. Un «giro» a tappeto, di quelli che si fanno recitando una parte, tanto che non si conesce neppure qual è l'interlocutore di turno. Così ieri mattina il premier ha mezzo svegliato Clemente Mastella dicendogli: «So che mi hai chiamato ieri sera». E l'altro, ignaro, ha risposto: «Romano ti sbagli, ma dimmi, cosa vuoi?». Cosa avrebbe voluto il presidente del consiglio? Trovare un modo per far approvare la missione italiana in Albania anche dal Polo, senza differenziazioni, permettersi al riparo dal voto contrario di Rifondazione. E fin qui l'appello alla responsabilità del premier aveva un senso. Quello che, però, ha fatto venir meno la comprensione degli altri è che il presidente del consiglio non ha mai detto che la maggioranza con cui ha governato fino adesso non c'è più. Per Prodi il «No» di Rifondazione sulla missione in Albania poteva tranquillamente finire tra parentesi, o al massimo essere argomento di una verifica cotta e mangiata, di quelle che durano due ore: il tempo per farsi riprendere dalle telecamere felici e sorridenti con Bertinotti. Il professore addirittura per togliersi di dosso il fastidio di questo passaggio parlamentare avrebbe anche accettato di dare i voti dell'Ulivo alla mozione del Polo («Ci aveva detto di sì, ma D'Alema glielo ha impedito» conferma Berlusconi). E questa sufficienza, questa presunzione del premier a non ve- dere che c'è una crisi in atto e che la sua maggioranza è tutta da verificare, ha complicato il tragitto di un chiarimento che, aldilà dei calcoli di ognuno, per essere reale dovrà comprendere anche la riforma dello stato sociale, le garanzie per condurre il paese in Europa, le riforme istituzionali e una nuova legge elettorale. L'ostinazione del premier a fingere di non capire - almeno fino a ieris era - ha dato voce nel Polo a chi non si fida, a chi vuole una «crisi» oggi, sapendo che è pura facciata, che nel giro di 24 ore si tornerà alla stessa finzione di prima, magari mettendo a «rischio» una soluzione che potrebbe venire domani ma che è ancora tutta da costruire. Gianfranco Fini nel vertice del centro-destra ha ripetuto lo slogan: «0 mandiamo a casa Prodi adesso, o non lo faremo più. Ricordiamoci che questo è il nostro obiettivo, o qualcuno ha cambiato idea per qualche motivo?». Il solito riferimento a Silvio Berlusconi, alla debolezza del cavaliere che potrebbe svendere tutto per una legge sull'Emittenza. Poi, a spazzar via i dubbi del Polo, ci ha pensato l'infortunio del povero Fassino che poi ha passato l'intera giornata - a sentir gli esponenti del centro-destra - a telefonare a casa Berlusconi o al gruppo di Forza Italai per dire: «Guardate, anch'io sono amico di Berisha. C'è stata un'incomprensione, vi mando i verbali della riunione della direzione del pds...». Ma si può andare avanti così? E' possibile che la decisione di partecipare nel ruolo di comando ad una missione dell'Orni debba essere gestita in questo modo? E' accettabile che nasca tutto questo caos per colpa di Rifondazione? E' da persone serie ricondurre tutto, anche le scelte obbligate, allo scontro Ulivo-Polo? Forse davvero siamo al limite, forse davvero le forze che non sono allergiche ai doveri del governo dovrebbero guardarsi negli occhi e vedere se è possibile mettere in piedi un sistema bipolare funzionante. Che siamo sul limite del burrone non ci sono dubbi. Se ne sono accorti anche gli uomini della prima Repubblica che sono approdati alla seconda, quelli che hanno una maggiore sensibilità istituzionale. Se ci vuole un altro governo? «Può anche darsi», ammette Nilde lotti. E dietro a lei un serafico Ciriaco De Mita riconosce: «Si può vedere anche l'idea di un governo di larghe intese per fare le riforme e che porti il Paese in Europa. Con Prodi presidente? No, lui era per le maggioranze variabili... Non me lo auguro». Va a vedere che nella loro miopia gli uomini della nuova Repubblica faranno tornare di moda quelli della vecchia, gli «evergreen». Augusto Minzolini Salta all'ultimo istante l'accordo tra i due poli Agnelli: ottimo l'intervento del presidente del Consiglio Inutile l'estremo appello a Rifondazione che non si smuove dai suoi «no» rima erano ea morbida rigidiscono. vogliono la e a quella di e del Polo po' per que Fini è dalle che dice di sconi cerca e parla con no tenta di fe. Fassino ra che non «interferenaffari albaBerlusconi e Polo, in una a annunciao «no» alla o e invitano a votare il posta a pa¬ quello che pensa Fassino? No, e lo sai bene, e allora che problema c'è?». Mentre i parlamentari attendono Prodi, il presidente del Consiglio telefona a Berlusconi, gli anticipa il succo del suo discorso e tenta di convincerlo. Strappa solo la promessa che il Polo tornerà a riunirsi dopo l'intervento del capo del governo. Un ultimo «pressing» pure su Rifondaziohe. Si pensa a un appello del premier a Bertinotti. Ma il tentativo non viene nemmeno messo in atto, visto una sostegno di «tutte le forze politiche». Si rivolge a Rifondazione. E al Polo, a cui dice: «La questione albanese non può essere trasformata in un'occasione di conflitto di politica interna, né è accettabile che questa tragedia venga ridotta dall'opposizione a occasione di logoramento del governo». Prodi ter¬ un dispositivo cmissione da votaIl centro-destral gruppo di FoSenato. Prevale «No» all'offerta del voto comune sioni di Prodi. «Ido - è l'obiezionerebbe rinviato anoi che otterremconda ipotesi, qudine del giornoda due «padri noMartino e Cossivia libera alla msia votato da mopposizione, vicadere. Del restoMartino, dopo con Prodi e Velperplesso: «Non ne questa cossfuggire. FallisInutile l'estremo pello a Rifondazione che non si smuove dai suoi «no» Il presidente del Consiglio Romano Prodi

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