DAL CASTELLO DI GRINZANE AL GIARDINO DI BORGES di Dario Voltolini

IL CONSIGLIO IL CONSIGLIO di Dario Voltolini DE Kalb. Illinois, la città che ha dato i natali al filo spinato. Edward Hobson, il capofamiglia. Sua moglie. I loro figli. Gli Stati Uniti, i vincitori della Seconda Guerra Mondiale, patria della libertà e, durante il conflitto, dei campi di concentramento per cittadini americani di origine giapponese, il paese di Walt Disney. Un rompicapo esistenziale, comportamentale e logico (che ha il suo luogo d'elezione nella teoria dei giochi) chiamato «il dilemma del prigioniero». Un romanzo difficile, dalla struttura complessa di scuola postmoderna: più voci narranti ma forse un solo punto di vista, scomposizione e montaggio della sequenza temporale, simmetrie, doppi (tripli, quadrupli, ennupli) legami familiari, raffinata tessitura di dati storici e immaginazione creativa. Un romanzo che però è semplicemente bello, limpido e commovente: un uomo malato, una malattia misteriosa, un mistero che gli altri non sono in grado di affrontare; ma anche un dilemma che da ferita personale si allarga a poco a poco fino a rappresentare la struttura stessa della vita sociale. Un romanzo ricco e generoso, con pagine memorabili (l'attività creativa secondo Disney, un gioiello), con un personaggio straordinario. Uno scrittore, Richard Powers, di grande importanza, molto intelligente, profondamente sensibile. Richard Powers, // dilemma del prigioniero (Bollati Boringhieri, pp. 376, L. 40.000, vale di più). Non bisogna nel modo più assoluto far caso ai risvolti di copertina, se non per vedere lino a che punto può spingersi il masochismo editoriale Stevenson l'isola felice di Horatio Street, sia davvero molto, molto lontana. Il dottor Sacks appare dopo un nùnuto saltellando leggermente sui suoi Birkenstock, così uguale a Robin WiUiams che interpretò la sua parte nel film Risvegli, da destare il sospetto che a corrùnciare dal portiere sia tutta una messa in scena. Eppure siamo qui per parlare delì'Isola dei senza colore, il suo nuovo libro dedicato a due rare malattie neurologiche confinate a poche smagbanti isole del Pacifico, che uscirà tra un mese da Adelphi, pressappoco quando Sacks stesso verrà a Roma per girare il commento italiano a sette puntate che la Bbc gli ha dedicato, e che andranno in onda su Rai 3 in ottobre («Le note che str ricevendo sui suoi impegni fanno pensare al tour di una rock stare, si meraviglia Roberto Calasse). Ma siamo qui anche per scoprire come questo neurologo affabilissimo e timido, che balbetta leggermente all'inglese ma conserva una sfumatura di accento tedesco, sia diventato uno dei più affascinanti scrittori dei nostri anni. «Ricordo che quando portai il mio primo libro alla Faber & Faber», dice Sacks parlando con entusiasmo di Emicranie, «fu dato a un lettore che fece uno strano commento. Questo libro si legge con troppa facilità, disse, e questo potrebbe destare dei sospetti. Perché allora era assolutamente proibito piacere al pubblico. E ricordo che il giorno in cui a Londra uscì Risvegli, mio padre - entrambi i miei genitori erano medici - entrò nella stanza bianco come un cencio, tenendo nella mano tremante una copia del Times. Sei sul giornale! disse, e sebbene la notizia riportata dal Times fosse molto piacevole diceva che avevo scritto un libro brillante, equilibrato e autorevole il fatto stesso che fossi sul giornale era uno scandalo, una disgrazia!». Un episodio simile, dice, era accaduto anche a sua madre quando pubblicò un saggio sulla menopausa che divenne mi grande successo «con la quasi totale indignazione del suo editore». «Credo che persino mia madre ne sia rimasta imbarazzata e sorpresa». Ecco dunque da cosa viene Oliver Sacks, ed ecco da cosa fugge. «Sono venuto in America con l'idea che vi fosse più spazio che in Inghilterra, moralmente, esistenzialmente, fisicamente, e se questo sia vero non lo so». Sa che il classismo degli inglesi c'è tuttora: in un club che frequenta per nuotare, lo fa sentire persona poco gradita «in quanto ebreo appartenente alla classe media dei professionisti». Per questi motivi, forse, ha coltivato quel suo straordinario senso dell'evasione letteraria, scoprendo - incoraggiato da Auden che fu tra i suoi primi ammiratori - che «bisogna osare, e cercare