D'Alema-Berlusconi, «compromesso» sulle tv di Maria Grazia Bruzzone

IKAlema-Berlusconi, «compromesso» sulle tv Al Senato il disegno di legge Maccanico. La Quercia: stop all'ostruzionismo del centrodestra IKAlema-Berlusconi, «compromesso» sulle tv Vita (pds): adesso andremo avanti anche senza Polo ROMA. «Oggi abbiamo una soluzione di compromesso, e mi unisco all'auspicio di Fedele Confalonieri perché lo si possa tradurre in legge». Nel concludere il convegno pds dal titolo «Verso la tv del futuro», D'Alema spezza una lancia a favore del disegno di legge Maccanico che oggi comincia il suo iter al Senato. E per un momento guarda al presidente di Mediaset, che siede accanto a lui sul palco con Vittorio Cecchi Gori, il ministro Antonio Maccanico, Enzo Siciliano, Giovanna Melandri, il direttore di Canal Plus Michel Toulouze. Guarda Confalonieri, D'Alema, ma pare rivolgersi a Silvio Berlusconi sulle cui rigidità ha appena ironizzato («A volte mi sembra che Confalonieri si sia dato alla politica e il presidente di Mediaset sia Berlusconi»). D'Alema si rivolge al Polo ma anche ai «duri e puri» dell'Ulivo: «E' un buon compromesso - spiega -. Poteva essere pili avanzato e coraggioso, come ha detto Giovanna Melandri, anche nei tempi. Se non lo è stato non è, come qualcuno ha scritto, perché si sono volute fare concessioni, o inciuci. Ma perché in materia Rai la simmetria si ferma al fatto che la terza rete non deve avf s la pubblicità, che è un sacrificio, ma di fatto lascia alla Rai tre reti e non due. Se si accettasse fino in fondo la simmetria, l'idea che la Rai è una grande azienda privatizzabile, come del resto hanno stabilito gli italiani col referendum, allora anche l'introduzione di una normativa antitrust più sollecita potrebbe andare più rapidamente». «Se», dice D'Alema. Ma il «partito Rai» trasversale, contro il quale il segretario del Pds non manca occasione di scagliarsi, l'ha impedito. Non è forse un caso che in mattinata Walter Veltroni nel suo intervento abbia trovato il modo di affossare definitivamente il progetto di una terza rete Rai federalista (previsto all'inizio ma poi sparito dal ddl Maccanico, dopo le ostilità della Rai). «E' un residuo di un vecchio modo di pensare l'idea di una rete che agisca in un ambito territoriale definito», affermava Veltroni. E aggiungeva una frecciata al segretario del suo partito tirando fuori «il conflitto di interesse che ancora permane, tanto più in ragione dell'evoluzione del sistema politico italiano, sia esso indicazione del premier o semipresidenzialismo, questo spetta alla Bicamerale deliberarlo». In ogni caso sul ddl il governo si dice intenzionato a procedere, con o senza l'accordo col Polo. «Siamo decisi ad andare avanti secondo la linea coerente emersa venerdì nella riunione di maggioranza», annuncia il sottosegretario alle Poste, Vincenzo Vita. E aggiunge: «Ci auguriamo che l'ostruzionismo del Polo, con i suoi 5500 emendamenti, cessi. Stiamo prendendo in esame i problemi posti da An. Ma l'emendamento Falomi che obbliga Telepiù 3 ad andare sul satellite ad agosto non 10 ritireremo: sarà discusso dal Parlamento». «La mediazione che 11 governo propone oggi rappresenta un estremo e generoso tentativo di sbloccare questa vicenda», gli fa eco la responsabile Comunicazione del Pds Melandri, per la quale «lo stallo nelle trattative degli ultimi giorni è solo in apparenza legato al futuro di Telepiù e alle pay-tv». Telepiù e la strategia sulle tv a pagamento sono l'oggetto del convegno pidiessino, dal parterre affollatissimo di tutti i protagonisti della tv vecchia e nuova. Vicende che si intrecciano strettamente, tanto che D'Alema parla di quello attuale come di un «compromesso dinamico» destinato a svecchiare l'arcaico sistema televisivo italiano. Come? Il suo discorso è tutto un inno alla liberalizzazione, alla concorrenza, all'apertura di nuovi mercati. Il nocciolo del dibattito è la cosiddetta «piattaforma digitale» di domani, cioè il pool di industrie pubbliche e private che dovrà gestire il bouquet o mazzo di nuovi canali numerici a pagamento, trasmessi dal satellite e, eventualmente, anche da terra, come chiede Canal Plus, azionista di Telepiù e alleata di Mediaset. Piattaforma e piattaforme, al plurale? Il gioco è complesso e non ancora definito. Nel Pds pare predominare l'idea di un unico pool con dentro anche Rai e Stet e Trac. Così si esprimono Veltroni e Melandri. Ma D'Alema appare più possibilista («deciderà il mercato, decideranno le imprese»). E Maccanico pare propendere verso più «piattaforme». E in ogni caso annuncia un rapporto ministeriale sulla materia. Che, evidentemente, non farà parte del ddl in discussione. Maria Grazia Bruzzone «Non ci sono stati né concessioni né tantomeno inciuci» il ministro Antonio Maccanico

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