Indirizzo in affitto, a mille lire di Stefano Bartezzaghi

L'ultimo affare? La buca delle lettere offerta come casella postale L'ultimo affare? La buca delle lettere offerta come casella postale Indirizzo in affitto, a mille lire QUELLI che spiegano la posta elettronica vi dicono: «E' come una casella postale, la prendi in affitto e ogni tanto vai a vedere cosa c'è dentro». Forse è stato un discorso del genere a illuminare uno svelto torinese. Provider di se stesso, egli ha messo un'inserzione su Market per annunciare che dà in affitto la propria buca delle lettere: quella fisica, concava, completa di fessura e però inopinatamente divenuta più virtuale di un solito (e solido) indirizzo e-mail. La pigione è di mille lire al giorno. E' un indirizzo del centro città, lo snob non saprebbe che farsene, ma al parvenu sorriderà la prospettiva di simulare un recapito centralissimo. Altri possibili clienti dell'inserzionista sono coppie di amanti clandestini per tradimenti cerebrali. Massimo del melodramma, per un grafomane: disporre di carta, penna, calamaio e trepidante destinatario/a, ma non avere un luogo in cui depositare l'infuocato carteggio. Tutte le ipotesi che si possono fare su quella buca sono letterarie, presuppongono ognuna un diverso romanzo epistolare, burocratico, amoroso, illecito, antiinformatico, banale. Cosa pioverà in quella buca? Quali nomi precederanno il «c/o» ovvero il «presso»? Ma ancora più di tutte le lettere d'amore e non d'amore, inevase o trafugate che l'affolleranno, pare importante la storia di quei medesimo pertugio, e di colui che scelse, fra tutto ciò di cui disponeva, di offrire ad estranei la buca delle lettere condominiale. Si sarà detto: «Posso fare una cosa in più: ricevere posta per conto terzi». Una volta formulato, un pensiero così è subito cosa fatta. Manca solo di stabilire una cifra equa e anche questo, pur mancando un fixing consolidato delle caselle postali, non sarà stato poi un gran rovello. Peccato, dunque, non averne proprio bisogno. Stefano Bartezzaghi