Il «nodo scorsoio» di Rifondazione di Augusto Minzolini

Il «nodo scorsoio» di Rifondazione Il «nodo scorsoio» di Rifondazione E Berlusconi rivela: D'Alema mi ha chiesto aiuto IL GOVERNO A UN BIVIO ROMA EL cortile interno di Montecitorio Silvio Berlusconi racconta il nuovo approccio tra la maggioranza e l'opposizione sulla crisi albanese, quel «sentire comune», per rimanere al linguaggio della politica, che non è condiviso solo da Fausto Bertinotti e dalla Lega. Il Cavaliere mette insieme previsioni, speranze e trepide attese. «Questa mattina ho parlato per qualche minuto con D'Alema narra - e l'ho trovato sulle spine. Aveva molti dubbi sid fatto che Bertinotti potesse tornare indietro sulla decisione di non appoggiare l'intervento in Albania. Mi ha chiesto se noi, invece, avremmo sostenuto questa decisione del governo e gli ho detto di sì. Forse mi sbaglierò, ma penso che questa volta D'Alema faccia sul serio. Certo, prima delle amministrative non cambierà niente, ma i problemi non si risolvono da soli: piano piano tutti si stanno convincendo che non si può andare in Europa con Rifondazione. Io non credo che si possa riformare il Welfare con Bertinotti. E chi non ci vuole in Europa potrebbe anche prendere spunto dalla debolezza della nostra politica estera per tenerci fuori. D'Alema e Marini lo hanno capito. Prodi? Non mi è piaciuto lo scaricabarile sulla nostra Marina della tragedia di venerdì». E' talmente su di giri il Cavaliere che rivendica di nuovo le lacrime di Brindisi. «Sfido chiunque a non commuoversi - ripete - in una situazione del genere. Io sono arrivato lì chiamato dall'ambasciatore albanese che non sapeva a che santo rivolgersi, con gli elenchi delle persone che avevano perso tre figli, la moglie, tutti i parenti. Quando la sera sono tornato a casa e ho visto i miei cari, ho pianto per tutta la notte». Eh sì, tutto si potrà dire, meno che il dibattito di ieri sulla politica estera non rappresenti una «svolta». Il presidente del Consiglio nell'aula di Montecitorio è stato rimbeccato da tutti, la maggioranza si è scomposta, Franco Marini ha chiesto una «verifica», D'Alema ha minacciato Bertinotti ventilando l'ipotesi di una rottura. Di contro l'opposizione non se ne è stata con le mani in mano, ma ha offerto i suoi voti non per appoggiare un provvedimento qualsiasi, ma addirittura un intervento militare. Solo Bertinotti si comporta come se non si rendesse conto dell'enormità di ciò che è accaduto: negli ultimi 40 anni se c'è stato un argomento su cui non sono state ammesse diversità nelle coalizioni di governo, quello è stato la politica estera. Senza contare che, nell'epoca dei blocchi, ogni Paese aveva un grado di autonomia ridotto visto che l'80% delle decisioni passava attraverso la Nato e il Patto di Varsavia. Ora che ogni Stato è chiamato a decidere per proprio conto e non ha più come una volta la rete di protezione delle alleanze internazionali, la compattezza della maggioranza di governo su simili questioni è un un obbligo. Insomma, per usare un esempio forte, cosa accadrebbe se durante l'intervento italiano in Albania un soldato del nostro contingente rimanesse ucciso in uno scontro? Come potrebbe un governo con dietro una maggioranza divisa ge¬ stire questa tragica eventualità di fronte all'opinione pubblica? Di tutto questo sono consapevoli tutti. Tranne, ovviamente, il leader di Rifondazione. Lo stesso Prodi, che pure vuole evitare polemiche, ieri in mi colloquio con Bertinotti dopo 0 dibattito parlamentare è stato durissimo. «Questa - ha spiegato - è una situazione pericolosa per la tenuta della maggioranza. Per la prima volta hai preso in aula una posizione contro una decisione del governo e io non posso non tenerne conto». Non per nulla i due hanno deciso di rivedersi tra oggi e domani per tentare mia mediazione. Una mediazione che ha come presupposto un Bertinotti che tomi sui suoi passi. «Se Rifondazione non cambia linea - ha confidato ieri Veltroni ad un amico c'è la crisi e si va subito ad elezioni. La questione è troppo delicata». Ma davvero si rischia il punto di rottura? 