Minori, Flick allontana la cella

Minori, Flick allontana la cella Minori, Flick allontana la cella // ministro: il carcere? Ultima soluzione NAPOLI. Non ce la fece proprio a premere il grilletto. Anche se a 15 anni era uno della banda, anche se per mestiere si era scelto quello di taglieggiatore. E il capo, che di anni ne aveva appena 20, punì subito la sua vigliaccheria: ordinò al fratello di sparargli alle gambe. Questa è la storia di Paolo, che invece di imparare a fare del male ha scelto di collaborare con la giustizia. Di lui ha parlato il procuratore per i minorenni di Bari, Franco Occhiogrosso, al seminario «Criminalità organizzata e sfruttamento dei minori» che si è concluso ieri a Napoli con l'intervento del ministro di Grazia e Giustizia Giovanni Maria Flick. A Paolo e alle decine di ragazzi che scelgono di collaborare, pensa il recento disogno di legge sui pentiti che prevede un punto specifico sui minorenni, sia quando si dissociano personalmente sia quando «la loro vita è devastata dallo spostamento delle famiglie per ragioni di sicurezza» sia quando sono vittimo di vendette trasversali. Un caso: si rifiutò Il capo dlo fece gdal fr Un caso: a 15 anni si rifiutò di sparare Il capo della banda lo fece gambizzare dal fratello a 15 anni i sparare lla banda mbizzare tello Novità legislative potrebbero presto riguardare anche l'esecuzione delle pene contro i minori, per i quali - ha sottolineato il Guardasigilli - il carcere dov'essere ima «extrema ratio», e in ogni caso essere aperto al territorio. Nel processo minorile, inoltre, si amplieranno gli spazi per la «mediazione penale»: «Già oggi - ha detto Flick - si può arrivare a una archiviazione con un intervento pacificatore tra le parti. Ora vorremmo forme di mediazione anche per il conflitto connesso al reato». Per difendere ì ragazzi dal crimine organizzato occorre, a giudizio de! ministro, un intervento globale che spinga a costruire «città a misura di ragazzi». «Il minore - ha concluso il Guardasigilli va considerato sempre vittima, anche quando e autore di reati, almeno fino a che non risolveremo le nostre enormi inadempienze sociali». Mariella Cirillo senza grossi conflitti ma anche senza un'intensa comunicazione: l'assenza del conflitto può, infatti, significare anche indebolimento di un rapporto. Non solo. Per loro l'autonomia è qualcosa da conquistare non fuori ma dentro la famiglia: tornare a casa all'orario che si vuole, avere soldi da spendere e uno spazio in casa dove i genitori non mettano piede e dove possono ricevere i loro amici o le loro compagne. Per il resto, passano gran parte del loro tempo in gruppi assolutamente omogenei di coetanei e hanno sporadici contatti significativi con gli adulti. Poi però con noi ricercatori lamentano di non j essere ascoltati, di non ricevere attenzione. Hanno una gran voglia di parlare di loro, dei loro problemi lino a svelarsi in modo così esibì- ; zionista in certe trasmissioni tele- | visive». La famiglia, gli amici, i videogiochi, la tv. E il mondo della scuola? «Vuole la mia opinione? Nella scuola oggi c'è l'80 per cento dei giovani sotto i 18 anni, sarebbe quindi il luogo vero dove costruire un rapporto tra adulti e giovani. Certo non tutto è uno sfascio: ci sono alcune realtà poco visibili quanto eroiche. Insegnanti che si sono assunti la responsabilità di educatori, ma sono realtà circoscritte, soffocate. Gran parte dei giovani vive l'esperienza scolastica come qualcosa al quale è costretto: l'insegnante è vissuto come un adulto se non fistile spesso indifferente. Non vorrei esagerare ma penso che per molti giovani gli unici adulti veramente significativi che, senza saperlo, fanno davvero un lavoro educativo sono certi allenatoi-i sportivi. Sui campetti di calcio o nelle palestre loro almeno propongono ai ragazzi qualcosa, si confrontano e impongono delle regole...». Figli troppo protetti che hanno poca fiducia in se stessi, figli dì genitori che non sanno fare la loro parte. Figli senza sogni di adulti angosciati dalla crisi. Ma tutte le colpe sono sempre del mondo adulto? «Ripeto: in buona parte del Paese questa angoscia per il futuro è un fenomeno più psicologico che reale. Non c'è fame ma la paura tipica delK' società opulente di chi teme di perdere quello che ha. La vera crisi non è economica. L'idea che bisogna assumersi il compito d'insegnare ai nostri figli, e fin da bambini, a diventare autonomi o responsabili non è penetrata nella cultura della famiglia e della scuola. Non ci assumiamo la nostra responsabilità di adulti. Poi, non possiamo scandalizzarci o stupirci se tanti giovani non hanno il senso della vita: loro non fanno che riflettere le nostre angosce, le nostre incertezze, il nostro disorientamento». Chiara Seria di Argentine \ 2_J CITTA' ITALIAN E min max min max min max Aosta 2 21 Bologna R 22 Bari 3 18 Bolzano 2 18 Firenze 8 20 Napoli 5 18 Verona 4 21 Pisa 4 18 Polenza 2 10 Trieste 8 18 Ancona 9 21 S.M.Leuca 7 17 Venezia 5 17 Perugia 5 19 R. 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Persone citate: Chiara Seria, Flick, Franco Occhiogrosso, Giovanni Maria Flick, Mariella Cirillo, Solia