Rifondazione, vince la linea dura

Rifondanone, vince la linea dura La minoranza interna incassa il sì del segretario contro le preoccupazioni della Salvato Rifondanone, vince la linea dura E il comunicato unitario conferma: no alla missione ROMA. «Accidenti, di andare in Albania non se ne parla proprio. Abbiamo volato sì a una finanziaria da 100 mila miliardi, sì a un obbrobrio del liberismo quale il lavoro in affitto, sì perfino al decreto sulla rottamazione. Adesso basta». Scapigliato e barbuto quanto basta, Marco Ferrando, quarantenne post-trotzkista, leader di fatto della minoranza quartinternazionalista di Rifondazione, guarda dritto negli occhi Fausto Bertinotti, Fausto il tattico, Fausto il bulgaro, e stavolta, a sorpresa, si sente rispondere che ha ragione. Quante volte ci aveva provalo Marco Ferrando a ricordare alla segreteria politica del suo partito che esso ò e deve restare comunista? Tante volte, tantissime. Ieri mattina, in direzione nazionale, gli è andata bene. A nulla sono valsi i distinguo con velati scuotimenti di capo di Ersilia Salvato, che pure colomba non ò, ma che si preoccupa: «Il governo Prodi lo si può far cadere sullo Stato sociale, non sulla missione; a Tirana». Ersilia Salvato che, in cuor suo, sa bene, e lo dice, che «su questa decisione hanno giocato ansie, paure, illusioni, sentimenti di solidarietà, ma anche gli egoismi di partito: Bertinotti sa bene che il consenso del partito c'è perdio l'elettorato di Rifondazione è fortemente antimilitarista». K così, dopo un'oretta scarsa di riunione, due soli interventi, il Ferrando furioso e la Salvato alla fine ortodossa con la linea ufficiale, più replica di Bertinotti e Cossutta, si può scrivere in mi comunicato ufficiale di sole 3 righe che Rifondazione all'unanimità non vuole che l'Italia vada in Albania. Risultato bulgaro: «Abbiamo cavalcato l'aquila, come una volta si cavalcava la tigre» esulta Carlo Benedetti. Il quale, dalla plancia di comando di Liberazione, quotidiano comunista con tanto di «Guantanamera» come jingle d'attesa telefonica, guida da tempo lo scavalcamento a sinistra, il riscoprirsi di Rifondazione partito più di lotta che di governo. La rinnovata identità di vera sinistra, il ritorno al futuro del cuore terzintornazionalista di una forza di desistenza al governo che s'è improvvisamente svegliata da un incubo di modernità, revisione dello Stato sociale, taglieggiamenti alle forze operaie e quant'altro, è proprio merito di quello che della modernità è invece l'altare e il rito: la comunicazione. «Una mano forte ce l'han data Pintor e Rossanda del Manifesto, ricordandoci, o per meglio dire ricordando a Fausto e Armando, che una forza di sinistra non può mandare i soldati italiani a rischiare la vita per sostenere Sali Berisha» dice Marco Ferrando. Liberazione, dal suo canto, è arrivata a pubblicare la mozione in nove punti, che verrà presentata la prossima settimana in Parlamenmto, prima ancora che la direzione nazionale di Rifondazione Comunista l'avesse non solo approvata, ma anche letta. Il suo «momento di grande fierezza», «l'essere e sentirsi comunisti», «l'avere finalmente riscoperto un tema nostro, e con lui l'orgoglio di partito», frasi schioccate come frecce alle orecchie del segretario in direzione nazionale, Rifondazione non l'ha maturato per caso. Se Bertinotti e Cossutta sanno bene dove, e come, batte il cuore del partito, a irrigidire la posizione di intransigenza ci hanno pensato anche «esponenti di governo». Mentre Prodi si affannava chiedendo il beneplacito dell'Orni alla nostra missione in Albania, nella speranza che questo bastasse a soddisfare le ben più avanzate richieste del partito di Bertinotti, «esponenti del governo», appunto, si premuravano di avvicinare uno per uno i parlamentari di Rifondazione, specie quelli delle regioni del Centro Italia, dove il voto pidiessino è risultato determinante per la loro elezione. Lo denuncia Franco Giordano, della segreteria, in un editoriale pub¬ blicato oggi da Liberazione. Una cosa di non poco conto perché potrebbe avere, come esito finale, quello di una spaccatura nel partito. Che però, nelle sale di cristallo, ciliegio, pelle nera e sculture concettuali che sono la sede della direzione di Rifondazione, non ci sarà. Proprio ieri Ferrando guardava dritto negli occhi il segretario, e si leccava i baffi brizzolati. Sembra infatti che abbia in mano un sondaggio sulla base del partito che dice chiaro e tondo: fuori Rifondazione dal governo. Antonella Rampino Nella foto piccola a sinistra il capogruppo del pds a Montecitorio Fabio Mussi Qui accanto Romano Prodi con Fausto Bertinotti Nella foto piccola a sinistra il capogruppo del pds a Montecitorio Fabio Mussi Qui accanto Romano Prodi con Fausto Bertinotti «Fino al prossimo semestre non prevedo consensi popolari Ma la strada è giusta» «Si urla ai quattro venti che il Paese va male Ma se uno interviene viene subito bastonato»

Luoghi citati: Albania, Italia, L'aquila, Roma, Tirana