Albania, oggi alla Camera resa dei conti
Albania, oggi dia Camera resa dei conti Al Senato passa la mozione dell'Ulivo, ma a Montecitorio non c'è più una maggioranza Albania, oggi dia Camera resa dei conti //premier: «Deludere l'Onu sarebbe un disonore» ROMA. Il primo voto sulla missione italiana c'è stato. E' quello del Senato, dove ognuno si è espresso a favore della propria mozione, e l'Ulivo, come prova di buona volontà, si è astenuto - non contraccambiato - sul documento del Polo. La mozione del centrosinistra passa con 154 «sì», 119 «no». Ma questo primo atto formale del Parlamento non chiude la vicenda: l'appuntamento, oggi, è con la Camera, lì dove l'Ulivo non ha la maggioranza. In un vertice notturno con i segretari del centro-sinistra, che Prodi convoca a palazzo Chigi, si mette a punto la strategia. Stamane, nell'aula di Montecitorio, il presidente del Consiglio chiederà che vi sia un'ampia convergenza su un documento comune: in cambio il premier annuncerà la sua intenzione di recarsi al Quirinale dopo il voto. Per dimettersi. Come si comporterà il centro-destra? Respingerà anche quest'ultima offerta? Uscirà dall'aula? O ancora, preso da un «raptus» di magnanimità ricambierà il favore e voterà il dispositivo comune? Se mercoledì potrebbe essere il giorno delle dimissioni di Prodi, martedì è quello dello sfoggio di muscoli. Del logoramento dei nervi. E degli equivoci. A Botteghe Oscure, in mattinata, si riunisce la direzione del pds. Suppergiù nelle stesse ore, a via del Plebiscito, Berlusconi ha un «faccia a faccia» con Fini, per ridurlo a più miti consigli. E' !o stesso Cavaliere a raccontare, più tardi, che stava quasi per farcela, quando le agenzie hanno trasmesso l'intervento di Fassino alla direzione della Quercia. Il sottosegretario agli Esteri dice che Berisha se ne deve andare e accusa Mastella e Casini (che la settimana scorsa hanno incontrato il presidente albanese) di non conoscere la differenza tra un paracarro e Tirana. Apriti cielo. I ccd, che fino a pochi istanti prima erano attestati sulla linea morbida di Berlusconi, si irrigidiscono. Ora sono loro che vogliono la testa di Prodi, oltre a quella di Fassino. Il vertice del Polo viene sospeso, un po' per questo e un po' perché Fini è dalle undici di mattina che dice di aver fame. Berlusconi cerca Prodi, non lo trova e parla con Micheli. Il governo tenta di riparare alla gaffe. Fassino precisa. Prodi giura che non vi sarà nessuna «interferenza» italiana negli affari albanesi. Non basta. Berlusconi e gli altri leader del Polo, in una conferenza stampa annunciano che voteranno «no» alla mozione dell'Ulivo e invitano il centro-sinistra a votare il loro documento. La vicenda si sposta a pa¬ lazzo Madama. I senatori si aggirano per i corridoi. Il pidessino Gavino Angius incrocia il forzitalista Enrico La Loggia: «Secondo te - lo apostrofa - Dini pensa di Berisha quello che pensa Fassino? No, e lo sai bene, e allora che problema c'è?». Mentre i parlamentari attendono Prodi, il presidente del Consiglio telefona a Berlusconi, gli anticipa il succo del suo discorso e tenta di convincerlo. Strappa solo la promessa che il Polo tornerà a riunirsi dopo l'intervento del capo del governo. Un ultimo «pressing» pure su Rifondaziohe. Si pensa a un appello del premier a Bertinotti. Ma il tentativo non viene nemmeno messo in atto, visto una riunione volante della segreteria del prc conferma per l'ennesima volta il «no» alla missione. tutti i tentativi, incluso quello, estremo, del presidente del Consiglio che chiede ai suoi capigruppo di votare a favore della mozione del Polo per ottenere in cambio il «sì» del centro destra sul documento dell'Ulivo. Si opta invece per l'astensione, con Micheli che, per allentare la tensione con l'opposizione, definisce «accettabile» la mozione del Polo. Non c'è margine per la trattativa. La seduta al Senato riprende. Si susseguono gli interventi. Parla anche Andreotti, che tira le orecchie a Fassino. Quindi, la replica di Prodi. Il premier recrimina un po' sulì'«immaturità politica» altrui. Sgrida di nuovo, pur non facendone il nome, Fassino. E dice, speranzoso: «C'è ancora tempo per una soluzione». Chissà se quella escogitata al vertice notturno sortirà i suoi effetti. Maria Teresa Meli Alle quattro e mezzo, finalmente, Prodi comincia a parlare. Non adempiere a un mandato dell'Onu, dice, sarebbe «un disonore». Il presidente del Consiglio chiede il sostegno di «tutte le forze politiche». Si rivolge a Rifondazione. E al Polo, a cui dice: «La questione albanese non può essere trasformata in un'occasione di conflitto di politica interna, né è accettabile che questa tragedia venga ridotta dall'opposizione a occasione di logoramento del governo». Prodi ter¬ mina il suo discorso. Un intervento che il senatore Giovanni Agnelli definisce «ottimo». Mancino sospende la seduta, nella speranza che Polo e Ulivo riescano a concordare un dispositivo comune sulla missione da votare insieme. Il centro-destra si riunisce al gruppo di Forza Italia del Senato. Prevale la linea dura. «No» all'offerta - in cambio del voto comune - delle dimissioni di Prodi. «In questo modo - è l'obiezione di Fini - verrebbe rinviato alle Camere, e noi che otterremmo?». La seconda ipotesi, quella di un ordine del giorno, sottoscritto da due «padri nobili» come De Martino e Cossiga, che dia il via libera alla missione e che sia votato da maggioranza e opposizione, viene lasciata cadere. Del resto lo stesso De Martino, dopo un colloquio con Prodi e Veltroni, appare perplesso: «Non si capisce bene questa cosa», si lascia sfuggire. Falliscono quindi
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