Il Lupo Grigio muore con i suoi segreti di Mimmo Candito

Il Lupo Grigio muore con i suoi segreti Fondatore dell'organizzazione nazionalista turca in cui militava Ali Agca, l'attentatore del Papa Il Lupo Grigio muore con i suoi segreti Turkes, ilpadre degli ultra ISTANBUL. E' morto ieri mattina nell'ospedale Bayndir di Ankara, Alparslan Turkes, il vecchio capo degli ultra nazionalisti che si schieravano nelle file del movimento politico dei Lupi Grigi. Era stato ricoverato due giorni fa per un infarto cardiaco, e non ha mai lasciato la sala di rianimazione; le cure dei medici hanno potuto soltanto tenerlo in vita ancora per poche ore, poi l'usura dei suoi 80 anni ha prevalso. La notizia della morte è stata data con una mezza giornata di ritardo, per consentire ai servizi di sicurezza di preparare un piano di prevenzione di possibili incidenti di piazza. E comunque, non appena la radio ha annunciato la morte del vecchio leader, centinaia di manifestanti si sono ammassati al cancello dell'ospedale per scandire slogan di sostegno agli obiettivi politici che Turkes propugnava. I funerali saranno domani, ad Ankara, e avranno carattere pubblico. Le più alte cariche dello Stato hanno fatto dichiarazioni di riconoscimento del ruolo di Turkes, affermando che la sua morte «è una grande perdita per la vita politica della Turchia». E' da sperare che, in queste parole, più che una verità certa vada visto il rituale obbligato che sempre accompagna gli atti di omaggio post mortem; ma la scomparsa di Turkes chiude comunque una parte della storia recente della Turchia. E la chiude in una fase di forte turbamento, quando nessuno dei grandi temi che impegnano il futuro di quel Paese - il suo laicismo, la sua collocazione geopolitica, la democratizzazione della sua società - appare avviato a una dinamica di risoluzione. Oggi la Turchia è un Paese a metà del guado, che cerca di fissare i caratteri essenziali della propria identità nazionale, senza però essere certa di poterlo fare con un confronto reale all'interno della società. E se nei mesi scorsi si è tornati a credere che i carri armati potes&ero scendere nuovamente lungo il Bulevari Atatùrk di Ankara, vuol dire allora che la crisi è grave e seria, e che il limite di contenimento di un colpo di Stato è di nuovo, drammaticamente, vicino. Ad Ankara erano tre i «grandi vecchi» che dominavano la vita del Parlamento, Suleyman De mirel, Necmettin Erbakan, e poi Turkes; tre leader venuti su dall'eredità di Kemal Pasha, ma lungo strade che non sempre erano di fedeltà ai principi del «padre della patria». Anzi, per quanto tutt'e tre facessero i do vuti atti di omaggio al fondato re della Turchia moderna, poi nell'azione politica si muoveva no con una spregiudicatezza che più volte ha finito per ini tare fortemente il potere milita re. E poiché nella Turchia kemalista le forze armate indossano l'uniforme di depositarie della legittimazione, i tre capi politici sono anche finiti in galera più volte. Nell'ultimo colpo di Stato, a settembre dell'80, il generale Evren li aveva anzi spediti in prigione tutt'e tre, tenendoceli per l'intero tempo delle leggi eccezionali, dopo aver sciolto i loro partiti. Ma poi i generali sono tornati in caserma, e ora Demirel è il capo dello Stato, ed Erbakan fa il primo ministro. Il solo a restare fuori dal controllo diretto del potere era stato proprio lui, Turkes, un ex-colonnello dell'esercito che aveva scelto l'ala del nazionalismo per propagandare la sua idea di «grande patria». In Turchia i partiti contano ancora poco come forma istitu- zionale di organizzazione del dibattito politico; sono certamente strumenti di formazione del consenso, ma un consenso che si raccoglie intorno a interessi e progetti legati esclusivamente alla figura di un leader, ai suoi traffici mai chiari, alla gestione corrotta (talvolta anche malavitosa) della sua quota di potere. Tutto il resto conta assai poco. Nessuno sfugge a questo costume, e i guai recenti della vita politica turca nascevano proprio dal tentativo della signora Ciller, ministro degli Esteri, di sottrarsi al giudizio del Parlamento per un affare di milioni di dollari. Attorno a Turkes, però, e pur con tutti i limiti del sistema politico costruito sulle ceneri dell'impero ottomano, si era andata coagulando la costellazione multiforme del nazionalismo panturco, il turanismo di Ziya Gokalp che sogna da sempre la rinascita della grande nazione imperiale «dall'Adriatico alla Cina». La mistica di una patria da far riemergere dalla condanna della storia, recuperando la geografia sterminata dei popoli turcofoni, resta uno degli elementi di fondo del dibattito politico anatolico; ed è un tema che traversa con intensità e ferite mai sanate la stessa cultura della Turchia moderna. I Lupi Grigi sono una delle schegge di quella costellazione, un'organizzazione paramilitare che negli Anni Settanta praticò a man bassa attentati ed esecuzioni politiche e la cui storia da allora s'inireccia con il traffico delle armi, con il mercato della droga, e con la manovalanza prestata ai servizi segreti delle grandi centrali spionistiche, Kgb e Cia soprattutto. I Lupi Grigi sono dietro l'attentato di Agca al Papa, e le loro orme si ritrovano ormai costantemente in tutte le pratiche che la mafia dell'Est sta impiantando sulle rovine del vecchio impero sovietico, in un gioco d'incastri dove finisce per perdersi il filo delle correlazioni. Però, al di la di questi traffici di stretto interesse giudiziario, il problema del nazionalismo turco s'inquadra all'interno del grande procosso di risistemazione delle politiche mediorientali, in un arco di sommovimenti che dai Balcani si proietta fino al Caucaso e all'Asia Centrale. In questo gioco di potenza, che ha la sottigliezza di una partita di scacchi ma la durezza di una guerra (ancora) non guerreggiata, gli attori che interagiscono con i progetti politici di Ankara sono, soprattutto, l'Iran, la Russia, gli Stati Uniti, e l'Arabia Saudita. Come dire che c'è di mezzo il mondo. La morte di Turkes lascia quella partita ancora completamente aperta. L'Europa in questa partita avrebbe anche un ruolo da giocare, per la tensione costante che lo Stato creato da Kemal avrebbe verso Occidente, e per le tentazioni che invece Erbakan subisce dall'Asia e dalla Mezzaluna; ma l'Europa non ha ancora deciso se svilupparlo, questo suo ruolo, e come. Sono i problemi di sempre dell'Unione, e quanto sta avvenendo in questi giorni nel teatro insanguinato dei Balcani ne è soltanto un'ennesima conferma. Mimmo Candito La notizia è stata data in ritardo Si temevano incidenti di piazza Negli Anni Settanta il gruppo fu autore di sanguinosi attentati L'attentato al Papa: nel cerchio Ali Agca mentre spara Nelle foto piccole da sinistra il presidente turco Demirel e il generale Evren