0 siamo alle solite? Il capogruppo dei deputati neo-comunisti Diliberto continua a sdrammatizzare il tutto: «Ci debbono cacciare: hic manebimus optime. E non ci dicano che il pei convergeva sulla politica estera dato che in quegli anni a gestirla non c'erano gli attuali uomini di governo, ma Craxi e Andreotti». Ma forse questa volta Rifondazioe sta facendo un errore di sottovalutazione. «Si sono aperte gravi crepe nella maggioranza», è la presa d'atto di Pietro Folena e lo stesso D'Alema, che pure continua ad essere ottimista sulle sorti della maggioranza, mette per la prima volta in conto uno «show-down»: «Non so - ha confidato ai collaboratori - cosa potrà accadere dal 27 aprile in poi». Se D'Alema è prudente, i popolari vanno ancora più avanti. Non c'è da meravigliarsi, infatti, se i discorsi di Marini e di De Mita siano simili a quelli del Cavaliere. «Oggi - sostiene Marini lasciando Montecitorio - il discorso dell'opposizione non l'ha fatto Berlusconi, ma Bertinotti. Con la politica estera non si scherza. La de in 40 anni non ha mai accettato di far parte di maggioranze che non avessero una politica estera comune. L'ha detto anche Berlusconi? Ha ragione. Bertinotti non può stare con un piede dentro la maggioranza e uno fuori. Un governo non può governare in queste condizioni». Cosa che, a quanto pare, De Mita ha già fatto. «La giornata di oggi è stata importante - osserva l'exsegretario de - perché oltre alle difficoltà si è vista anche una via d'uscita. Qui c'è un governo ma non c'è una maggioranza. Bisogna ratificare il fatto che questo è un governo di minoranza: è meglio saperlo che non contare su una maggioranza che non c'è. Si può contare, infatti, su un quadro politico in cui su temi di grande rilevanza parte della maggioranza e parte dell'opposizione hanno un atteggiamento comune. Mettetevi in testa che l'unica cosa che conta è la politica estera. A Maastricht non ci si va solo rispettando i parametri, ma anche dimostrando di essere all'altezza a livello internazionale. Purtroppo Prodi ha sbagliato tutto... 11 problema è che non capisce: oggi il più interessato all'Europa è Kohl, ma lui neppure gli parla». E si torna a Prodi. Ieri per il premier è stata una giornata davvero pesante. Fini gli ha detto di non avere dignità, Bertinotti lo ha criticato, Berlusconi pure e lo stesso D'Alema non ha potuto non denunciare 1'«assenza» del governo. Peggio di così... Ma la colpa di questa situazione è solo di Prodi? Certo lui ci mette del suo: «Quel collocare sul banco degli imputati la Marina è stato indegno - si arrabbia Giorgio La Malfa -, è privo di scuso dello Stato». Ma dando per scontate tutte le critiche, come può un capo del governo impostare una politica estera «interventista» quando deve assicurarsi l'appoggio di un partito che crede ancora all'internazionalismo proletario, al subcomandante Marcos e sotto sotto pensa che l'Onu sia la lunga mano dell'imperialismo Usa? Ecco perché il premier va anche compatito. «Ormai mi la una pena fisica» confida Pierferdinando Casini, mentre uno dei luogotenenti del Professore non risparmia qualche critica al principale per le polemiche con Berlusconi sulle telefonate. «Questo - sbotta - non è più un confronto politico per colpa di tutte e due le parti». Anche Prodi deve capire che per soprawiven non può più subire le contraddizioni di Rifondazione al punto di farle sue, deve avere il coraggio di cambiare. Augusto Minzolini . De Mita: oggi l'opposizione non è Forza Italia, ma Bertinotti

Luoghi citati: Albania, Brindisi, Europa, Maastricht, Roma