una forma giusta per un'esperienza, anche se quella forma ancora non esiste, e non bisogna aver paura di chiamarla poesia o filosofia o qualunque altra cosa». E per questo, forse, ha coltivato il suo forte senso di non appartenenza: agli Stati Uniti dove è «visitatore permanente» da o i e e , i 35 anni («cioè pago le tasse e posso andare in prigione ma non posso votare, cosa che mi va benissimo perché non c'è nessuno per cui voterei»); all'Inghilterra («così cambiata, così diversa dal luogo in cui sono cresciuto»); al mondo del potere e a quello dell'accademia che gli fanno dire: «Io odio la scuola, odio le scuole, odio le persone di potere. Un giorno il preside per punirmi mi disse: Sacks, non esisti più, sei dissolto. Lei non può dirmi questo, risposi, ma lui: sì che posso, io ho il potere». «Sono sempre stato uno studente pessimo, tutto quello che ho appreso l'ho imparato dalle letture e dai musei, dai giardini botanici e dai pazienti». Racconta che all'esame di anatomia a Oxford arrivò addirittura ultimo su 90 candidati. «Ero così depresso che mi ubriacai e poi entrai d'impulso nella sala in cui esaminavano gli aspiranti a una borsa di studio di anatomia. Risposi a una sola domanda su sette e la vinsi. Non sape- vano dire se fossi il migliore». Non molto più tardi passò un anno girando l'America in motocicletta e annotando tutto quello che gli capitava, cosa che fa ancora, come dimostra aprendo con un saltello un armadio zeppo di fogli gialli scritti a penna. «Sono fuggito da tutto questo con la scrittura, che trascende e ignora le categorie. La mia identità di scrittore è molto più libera della mia identità sociale». Questa libertà che si capisce è il cuore della sua persona lo ha portato a posare il suo sguardo meravigliato su quelle isole del Pacifico che attraverso i libri di Stevenson, Cook e Bougainville hanno formato la sua immaginazione di bambino. Isole dove la natura fa strani esperimenti, togliendo i colori dalla vista delle persone o paralizzandole con una malattia che ha nome bizzarro di lytico-bodig. «E mi ha commosso» dice, con quella sua aria di partecipazione totale, «vedere come sia a Pingelap che a Guam questa gente sia accettata senza giudizio, e anche i malati facciano parte della comunità e non siano emarginati o trattati da lebbrosi». Ricordando i maiali bianchi e neri che gli apparvero sotto il cielo turchese di Pohnpei, Oliver Sacks si chiede come sarebbe la nostra vita senza i colori. «Pensavo ne sarebbe stata molto impoverita ma mi sbagliavo. L'handicap è reale ma la gente ci convive. E accade una cosa strana: che non hanno il senso di essere privati di qualcosa». Poco fa, quando parlava delle sue disavventure accademiche, disse che quella sua debolezza lo portò a cercare la propria forza altrove, e a trovarla nella scrittura diventando la persona che è oggi. E mentre per un attimo il pensiero torna a questo, sento che con l'entusiasmo che non l'ha abbandonato un solo istante da quando ci ha accolto al di qua dello specchio, sta dicendo «perché non può mancarti quello che non hai mai avuto. Ma invece crei, servendoti di quello che hai». DAL CASTELLO DI GRINZANE AL GIARDINO DI BORGES L'ITALIA LE ITALIE: RADICI E IDENTITÀ' Convegno «Grinzane Cavour» Buenos Aires 7 aprile Livia Matterà TORINO LE ITALIE: RADICI E IDENTITÀ' Convegno «Grinzane Cavour» Buenos Aires 7 aprile ON solo un premio che vive un giorno all'anno ma una fondazione culturale che di giorni ne vive trecentosessantacinque. Non solo i libri di uno scaffale da leggere, ma le mille proposte di una bottega della creatività giovanile. E' questo il chiodo su cui batte Giuliano Soria, curatore e motore del Grinzane Cavour, proprio nel momento in cui la sua carovana di scrittori, di giornalisti, di critici, di accademici, di politici sta per attraversare l'oceano alla volta di Buenos Aires, prima città d'approdo latino-americana. Una trasvolata dietro le orme di più antiche e dolorose migrazioni per parlare di L'Italia, le Italie: radici e identità. Giuliano Soria, Argentina perché? «L'Argentina perché è un Paese in cui la metà ebrea della popolazione è di origine italiana e la presenza di un premio italiano che coinvolge giovani italiani o di origine italiana sulla lettura e su tutti gli altri progetti che noi avviamo, come "Scrivere il giornale", "la radio", la "televisione", "il teatro", è un servizio più che mai importante. Poi perché sono convinto che l'Italia non faccia abbastanza per gli italiani che stanno laggiù. Infine perché è come andare nel cuore dei miei interessi culturali e delle mie passioni, un invito a nozze in cui i miei interessi accademici e le mie ambizioni di fare del Grinzane Cavour un'istituzione internazionale coincidono». " IL CONItaliani in Un viaggio a senso unico? «Assolutamente no. E' sempre in gioco un rapporto tra due culture. Non a caso uno dei convegni di Buenos Aires s'intitola II giardino dei sentieri che si biforcano. L'Italia verso l'Argentina, ma anche l'Argentina verso l'Italia. Basti il legame di Borges con Dante, basti Bioy Casares, o lo stesso Soriano. Noi accendiamo le luci su una realtà prestigiosa per se stessa». Il Grinzane parla giovane. «Perché è giovane tutta la sua filosofia. Consapevole che la lettura è un patrimonio da difendere, che lettori non si nasce ma si diventa, che perdere il piacere della lettura vuol dire perdere la dimensione della creatività, il premio Grinzane svolge un ruolo di servizio che non può non essere critico nei confronti della scuola. Come è emerso da Luis Borges un nostro convegno dell'89, Come s'impara a non leggere, la scuola ha molte responsabilità». Quali sono le caratteristiche dei giovani che seguono le iniziative del premio? «Quasi mai sono i migliori della classe. Di solito danno U meglio di sé al di fuori dell'istituzione scolastica e qriindi sono spesso in cerca di modelli alternativi, più creativi di quelli che la scuola propone. Da " IL CONVEGNO 1 Italiani in Argentina BUENOS AIRES viene dopo le esperienze precedenti di Parigi, New York, Bruxelles, Salamanca, con cui il Grinzane ha ampiamente collaudato la sua formula itinerante di divulgazione culturale. Promossa dalla Regione Piemonte, dal 5 al 10 aprile sono previsti cinque giorni di convegni, dibattiti, omaggi, ricordi, con contorno di «eventi speciali» che nascono sotto il segno di Borges ma che a partire di lì si estendono tutt'attorno. Titolo generale L'Italia, le Italie: radici e identità. Il 7 aprile undici scrittori italiani che parlano della loro opera (Arbasino. Barbero, Biamonti, Bona, Consolo, La Capria, Magrelli, Mannuzzu, Mondo, Orengo, Sanvitale). L'8 due dibattiti, uno sulla Globalizzazione dell'informazione, l'altro sulla Globalizzazione della cultura, a cui partecipano tra gli altri Ezio Mauro e Gianni Vattimo. Il 9 due culture a confronto (tra cui l'argentino Adolfo Bioy Casares, il brasiliano Paulo Coelho e l'uruguaiano Eduardo Galeano). Nel pomeriggio i ricordi di Primo Levi e di Osvaldo Soriano e atto di chiusura di Vattimo, Sotto il segno di Borges. Il 10 l'Incontro tra gli scrittori italiani e gli studenti argentini. Tra gli «eventi speciali», l'8 sarà inaugurata una mostra di Ugo Nespolo, il 9 sarà proiettata la copia restaurata del film di Giovanni Pastrone, Cabiria. [g. t.] noi vengono i giovani che stanno a sinistra della scuola, quelli che ritengono che i classici non bastino». Sono loro a decidere i risultati del premio? iri di i p«Sì, sono le giurie esterne dei giovani, dislocate in Italia e all'estero, a fare il verdetto. Tredici in Italia e sette, otto, all'estero. Sono la stragrande maggioranza rispetto alla giuria dei critici rispetto alla quale i giovani votano in assoluta libertà, finendo per essere anche più anticonformisti, più innovativi». Un esempio? ll'li dii il p«Ad esempio nell'ultima edizione il brasiliano Paulo Coelho, perché il suo libro rappresentava una dimensione fantastica, che è molto vicina alle tematiche giovanili. La possibilità di realizzare il sogno anche nella vita». Quali obiettivi per il Grinzane? «Curiamo tre grandi ambiti di interesse: la politica verso i giovani, il discorso sulla letteratura e infine il parco culturale, per valorizzare il rapporto con il territorio. Quale sarà la tappa successiva del tour? «Alla fine di maggio saremo a Mo sca, dove daremo vita ad un premio destinato ai traduttori dall'italiano intitolato a Cecina Km, che è stata una grande ambasciatrice della cultura italiana fra i russi. E in questa circostanza apriremo una giuria scolastica anche lì. Il nostro viaggio non si ferma a Buenos Aires». Giovanni Testo