Valona, disastri di una guerra che non c'è di Pierangelo Sapegno

Niente acqua, luce e scuole ma il solarium non si ferma Vertono, disastri di una guerra che non c'è Niente acqua, luce e scuole ma il solarium non si ferma VALONA DAL NOSTRO INVIATO A un tratto parte una raffica di mitra. Si gela 0 sangue. Eppure, è solo un ragazzo che tira sventagliate per terra. Agita la mano come se gli bruciasse. Attorno a lui sono tutti scappati via in un attimo, ma adesso ritornano quatti quatti, mentre quello starà spiegando che non l'ha fatto apposta. C'è una bandiera dell'Olanda che sventola. «Gullit, Van Basten, Berlusconi», spiegano. Che effetto. Gli uomini sembrano tutti dei bambini che giocano, le donne delle madri senza paura. Com'è strana Valona, con l'acqua che viene giù dal cielo e spinge dal mare, ma c'è nelle case solo 10 ore al giorno, con i soldi che sono quasi tutti svaniti, la luce che ogni tanto salta e la tv che non si spegne mai, i soldati senza divisa e i marmocchi con i mitra che fanno le ronde, la notte che si riempie di raffiche solo per dire agli altri «sono armato, non avvicinatevi» e il giorno senza scuola e senza lavoro. E' tutto chiuso, eppure il mercato funziona fino all'imbrunire e le strade pullulano di gente. Però, non ci sono più bambini in giro, e quei ragazzi con i kalashnikov in mano fanno una brutta pena. Si vive così a Valona, stranamente. E quando si ferma il furgoncino ti prende un po' la paura, perché non si sa se riparte. Una volta è venuto uno con un cappotto di pelle e il mitra che gli penzolava dal braccio, e s'è messo a girare intorno. Ma c'è una coda di gente che arriva fin sulla strada, quasi tutti vecchi senza cappotto e donne con un foulard sulla testa. Il ragazzo fa segno di andare, come se volesse insultarci. «Sì sì, andiamo», gli dice Ilir, l'interprete, «solo che non possiamo tirare sotto la gente». Parte dal chiosco la fila, e quei vecchi devono ritirare i soldi della pensione. Il direttore dell'Istituto di Assicurazioni dell'Albania dice che «i soldi sono al sicuro alla Banca del Risparmio. I pensionati li avranno. Ma piano piano». Perché sono 500 mila, spiega. Tanti. E non lo dice, ma pure perché non ci sono più i posti dove consegnarli. Così oggi è Valona. Anche i chioschi li hanno quasi tutti distrutti, nei giorni della rivolta, per portarsi via un vetro, un pezzo di ferro, pure un legno, qualsiasi cosa che sembrasse riparare ai torti dei soldi svaniti nelle finanziarie che hanno chiuso. Le macchine invece chissà perché le hanno fatte saltare. Vicino alla scuola il palazzo della Banca dello Stato è tutto bruciato, e quello è uno dei primi che hanno assalito sperando di riprendersi i soldi che non c'erano più. Ma se uno nassa almeno due domi aui. assalito sperando di riprendersi i soldi che non c'erano più. Ma se uno passa almeno due giorni qui, capisce che in realtà non c'è rivolta, non c'è guerra. Ci sono gli ideaUsti del Comitato di salvezza barricati nella scuola, e tutt'attorno c'è un mondo che non esiste, con le fabbriche e le scuole chiuse e senza i soldi per i pensionati, e poi ci sono le bande che rapinano le case e i contadini che si sono armati per difenderle. Per questo la notte è piena di sparatorie. C'è un Paese governato dal disordine, un po' come se in una regione del Sud Italia si fosse dissolta qualsiasi forma di Stato. Il prezzo da pagare non sta solo in questa condizione di precarietà, ma nella terribile sensazione che pure la morte oltre al disagio possa accomunare tutti nella stessa maniera. E per capire come si vive a Valona, ma- eari si duo cominciare da un osDe- tutti nella stessa maniera. E per capire come si vive a Valona, magari si può cominciare da un ospedale. Il medico del Policlinico, con il suo camice bianco lindo lindo, spiega che ci sono molti feriti e che le medicine le hanno finite subito. Non ci sono antibiotici, dice, «ma mancano pure gli strumenti per gli interventi e i disinfettanti, soprattutto». I bambini invece continuano a nascere. Xlianni Spiro, ginecologo di Tirana, raccontava che adesso nel suo reparto succede 4 volte al mese. Prima, era 