Milena via crucis dei genitori di Francesco Grignetti

Tunisi, hanno voluto vedere la casa in cui è stata uccisa e il luogo in cui è rimasta sepolta per 16 mesi Tunisi, hanno voluto vedere la casa in cui è stata uccisa e il luogo in cui è rimasta sepolta per 16 mesi Milena, vìa crucis dei genitori Ripercorse le tappe della tragedia TUNISI DAL NOSTRO INVIATO Milena Bianchi è morta, il 23 novembre 1995, perché stava per tornare in Italia. Era già fissata la data del rientro, il 5 dicembre, dopo un'intera estate trascorsa a Nabeul e i tre mesi autunnali dedicati a un corso di lingua francese. Addio Tunisia. Addio fidanzatino, studente liceale, bravo ragazzo innamorato. Ma questa scadenza ha fatto precipitare le cose. I tanti, troppi corteggiatori che le ronzavano attorno, hanno cominciato a farsi insistenti. Molto insistenti. Raccontano che i pretendenti rifiutati erano molti. Alcuni l'avevano presa bene. Altri no. Non accettavano che lei, l'italiana bionda, «filasse» con uno che era poco considerato nel giro dei pappagalli. In particolare, c'era uno che non aveva accettato di essere scaricato. Quel Mounir - vicino di casa, diciottenne, apprendista operaio, uno dei tanti della comitiva che Elisa e Milena frequentavano - che aveva avviato un flirt con Milena prima dell'estate e poi se l'era visto troncare per il nuovo arrivato. Mounir covava dentro un risentimento sordo contro Milena. E il 23 novembre, sapendo che gli rimanevano soltanto dieci giorni per perfezionare la sua «conquista» di galletto locale, decise che il momento buono era venuto. «La vidi dalla finestra mentre usciva di casa. Un quarto d'ora prima avevo visto l'amica sua, Elisa, che se ne andava. Sapevo che Milena era sola». Così, secondo il racconto del suo assassino, è cominciato il dramma della ragazza. I genitori, ieri mattina, hanno voluto fare un pellegrinaggio del dolore, ripercorrendo tutte le tappe del martirio di Milena. Prima tappa, la sepoltura. Una landa desolata, metà deserto, metà discarica, a due chilometri dal paese, all'altezza di una fabbrica di mosaici: là dove corre un torrente asciutto, Mounir ha sepolto Milena. Ce l'ha portata di notte - ha raccontato - tenendo il corpo di traverso sulla sua Vespa. Ma poi, due giorni dopo, non contento, tornò indietro. «Mi parve che il corpo affiorasse in superficie. Avevo scavato troppo poco». Così spostò Milena in una seconda buca, profonda ottanta centimetri, che aveva preparato lì vicino. Cercò an che di bruciare il cadavere, senza riuscirci. Voleva disfarsene, ma non sapeva come. Lì, nel greto del torrente asciutto, giovedì scorso, l'hanno trovata i poliziotti tunisini. Erano arrivati sul posto condotti dall'assassino stesso, incastrato da diversi indizi e soprattutto dal suo comportamento sospetto: andava troppo spesso a guardare quello spicchio di deserto dove apparentemente non c'era nulla. L'hanno trovata, anche, esatta mente come lui aveva raccontato vestita dei suoi abiti, pantaloni e maglietta che portava il giorno in cui era scomparsa, senza orologio e senza giubbetto. La testa dentro il sacchetto di plastica con il quale l'ha soffocata. Un particolare che Mounir ha raccontato prima del disseppellimento e che solo il vero responsabile poteva sapere. Seconda tappa del dolore, l'abita zione dei Viotto. Gli amici della fa miglia Bianchi che si erano offerti di ospitare Milena al termine delle vacanze. La scusa era il corso di francese. In verità c'era di mezzo un fidanzatino. Niente più che un amore di teen-agers, che la famiglia conosceva o comunque intuiva. Da casa Viotto, dunque, il pomeriggio del 23 novembre Milena uscì per andare a prendere il suo amico che frequentava il liceo, turno pomeridiano. Inforcò la bicicletta - portata apposta dall'Italia per scorrazzare in paese e che ieri i genitori hanno riportato in Italia insieme alla bara - e pedalò per quattrocento metri. Fu a quel punto che incontrò Mounir. Cosa accadde da quel momento in poi, solo lui può raccontarlo. Ieri, terza tappa di questa via crucis famigliare, i coniugi Bianchi avrebbero voluto vedere il garage dove la figlia è morta. Ma su questo punto le autorità tunisine sono state inflessibili: si poteva passare davanti alla casa del delitto con la macchina, e sostare un attimo in raccoglimento, ma non scendere. Tantomeno bussare a un portone. Mamma Gilda e papà Bertillo hanno potuto così solo intravedere la palazzina di tre piani, bianca e azzurra, in stile moresco, dove abitava l'assassino. Milena è morta lì. Nel garage di un anonimo palazzo arabo, dove c'è un cartello che annuncia «si affittano camere» e un altro avvisa «Super magazzino alimentare». Impossibile approfondire. E' già tanto se c'è una verità, un reo confesso e un corpo. Adesso le autorità tunisine, che nell'ultima fase di questa indagine hanno collaborato pienamente con quelle italiane, non vedono l'ora di chiudere il caso. Il corpo di Milena a sera era già in Italia. L'autopsia, fatta insieme da medici italiani e tunisini, è stata eseguita a tempo di record. Un secondo esame sarà eseguito dai medici italiani (la richiesta è stata formulate, dai genitori di Milena al commissario di Bassano, appena sbarcati dall'aereo). I documenti - grazie all'intervento in prima persona dell'ambasciatore Rocco Cangelosi - preparati in un batter d'occhio. E già si annuncia una condanna esemplare per l'assassino, che da queste parti vuole dire la morte. Anche se poi difficilmente la pena sarà eseguita e potrebbe tramutarsi in un ergastolo di quelli duri. L'autopsia conferma il racconto dell'assassino. Non ci sono segni di violenze. Il soffocamento è quello raccontato. La data della morte; coincide grosso modo con la data della scomparsa. «Qualche dubbio io ancora ce l'ho, soprattutto sull'occultamento del cadavere. Ma è chiaro a tutti che l'inchiesta qui è finita. E che poi le cose non cambierebbero molto», dice il questore Nicola Simone. * Il capitolo, insomma, per gli investigatori è chiuso. Non si erano mai illusi, a differenza della famiglia, che Milena l'osse viva. Ma pensano che si poteva scoprire molto prima il suo assassino se solo tutti avessero collaborato dall'inizio. Il commissariato di Nabeul, ad esempio. O l'amica di Milena, quella Elisa che per circa mi anno ha raccontato bugie. Soltanto nell'ottobre scorso, ! tornala in Italia, dopo un interroga- | torio di tredici ore davanti a un ispettore di polizia, Bruno Andreozzi, Elisa è crollata e ha cominciato a raccontare la verità sui fidanzati e sui corteggiatori, sulle festicciole in j discoteca, sui pomeriggi trascorsi separatamente nonostante le prescrizioni dei genitori. E così, dalla vita reale, è arrivata la chiave per capire la morte. Francesco Grignetti L'assassino l'ha soffocata con un sacchetto di plastica L'autopsia ha escluso violenze Riportata in Italia anche la bicicletta della ragazza A sinistra l'arrivo della bara di Milena Bianchi all'aeroporto di Verona. A destra la ragazza uccisa in Tunisia

Persone citate: Bruno Andreozzi, Mamma Gilda, Milena Bianchi, Nicola Simone, Rocco Cangelosi, Viotto