LA CRISI LETTA DAL GIORNALISTA
LA CRISI LETTA DAL GIORNALISTA LA CRISI LETTA DAL GIORNALISTA MILANO EL retropalco della tragedia vera (l'Albania) muovonsi a frotte gli italiani illustri (per lo più politici) sparpagliati dentro a due settimane di passioni, iattanza e commozioni, che piegano l'evento in farsa. Lei, Biagi, si diverte o piange? «Terza ipotesi: mi sgomento». Cominciamo dalle cose serie, perché gli albanesi ci sono cosi antipatici? «Perché assomigliano al nostro passato, sono poveri e migranti come i nostri nonni. Perché non portano nessun buon ricordo». Se è per questo neanche una buona immagine. «In effetti da venti giorni non vediamo altro che pedoni albanesi impegnati a fucilare il cielo in mezzo a cittii in rovina. Ma perché sparano?». I giornali li chiamano mafiosi, criminali, malavitosi. «E' grottesco generalizzare, ma sarebbe anche cieco negare che qui in Italia, tra prostituzione e traffico di droga, piccoli gruppi di albanesi si sono dati parecchio da fare». E questo non aiuta l'immagine. «Direi proprio di no». L'Italia s'è incattivita? «L'Italia è ricca, e i ricchi spesso hanno attitudini isteriche». Per esempio quella di considerare 13 mila profughi un'invasione? «Tredicimila in un Paese di 57 milioni di abitanti». I giornali però hanno cavalcato lo spavento. «I giornali, le tv, il governo. Tutti hanno cavalcato prima l'isteria, poi la commozione. La tragedia nel Canale di Otranto è stata una specie di mesto intervallo passato il quale s'e fatto avanti il governo». II governo e il parlamento. Ha visto il dibattito in tv? «Ho letto i resoconti». Comincerei da Beniamino Andreatta, se non le dispiace. «Tutti si sono lamentati della sua assenza nei giorni pasquali. «Andreatta assente? E' stato peggio quando è tornato»
Persone citate: Andreatta, Beniamino Andreatta, Biagi
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