4 volte alla settimana. E anche Susana ha fatto una figlia l'altro ieri, alle 8 di mattina. La chiamerà Geva. Lei fa l'insegnante, come il marito, Ardit Meta. In due guadagnano l'equivalente di 300 mila lire, spiega lui. Ora hanno 3 figli, e ne servirebbe- ro 500 mila. Dalla rivolta, «i prez- zi sono aumentati del 25 ner cen- Ora hanno 3 figli, e ne servirebbero 500 mila. Dalla rivolta, «i prezzi sono aumentati del 25 per cento, e per comprare pane oggi servono 25 dollari al mese, per l'energia elettrica 30, e 6 per l'acqua. Poi c'è tutto il resto per vivere». Adesso tutte le scuole sono chiuse. Come le fabbriche. Nessuno lavora, anche Ardit e Susana. Lei farà la cameriera, se ci riuscirà. L'unica azienda che funziona è quella delle rapine. Soprattutto per questo rischiano molto gli stranieri. E pensare che fino a poco tempo fa ripetevano alla tivù che sarebbero venuti qui gli americani, e dicevano «vedrete, butteranno i soldi dal cielo». Ma non sono amvati e pure i pochi italiani che hanno aperto qualcosa ora hanno dovuto scap¬ pare via. Non c'è lavoro. Poi ci sono i problemi per la luce e oer l'acaua. pare via. Non c'è lavoro. Poi ci sono i problemi per la luce e per l'acqua. L'ingegnere Bashkim Bani, dell'ente per l'energia idroelettrica, spiega che la situazione non è drammatica: «I danni ci sono soprattutto a Burel, a Fier, a Valona, per le sparatorie alle linee dell'alta tensione. Così ogni tanto si resta senza luce». Per l'acqua, invece, Famk Toro dice che a Valona il problema è quello dei soldi: «Non ci sono. E così non si può pagare il personale e non si può acquistare il materiale disinfettante. Nonnaie che l'acqua non sia potabile». L'azienda dell'acquedotto sta in una catapecchia in disfacimento. Ma fuori c'è una Mercedes splendente e un pulmino dell'Iveco nuovo di zecca. Stradine di fango e pozzanghere, un soldato straccione con il mitra appoggiato sullo scalino. Anche per questo è difficile spiegare Valona. Lì di fronte c'è un salone di bellezza, 4 pettinatrici e un parrucchiere, e un fisioterapista e la lampada per abbronzarsi. Susana non ci può andare, e tanti come lei. Però, gente ce n'è, soprattutto donne, anche adesso. E' rimasto il biglietto sulla porta, lo stesso che c'era prima che cominciasse tutto questo: «Aperto da lunedì a sabato, dalle 8 alle 21. Per gli uomini solo dopo le 20». Oggi, invece, alle 19 bisogna correre tutti in casa perché c'è il coprifuoco. E se uno se lo dimenticasse, glielo ricordano gli spari, che cominciano tutte le volte al tramonto. Anche questa è andata così. Dopo le 7 allora non si può più telefonare, perché l'unico telefono che funziona è quello delle poste. Gli altri li hanno sfasciati, forse per rubarli. Nella notte si sta a parlare. Quando viene buio, ti fanno compagnia le mitragliate e la grida dei bimbi. Dureranno fino all'alba. Poi, andando via, ripassi da Fier e ritrovi i poliziotti con le divise. E Ilir comincia a sorridere, a rasserenarsi. Anche per questo capisci che Valona è un altro posto, un'altra vita. C'è un carro armato fermo ai bordi della strada. Guarda, fa lui. Un grosso cartello sopra, sulla torretta: «In vendita». E sotto, a caratteri un po' più piccoli: «Per informazioni telefonare a questo numero». Allora, il fotografo scende dal furgoncino con il suo cannone e lo punta sul cartello. C'è un bel cielo pulito dal vento fra le montagne e i campi a distesa. L'unica strada è sparsa di buche e di ferite, pozzanghere e rigagnoli. Il poliziotto si avvicina facendo gesti bruschi e ferma il fotografo tirando su il mitra. «Non si può», ordina. Ma è in vendita, protesta quello svincolandosi, «è per ridere». L'agente parla all'interprete, un minuto di parole che si rovesciano in fretta. Ilir fa cenno di andarsene, «se no finiamo male», avverte. Anche questo è un Paese dell'assurdo. Bisogna abituarsi a non capire. Pierangelo Sapegno < ■ <. C'è la bandiera dell'Olanda, gridano «Viva Van Basten Gullit e Berlusconi» In ospedale manca tutto. I contadini vegliano armati per paura dei briganti NELLA CITTA' INSORTA

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