«Sfidano la vita come un gioco

«Sfidano la vita come un gioco «Sfidano la vita come un gioco Il sociologo e i giovani senza valori: troppo protetti «C'è una quota di ragazzi che non percepisce il confine tra realtà e fantasia Vive la vita come una continua rappresentazione» consistente. E attenzione: quando parlo di marginali non mi riferisco a poveri ragazzi senza lavoro e speranze di Palermo, Napoli o Bari. Questi sono giovani che vivono quasi sempre in zone ricche del Centro-Nord. Giovani che campano abbastanza bene ma non si sentono parte di questa società, non sono inseriti in una traiettoria di crescita, d'integrazione. Risultato: non hanno un'immagine positiva di se stessi e della propria esistenza. In più - è bene ripeterlo fino alla noia - l'eccessiva esposizione alla cultura dei media provoca in loro un'incapacità a saper distinguere ciò che è reale da ciò che è virtuale. E' come se non percepissero un confine netto tra realtà e fantasia. Così la vita si gioca come una rappresentazione continua. Del resto anche la morte in un videogioco non è mai qualcosa di definitivo: si colpisce l'avversario, lo si disintegra, finisce la partita. Poi, si ricomincia». Un incubo. Lei stesso invita sempre a non generalizzare. «Certo non si possono proiettare questi segnali di profondo disagio su tutto l'universo giovanile. E però tutti i dati che abbiamo confermano la diffusione tra i giovani di comportamenti a rischio che, in qualche misura, compromettono comunque la possibilità di valorizzare le loro risorse. Dalla più recente ricerca Iard, per esempio, emerge un aumento negli ultimi anni dell'uso di droghe e alcol. Non solo. Quelle componenti di svalutazione di sé e della vita, quel senso strano della morte sono presenti in gran parte dei nostri giovani. Per fortuna, sono componenti che «Le ragazze sono di gran lunga più attive dei maschi: per questo tranne che nel caso di Tortona non sono mai protagoniste di atti di violenza» la maggioranza di loro tiene racchiuse in una sorta di sfera. E' come a scuola: pochi vengono bocciati, la maggioranza supera gli ostacoli e va avanti». E' possibile fare un identikit di questi «nuovi marginali»? Ci sono grandi differenze per aree geografiche, per sesso o altro? «Sì. C'è una profonda diversità tra il malessere di un giovane meri- Il sociologo Alessandro Cavalli dionale che non ha opportunità di lavoro ed è costretto in qualche modo a muoversi in situazioni di precarietà e il malessere del ragazzo veneto, una regione dove c'è un tasso di disoccupazione tra i più bassi in Europa. Al Sud i giovani sono costretti a non diventare adulti, qui al Nord in qualche modo scelgono di non diventare completamente adulti, di non assumersi la responsabilità di un adul- «Nelle nostre famiglie viene garantita la dipendenza dei figli non l'assunzione di responsabilità E questa complicità non è un bene» to. Continuo: le ragazze sono di gran lunga più attive dei maschi; sono loro a rendersi prima autonome dalla famiglia, studiano di più e meglio, hanno meno tassi di abbandono scolastico. Anche loro, magari, non fanno progetti a lunga scadenza ma hanno comunque l'idea di costruirsi un percorso di vita che davvero non è più solo sposarsi e avere figli. Credo che non sia un caso che, salvo la ragazza «Per molti giovani gli unici adulti significativi sono certi allenatori sportivi: propongono loro qualcosa e impongono delle regole» del cavalcavìa, unica donna tra tanti maschi, le giovani sono spesso le vittime di atti di violenza, non le protagoniste». In sostanza, sono più vitali, meno autodistruttive, meno ripiegate su se stesse dei loro coetanei? «Non c'è dubbio. Ma poi, perché questi ragazzi dovrebbero aver voglia di crescere? Non sarebbe una scelta razionale! Fuori dalle mura di casa vedono una società che vive in un orizzonte temporale molto limitato, non pensa al futuro, ha accumulato sulle spalle delle nuove generazioni un gigantesco debito pubblico e ora privilegia nella distribuzione delle risorse gli adulti e gli anziani. Vedono una class.1 dirigente che si consuma tutta nel gestire la contingenza e si disinteressa totalmente di loro: ha mai visto aprirsi unii crisi di governo sui problemi, pur importantissimi, della formazione? Pesi, oneri, trascuratezza e poi però, vero mix solo italiano, una forte protezione nella sfera domestica. Solo che nelle nostre famiglie viene garantita la dipendenza dei giovani, non l'assunzione di responsabilità». Eppure mai società, come modelli e stili di vita, è stata più giovanilista. Significa che gli adulti non sanno invecchiare e, al tempo stesso, non aiutano i loro figli a crescere? «La complicità generazionale è tutt'altro che un bene, i giovani hanno bisogno di modelli da imitare o da rifiutare Hanno bisogno di ini confronto, non di complicità. Questo è il punto cruciale sul quale riflettere. Ed invece vivono in famiglia certo I PIRATI DELLA STRADA DI SPOLETO. Un mese fa la prima vittima, una giovane donna incinta di sette mesi, travolta da ragazzi che si sfidano in gare di velocità in auto. Poi la seconda vittima, una settimana fa, a poca distanza dal primo incidente, sempre nei dintorni di Spoleto: un giovane operaio muore in uno scontro frontale con un «pirata» impegnato in una gara con un amico. IL BRANCO DI PIACENZA. Diciassette anni, aggredita di notte in pieno centro storico, un mese fa circa, da un grappo di ragazzi tra i 22 e i 25 anni. Uno la violenta, uno lo incita, due fanno da «palo» allo stupro di gruppo. La procura ha chiesto due arresti, il giudice delle indagini preliminari invece li ha negati, E' battaglia giudiziaria aperta, sui ragazzi del branco di Piacenza. LE RONDE ANTI-NERI DI ROMA. Preso di mira perché nero. Tra urla e risa un ragazzo originario del Bangladesh è stato picchiato, nella zona di Cinecittà, poi «agganciato» alla macchina dei suoi aggressori e trascinato per cento metri sull'asfalto. E' sopravvissuto e li Via denunciati alla polizia. Cinque In persone finite in manette, tra le quali due ragazze

Persone citate: Alessandro Cavalli

Luoghi citati: Bangladesh, Bari, Europa, Napoli, Piacenza, Roma, Spoleto