«Non striscio davanti agli italiani»

// disprezzo di Priebke nelle lettere dal carcere Il carteggio inedito del «boia delle Ardeatine»: gli ebrei? Giusto quel che è stato fatto «Non striscio davanti agli italiani» // disprezzo di Priebke nelle lettere dal carcere ROMA. Erich Priebke innocuo vecchietto? Mica tanto. Chi l'ha conosciuto bene e ha trascorso con lui molti pomeriggi perché insieme preparavano un libro, adesso sogghigna a questo ritrattino strappalacrime. «Lui si considera di una razza superiore e guarda agli italiani con disprezzo», racconta la scrittrice Mary Pace. La famosa «dama delle rose rosse», che prima gli credette e lo compatì, ora lo odia. «Ha tradito la mia fiducia raccontandomi un sacco di bugie. Figurarsi che a me giurava di avere sparato una sola volta. E invece, davanti al giudice, ha ammesso di avere ucciso due persone». Mary Pace, insomma, ha la disposizione d'animo di una donna ingannata. Ed è diventata una miniera di aneddoti sul conto di Priebke. Conserva anche un voluminoso carteggio - grazie al quale ha scritto un libro di discreto successo, «Dietro Priebke», edizioni Piemme - di ritagli, biglietti, lettere, articoli con note al margine dell'anziano ufficiale nazista. Sfogliando il dossier, c'è da rimanere di stucco. Altro che vecchietto rimbambito, come molti dicono. Il nonno con la svastica ha conservato una memoria di ferro e una incrollabile fede nell'anticomunismo e nel nazismo. ITALIANI PRAVA GENTE II 10 gennaio 1996, in inglese, parlando di chi lo ha rinchiuso in un carcere militare, Erich Priebke scrive: «Ogni giorno leggo il "Corriere della Sera", è un buon modo per ricordare la lingua. Ma quando vedo tutti questi articoli sui politici, la corruzione, l'evasione fiscale, la mafia, e cose del genere, mi sembra di leggere un quotidiano argentino. Ma non mi meraviglio. In fondo, la metà della popolazione argentina ha un nonno italiano... Comunque a me piacciono gli italiani (e molto di più le italiane). Ho trascorse un periodo delizioso in Italia, che non ho mai dimenticato». Priebke trascorre lunghi soli- tari mesi nel carcere di Forte Boccea. Medita sul suo caso. Prepara la difesa. Si dispera, come tutti i detenuti. Ogni tanto si sfoga. Dice a Mary Pace, che in quel momento è pienamente d'accordo: «Ma cosa vogliono da me questi italiani? Vorrebbero che andassi lì strisciando. Ma io non lo farò mai. Mi hanno tolto tutto. Non gli darò la mia dignità». Il 7 aprile 1996 le scrive: «Ho capito perfettamente che questo "caso Priebke" è una cosa politica ben preparata per il puro fatto che il gruppo dei familiari delle vittime possano presentarsi davanti al giudice con più di 20 avvocati». Che cosa voglia dire, Priebke, quando si riferisce all'aspetto politico, lo spiega in un'altra occasione: «Io sono un caso politico. Sono stato arrestato perché in Italia serve uno show in quanto ha vinto un governo di destra. Se avessero vinto i comunisti, io oggi non sarei in Ita¬ lia». E ancora, in un altro documento: «Ho viaggiato con il mio passaporto, rilasciato dal consolato tedesco per la prima volta nel 1952, diverse volte in Europa. Ho visitato l'Italia ancora nel 1979 e nel 1980, pernottando in alberghi di Roma, Sorrento, Capri, Bolzano e Vipiteno. Da quanto esposto, si può facilmente dedurre che le autorità italiane non hanno fatto grandi sforzi per incontrarmi. Perché proprio ora?». UN UOMO SUPERIORE. Forse è un effetto della notorietà, raggiunta suo malgrado. Forse sono i postumi di una educazione nazional-socialista. In ogni caso, Erich Priebke ha un'altissima considerazione di sé. «Questi carabinieri della scorta sono dei bravi ragazzi. Quando mi liberano, gli rilascio un autografo. Perché la mia firma vale», racconta alla Pace. Poi evidentemente ci pensa su. E le regala una serie di libri autografati. «Questi te li puoi vendere. Ci farai sopra un sacco di soldi». In un'altra occasione, lo trovano tutto seccato. «Il colonnello che comanda il carcere mi ha dato del tu». Provano a scherzarci sopra: sfido, tu sei solo un capitano! E lui, serissimo: «Ma io sono più vecchio». La lettura dei giornali lo lascia insoddisfatto. Gli dà noia soprattutto quando usano l'aggettivo «boia» nei suoi riguardi. Una volta esplode: «Sarei io il boia? Io ho fatto il mio dovere. E' Rosario Bentivegna il boia! I famigliari se la devono prendere con gli attentatori di via Rasella». Un'altra volta, davanti a Mary Pace, maledice gli ebrei: «Quello che è stato fatto... andava fatto». MEMORIA DI FERRO. Priebke occupa le giornate vuote in carcere scrivendo quintali di documenti. Studia gli atti dell'accusa e prepara per il suo avvocato, punto per punto, le risposte. Gira poi gli stessi documenti alla scrittrice che sta preparando la sua autobiografia. Ma in tanta produzione, la memoria prevale sull'autocontrollo. Gli sfugge qualcosa che non vorrebbe ammettere: la vendetta personale di un ufficiale delle SS che ha deciso di tornare sui suoi passi per ammazzare personalmente un prigioniero che gli stava antipatico. Scrive: «Nessun ufficiale è entrato una seconda volta nella Fossa eccetto uno. Quello, avendo sentito il nome di un prigioniero, tornò indietro per sparargli contro. Costernato, ho visto io stesso l'azione di questo nostro uomo e mai ho potuto dimenticare la scena». Ebbene, questa frasetta - che getta una luce ancora più agghiacciante del previsto sulla strage delle Fosse Ardeatine - è stata emendata da Priebke in tutte le versioni successive del documento. Evidentemente, si è accorto che le sue parole non solo chiamavano in causa qualche commilitone, ma che erano la prova di un suo ruolo attivo e presente sul piazzale. E così da quel momento ha brutalmente tagliato la frase, scrivendo a mano: «Cancellato per errori di scrittura». QUELL'ANTIPATICO DI KAPPLER. In fondo, Erich Priebke non ha mai dimenticato i mesi «esaltanti» della permanenza a Roma. Ed è ancora viva la rivalità che lo divideva dal suo ex superiore, il colonnello delle SS. E' sprezzante nei confronti di Kappler: «Era avido di onori. Voleva fare lui tutte queste cose perché voleva passare subito al grado di generale. Aveva lasciato la moglie. Odiava gli italiani)». In un'altra occasione, scrive: «Kappler era molto ambizioso e intraprendente». Parola di Priebke. Francesco Grignetti «I carabinieri della scorta sono bravi ragazzi. Regalerò loro un autografo la mia firma vale molto» «Un nostro ufficiale tornò nelle Fosse per sparare a un prigioniero che gli era antipatico» A sinistra la scrittrice Mary Pace r ,.^.0.. , ,. i . < * aliani» arcere sinistra la crittrice ary ace wmm A sinistra alcuni documenti del carteggio. Sotto Erich Priebke, il boia delle Fosse Arde.'.tine COSI' PARLO' ERICH ■ /tic ;,, ..... 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