Perché l'Europa vota Labour

Perché l'Europa vota Labour F OSSERVATORIO Perché l'Europa vota Labour THINGS cari only get better», le cose non possono che migliorare, era il titolo di una canzoncina degli Anni Ottanta, e ora è lo slogan musicale con cui il «New Labour», il rinnovato partito laborista di Tony Blair, si accinge a tornare al potere, dopo 18 anni di governo dei conservatori. Sempre che i sondaggi che era assegnano a Blair una ventina di punti di vantaggio su John Major siano rispettati dal voto del 1° maggio. La campagna elettorale è appena cominciata. Non so se il titolo della canzone, ora inno laborista, sia vero per la politica interna britannica. I conservatori possono vantare buoni risultati per l'economia nazionale, migliori di ogni altro Paese europeo. E infatti Major dice: «Negli Anni Settanta eravamo il "paziente inglese"», citando il famoso e premiatissimo film, «ora siamo quelli che prendono più Oscar di chiunque altro». Il titolo della canzone è certamente vero per la politica europea di Londra, e per quello che gli europei si aspettano da Londra. Qui, sicuramente, «things can only get better». Vale a dire che, per grande che sia la prudenza di Blair, circa i possibili cambiamenti della linea frenante e riduttiva dei «tories», la situazione non può che migliorare. Non si tratta solo della moneta unica, verse la quale lo stesso Major ha sempre mostrato, più che avversione, distacco, tanto da non escludere a priori di potere, in un secondo momento, farci entrare la sterlina (del resto, assai difficilmente un'economia importante come quella britannica potrebbe continuare a prosperare ai margini di un mercato europeo integrato). Si tratta anche e soprattutto della marcia verso l'Europa politica, già difficile di per sé e resa dagli inglesi quasi impossibile. Basti pensare alla conferenza dei ministri degli Esteri, tenutasi a Roma per il quarantennale dei Trattati del Campidoglio, ma anche per fare il punto sulla revisione (rafforzamento) della parte politica del Trattato di Maastricht, in vista della conclusione, fissata per metà giugno ad Amsterdam. Ebbene, praticamente su ogni tema (dal voto a maggioranza sulla politica estera allo schema di fusione tra l'Unione europea e l'orga¬ nismo preposto alla sicurezza, o Ueo, all'inserimento della politica degli Interni e della Giustizia nelle competenze comunitarie, e così via), il ministro Rifkind ha opposto un sonoro e inequivocabile «no». Che cosa può (potrebbe) cambiare con Blair? Sarebbe certamente maggiore l'interesse, la disponibilità, all'unione monetaria (magari in raccordo con altri Paesi che non ce la facessero a entrare subito). E sarebbe minore la resistenza ai progressi dell'integrazione politica. Ripeto: Blair è molto prudente, perché è in campagna elettorale e perché sa quanto forti siano comunque le correnti di fondo antieuropee, tendenzialmente isolazioniste, nell'opinione pubblica del Regno Unito. Ma non c'è dubbio che cambierebbe, in generale, l'approccio di Londra: quanto meno diverrebbe pragmatico, come del resto vorrebbe la tradizione o la leggenda inglese, mentre, negli ultimi tempi, per i timori elettorali di un leader non privo di meriti ma fondamentalmente debole come Major, e per il «pressing» incalzante e quasi ossessivo di Margaret Thatcher e dei suoi fedelissimi, era diventato dogmatico. Se Blair vince, si vedranno già ad Amsterdam, a metà giugno (o anche prima, in un vertice straordinario), i primi effetti europei. Ma può anche darsi che il tempo dopo la vittoria non sia sufficiente per una reale correzione di rotta. E in tal caso bisogna chiedersi se non sia opportuno rinviare alla successiva presidenza lussemburghese la conclusione di Maastricht-2. Quel che è certo è che, se ci sarà un sostanziale cambiamento nella politica europea di Londra, cadrà un alibi per altri governi, finora copertisi dietro l'euroscetticismo britannico. Non fosse che per questo, bisogna fare il tifo per Tony Blair e il suo «New Labour». Aido Rizzo Z° I

Persone citate: Aido, John Major, Margaret Thatcher, Rifkind, Tony Blair

Luoghi citati: Amsterdam, Europa, Londra, Regno Unito, Roma