Il Centro pronto al decollo

Il Centro pronto ni decollo Il Centro pronto ni decollo // edu novanta minuti da Dini Casini: «No al governissimo» ROMA. All'ora di pranzo il trio Ccd entra nel palazzo di marmo della Farnesina dalla stessa porta attraversata per 40 anni dai ministri degli Esteri di tutto il mondo: sono le 12,40, quando Lamberto Dini accoglie nel suo studio Pierferdinando Casini, Clemente Mastella e Francesco D'Onofrio. Strette di mano, sorrisi in vista di un incontro che secondo le versioni ufficiali - riguarderà la missione albanese del trio. Vero, ma soltanto a metà. L'incontro durerà un'ora e mezzo, i quattro parleranno di Albania, ma soprattutto di «cucina politica» e alla fine imbastiranno una tattica comune, qualcosa che potrebbe diventare un patto di unità di azione: se Bertinotti uscirà definitivamente dalla maggioranza, i popolari di Marini, il gruppo di Dini e il ccd cercheranno di muoversi all'unisono. Dunque sta per consolidarsi un asse Dini-Marini-Casini-Mastella? Il Grande Centro tante volte vagheggiato, chiacchierato e mai realizzato, stavolta lieviterà per davvero? Dirà più tardi Casini: «Più passa il tempo, maggiore è la. sintonia^con Dini e Marini. Fra di noi ì rapporti sono ottimi e mi auguro che alla lunga le distinzioni vengano meno». Dice Mastélla;.«Dini dice che il suo approdo è dalla nostra parte? Il Marini vero è quello del discorso alla Camera? Il ppi non seguirà il... piccolo Letta? Beh a quel punto la prospettiva si fa veramente interessante.,.». Certo, la politica di questa stagione è fatta di parole, di desideri che restano chiacchiere, eppure le parole di Casini e Mastella sembrano più impegnative del solito. C'è un altro, piccolo, curioso indizio: stavolta anche Clemente Mastella fa il misterioso, si rinchiude dietro una cortina di «riserbo» sull'incontro con Dini. Nei 90 minuti di colloquio alla Farnesina il ministro degli Esteri del governo Prodi e i leader di uno dei partiti di opposizione hanno cercato di imbastire una tattica comune. Dirà più tardi Mastella: «Bisogna aspettare mercoledì. Perché non è detto che dopo mercoledì ci sia giovedì...». Che è come dire: difficile fare previsioni fino a quando la Camera non avrà espresso il suo voto sulle mozioni per la missione in Albania. Ma una volta passato il guado di mercoledì? Dini, Casini e Marini sono d'accordo che un'eventuale caduta del governo Prodi non debba aprire la strada ad elezioni anticipate. «L'ipotesi di nuove elezioni non è realistica - dice Emesto Stajano portavoce del partito di Dini - D'Alema dovrebbe spiegarci con chi dovremmo allearci visto che con l'attuale legge elettorale non si può fare a meno di Rifondazione comunista». E c'è un altro scenario che unisce Dini, il ccd, i popolari di Marini: il no al governo delle larghe intese, che finirebbe per schiacciare partiti e leader minori, a vantaggio dei tre grandi: D'Alema, Berlusconi e Fini. Dice ancora Casini: «Un governissimo? Non esiste». Ma le convergenze tattiche finiscono qui. Per l'immediato gli uomini di Dini dicono esplicitamente quel che vogliono: fuori Rifondazione dalla maggioranza e via libera «a governi con maggioranze diverse, magari variabili», dice ancora Stajano. Sulla stessa lunghezza d'onda il leader del ccd Pierferdinando Casini che dall'antico linguaggio democristiano recupera nientedimeno che «il governo di decantazione». Dini e Casini d'accordò, ma Marini è su un!altra lunghezza d'onda: «Noi non vogliamo la crisi - dice il segretario del partito popolare - ma una verifica che consenta alla maggioranza di andare avanti: non si può andare avanti con la politica del giorno per giorno». Ma prima di ipotecare un futuro che li veda alleati, i centristi del Polo e quelli dell'Ulivo dovranno scavallare le prossime incertissime ore. Ieri sera i centristi del Polo, dopo aver intessuto una sapiente trama con l'Ulivo, hanno dovuto prendere atto dell'altolà di Fini: «Una mozione comune col governo? Solo se Prodi, subito dopo, si dimette». [f. m.] Il ministro degli Esteri Lamberto Dini

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