Ragazzini come scudi umani di Vincenzo Tessandori

Pronti al sì i 15 dell'Orni Ragazzini come scudi umani Per saccheggiare un deposito d'armi TIRANA DAL NOSTRO INVIATO Bambini, ecco che cosa erano quelli della prima fila che dal fondo della strada si avvicinava al deposito delle armi. Sospinti da gente armata, usati come scudi umani. Perché ormai non c'è più la certezza che la polizia non si opponga agli assalti, non faccia fuoco: così, un tentativo di razzìa può costare la pelle e neppure qui, dove il valore della vita è meno di zero, sembra esserci qualcuno disposto a rischiare la propria, se appena c'è modo per evitare. Anche il più ripugnante, anche giocando sulla testa di quello che gli albanesi garantiscono avere di più caro: i bambini, appunto. La folla veniva avanti e il numero aumentava a ogni passo. Il deposito era lì, appena fuori dal centro di Gramsh, 30 mila abitanti, all'inizio del lago Baies, nella gola fra il Tromor e lo Shpat. Le 10 di ieri. Una banda di uomini urlanti ha deciso che quel deposito avrebbe placato la sete collettiva di armi. Ma la polizia non se ne andava: brutto segno, pessimo, anzi. Così qualcuno ha avuto l'idea: «Mettiamo davanti i ragazzi». E a ogni passo, la folla s'ingrossava, perché anche gli abitanti si univano al gruppo. Era fatta, i poliziotti hanno abbandonato e le armi son passate di proprietà. Armi che la gente usa con disinvoltura. Chi per difendersi e chi per farsi gli affari propri, non necessariamente sporchi. Come quelli che da Tropoja, nel Nord, l'altra mattina sono arrivati a Durazzo scortando un convoglio di cinque camion per caricare farina. Hanno preso il carico e se ne sono andati, senza preoccuparsi troppo che fossero mutate le regole del gioco. Dunque, le armi: l'altra notte in 18 sono penetrati a Levan, piccolo centro tra Fier e Valona, quasi sul ponte di Mifol, quello sul Vojuza, che è stato il confine fra l'Albania di Tirana e la «libera repubblica di Vlora». Volevano ammazzare uno, un capo rom, e lo hanno freddato a colpi di mitra. Ma i nomadi hanno reagito e hanno stenninato gli aggressori. Bilancio: 20 morti, gente di Tirana, di Tepelene, di Fier, di Valona. Sì, il nodo delle armi è centrale e dopo tre giorni di incontri, esami e colloqui, quelli della Commissione europea non sembrano avere la minima idea di come possa essere risolto e, quel che è peg¬ gio, pare che pine gli albanesi lo ignorino. «Ma tutto tornerà a posto quando la situazione ridiventerà normale», hanno ripetuto ministri e dignitari agli sbalorditi commissari. E per tutto il giorno, a Tirana, la polizia con auto e altoparlanti ha invitato la gente a non sparare. Risultato: appena buio, è ripreso il concerto per Tokarev e Kalashnikov, appena un po' attutito. Conclusione: con le armi bisognerà convivere. La commissione guidata dall'olandese Jan D'Assenbourg ha incontrato ieri il presidente Sali Berisha il quale ha ripetuto: «Occorre che la nostra polizia venga aiutata e bisogna tenere le elezioni». Ecco, altro punto delicato è il futuro confronto elettorale. D'Assembourg ha assicurato che l'occhio e la mano dell'Europa non abbandoneranno l'Albania fino a elezioni concluse. Un po' dappertutto i commissari ricevono offerte di collaborazione. Patrizio Ciu, della Fondazione Scanderbeg, quella dei ragazzi dei comitati di pace, denuncia amaro come «già si va ampiamente delineando lo scollamento generale e il tentativo di pilotare anche le delegazioni internazionali». Si sono fatti avanti anche gli ùnprenditori italiani perché, ha spiegato Luigi Fabri, presidente del comitato, l'esperienza non manca ed è bene che «non si ripetano gli errori del passato». Ma al primo ministro Bashkim Fino hanno chiesto che «cessino gli attacchi alle aziende straniere». Fino ha convenuto. A Valona è stata vissuta una giornata «politica»; congresso fra i «comitati di salvezza» delle città insorte, che sono 18 a Sud e una mozza dozzina a Nord. Ed erano presenti pure tutti i partiti politici, tranne quello democratico, quello che ha la maggioranza assoluta in Parlamento. E' stato emesso un comunicato unitario nel quale si chiede che il presidente Berisha venga isolato e lo si costringa così a lasciare il potere. Vincenzo Tessandori

Persone citate: Bashkim Fino, Berisha, Luigi Fabri, Patrizio Ciu, Ragazzini, Sali Berisha, Tokarev

Luoghi citati: Albania, Durazzo, Europa, Tirana