«Il pattugliamento continua»

«Qualche dissenso con gli inglesi e i tedeschi ma solo sull'invio di una forza annata» «Il pattugliamento continua» Dini: una fatalità la tragedia dell'Adriatico IL MINISTRO DEGLI ESTERI ROMA INISTRO Dini, comunque la si pensi sul blocco navale non c'è proprio di che essere soddisfatti di quello che è successo l'altra notte... «... veramente no». La tragedia si poteva evitare? «Difficilmente. Nessuno aveva come obiettivo che avvenisse una cosa del genere. E' stato un incidente, scaturito da circostanze fortuite». Ma un incidente che alla luce delle decisioni prese in precedenza era possibile, forse persino prevedibile. Non è mancata un po' di prudenza? «La nostra Marina aveva il compito di fermare le barche che portano clandestini in Italia e la motovedetta albanese non si è fermata. Ha cercato in tutti i modi di evitare le due corvette italiane e poi, dopo ripetute manovre azzardate, si è messa in rotta di collisione con la nostra nave che non l'ha potuta evitare». L'agenzia dell'Onu per i rifugiati ci ha criticato proprio per questo blocco-pattugliamento. Il suo rappresentante in Italia ha ricordato che quello di asilo è un diritto internazionale, e noi saremmo colpevoli di averlo limitato gravemente. Non le sembra che la tragedia di Brindisi rafforzi queste accuse? «Abbiamo respinto fermamente quelle critiche, che del resto sono state espresse da un singolo funzionario, mentre i suoi superiori hanno dato giudizi estremamente positivi su quanto fatto finora dall'Italia. Chiariamolo ancora una volta: noi non neghiamo il diritto di asilo. Quella in atto dall'Albania è un'immigrazione illegale in Italia di persone che non hanno bisogno di asilo, che non cercano asilo: cercano soltanto di superare le frontiere dell'Unione europea per trovare lavoro». Quindi lei ritiene davvero ingiuste quelle polemiche? «Sì, le ritengo ingiuste perché l'Italia continuerà a accogliere i veri profu giù e gli sfollati comunque bisognosi, con particolare riguardo alle catego rie più deboli come i bambini». Dall'altra parte c'è chi, come la Pivetti o Bossi, chiede di rimandare tutti gli albanesi a casa Come risponde il governo? «Credo che l'Italia, il suo governo, abbiano trovato il giusto equilibrio in questo difficile problema». Sono ora nel mirino l'Ueo e l'Onu per la loro inerzia. Lei ha chiesto con insistenza una forza multinazionale di intervento. Non ritiene che ci sia stato un ritardo da parte internazionale nel darci via libera? «L'Italia ha sollecitato un intervento quanto più rapido possibile a partire dal 9 marzo, quando a Tirana si è costituito un governo di larga coalizione per la riconciliazione nazionale. Da quel momento, la porta dell'intervento era in teoria aperta». Sono passati più di venti giorni. L'Europa ci ha lasciati soli? «Guardi, ho constatato un sentimento e anche una volontà di condividere il fardello da parte di tutti i Paesi dell'Ue. L'intesa si trova rapidamente quando si tratta di mandare aiuti economici o umanitari; diventa più ardua quando si deve intervenire anche sul piano militare, con una forza di protezione. Qui le decisioni si fanno obiettivamente difficili. Direi che nell'insieme i tempi sono stati molto rapidi; non si poteva pensare che un'azione intemazionale venisse decisa più in fretta». Sembra che abbiate trovato un buon collegamento con i francesi, mentre da parte di inglesi e tedeschi c'è stata più resistenza. E' così? «Sì, ma ribadisco: non ci siamo divisi sull'aiuto all'Albania in sé - su questo anche Inghilterra e Germania sono completamente d'accordo. Il problema ò sempre e solo l'invìo di contingenti. Ma il fatto è che non si possono consegnare gli aiuti umanitari cibo, medicinali - senza inviare in loco una forza di protezione, perché in Albania non c'è più una struttura dello Stato che funzioni e perché le città del Sud in particolare sono nelle mani dei rivoltosi. In un Paese che è in preda all'anarchia, diventa molto difficile valutare i rischi che corre un contingente militare inviato da fuori. D'altra parte, gli aiuti sono indispensabili per evitare che la fame inneschi rivolte ancora più violente. In ogni caso, diversi Paesi europei sono pronti a partecipare alla forza di protezione». Sono state già fissate le quote? «No, se ne sta discutendo a livello di stati maggiori della difesa». In quanto tempo, a suo giudizio, questa forza multinazionale potrà essere allestita e inviata? «Ci vorranno alcuni giorni. L'operazione è complessa, si tratta di prendere il controllo dei porti, cooperando con le forze regolari albanesi». Sì, ma ne esistono ancora? «Ci sono embrioni che cominciano a essere ricostituiti. Fin da ora garantiscono - almeno in qualche misura la sicurezza dell'aeroporto di Tirana, che è stato riaperto come, in parte, il porto di Durazzo. Mentre a Valona la situazione resta fuori controllo. Noi dobbiamo aiutare gli albanesi a riprendere il pieno controllo dei porti e della strada Durazzo-Tirana, e possibilmente della Durazzo-Valona in modo che su tutto questo percorso circolare si transiti liberamente con i camion degli aiuti». Dopo la tragedia dell'altra notte, le cose si muovono con più rapidità? La sensibihtà internazionale è aumentata? «Assolutamente perché l'immigrazione illegale non riguarda solo l'Italia. I nostri partner comunitari sanno benissimo che interessa anche loro. Tutti insieme puntiamo a "stabilizzare" la popolazione sul territorio albanese, fornendole sicurezza fisica e i beni indispensabili a permettere alla gente di rimanere». Ha ricevuto critiche dai partner internazionali per quanto è avvenuto l'altra notte? «Finora no. Certo è molto spiacevole... Siamo tutti addolorati per l'accaduto». Non ha niente da rimproverarsi? Un esame di coscienza che magari la induca a pensare: beh, potevo fare diversamente? «La linea d'azione del nostro governo è giusta, pensata con attenzione e equilibrata. E non abbiamo alcuna intenzione di modificarla». Ministro Dini, dunque lei ritiene che l'unica linea possibile sia questa? «Sì, perché ci sono gli interessi del Paese da difendere, insieme con quelli di coloro che accogliamo. Mentre continueremo a aiutare chi è in stato di bisogno, credo che dobbiamo respingere chi cerca di entrare in Italia illegalmente». Luigi Grassia «Gli stati maggiori stanno già discutendo le quote di partecipazione. Punteremo a controllare i porti e le maggiori strade» Stato che funzioni e perché le el Sud in particolare sono nelni dei rivoltosi. In un Paese che reda all'anarchia, diventa molficile valutare i rischi che corre ntingente militare inviato da D'altra parte, gli aiuti sono innsabili per e che la faneschi rivolcora più vio In ogni caiversi Paesi ei sono i a partecialla forza di zione». , p«La linea d'azione del nostrono è giusta, pensata con attenequilibrata. E non abbiamointenzione di modificarla». Ministro Dini, dunque lene che l'unica linea posia questa? «Sì, perché ci sono gli interPaese da difendere, insiemquelli di coloro che accoMentre continueremo a aiutain stato di bisogno, credo cbiamo respingere chi cerca dre in Italia illegalmente». Luigi Grministro degli Esteri italiano amberto Dini ministro degli Esteri italiano Lamberto Dini

Persone citate: Bossi, Dini, Lamberto Dini, Luigi Grassia, Pivetti