Brusca: «Così feci saltare in aria Falcone»

£ Caltanisetta: ha sfidato i boss nelle gabbie del tribunale per convincere i giudici che si è pentito £ Caltanisetta: ha sfidato i boss nelle gabbie del tribunale per convincere i giudici che si è pentito Brusca: «Così feci saltare in aria falcone» La confessione per la prima volta in aula CALTANISETTA DALL'INVIATO Un passo dopo l'altro, come in un drammatico gioco dell'oca, Giovanni Brusca si avvicina al traguardo tanto ambito, il programma di protezione. Ieri - al processo por la strage di Capaci, che lo riguarda in prima persona - l'aspirante collaboratore ha ancora indossato i panni del «pentito dentro» che non riesce a farsi credere. E' venuto in carne ed ossa, preterendo il contatto diretto con l'aula alle fredde immagini della videoconferenza, sfidando le gabbie ma osservando una semplice precauzione: quella di non offrirsi alle telecamere né ai microfoni dei cronisti. Smagrito rispetto alle immagini della sua cattura, la barba incolta, un vestito grigio scuro che lo rimpiccioliva di parecchio, Brusca si è presentato alla Corte d'Assise circondato dai un nugolo di caiabinieri. Ma quando uno degli avvocati di parte civile, Ennio Tinaglia (rappresenta la vedova Montinaro), ha chiesto che fosse trattato come un imputato «nonnaie», visto che ancora non gode della protezione dello Stato, Brusca non ha esitato e ha rivolto la faccia verso il pubblico. L'ex capomandamento di San Giuseppe Jato, rappresentante della generazione dei quarantenni, rispondendo alle domande del suo avvocato - Luigi Li Gotti, legale ma anche abile psicologo - ha dato una visione d'insieme degli ultimi tragici avvenimenti siciliani che apparentemente non si discosta da quanto già codificato nel processo. Solo apparentemente: perché una lettura più attenta del suo racconto offre una storia più completa, ma anche modificata rispetto al semplice automatismo delle responsabilità processuali legate al ruolo che ogni singolo imputato rivestiva in seno a Cosa nostra e, in particolare, dentro la direzione strategica conosciuta come «cupola». Da ciò che ha detto Brusca - infatti - assume minore importanza il ruolo delle «commissioni» provinciale e regionale. La strage, in sostanza, sarebbe stata decisa da un ristretto gruppo di «corlconesi», quattro o cinque in tutto. Si capisce, perciò, il motivo di tanta «diffidenza» di alcuni magistrati nei confronti del «dichiarante Brusca». Ma lui, che Leoluca Bagarella ieri ha apostrofato chiamandolo con disprezzo «u maiale», seni¬ bra non curarsi dei contraccolpi provocati dalle sue dichiarazioni, rivendicando il diritto a rincorrere «solo la verità». E' efficace l'esordio di Li Gotti, che gli cliiede: si dichiara colpevole o innocente? E Brusca: «Colpevole». Ha schiacciato il telecomando che ha ucciso il dottor Falcone, la moglie e la scorta? «Si, sono stato io». E' mafioso? «Sì». Chi è stato il suo padrino? «Salvatore Riina». Qual era il suo ruolo in seno a Cosa nostra? «Ero a disposizione di Salvatore Riina». Ruoli particolari? «Tenevo i contatti con i Salvo di Salemi. Portavo ordini e trasmettevo segnalazioni. Anche in tempo passato, per esempio quando Riina decise di uccidere il giudice Chinnici e mi or¬ dinò di mettermi a disposizione di Nino e Ignazio Salvo per preparare l'attentato». Ha ucciso ancora? «Ho partecipato all'omicidio del colonnello Russo, alla strage della Circonvallazione». Ha ucciso anche familiari di pentiti? «Ho ucciso il padre di La Barbera, due amici di Balduccio Di Maggio, Reda e un altro che non ricordo come si chiamava. Ho partecipato all'uccisione del figlio di Di Matteo». In questo concentrato di orrori c'è tutto il personaggio di Giovanni Brusca e il dichiarato intento di «liberarsi» del passato. Le sue «verità» non piacciono sempre, come si è capito dall'esame che ieri sera ha condotto dopo li Gotti - il pubblico ministero Luca Tescaroli, forse dubbioso sul reale desiderio di purificazione dell'ex mafioso. Giovanni Brusca ha chiarito ancora gli «incidenti» che gli sono costati due accuse di calunnia (la montatura contro l'onorevole Violante e il tentativo di salvare processualmente due imputati di omicidio), ribadendo che si trattava di atteggiamenti precedenti alla decisione di pentirsi realmente. Poi, in più di due ore di risposte al suo avvocato, ha tracciato la linea sottile che unisce l'omicidio dell'eurodeputato Salvo Lima, l'uccisione di Ignazio Salvo e la strage di Capaci. Passando per il disegno di assassinio dell'onorevole Claudio Martelli «che prima stava con noi e poi, come Andreotti, ha cercato di rifarsi una verginità». Che quadro inquietante quello dipinto da Brusca. Un quadro che non potrà non avere riflessi al processo che a Palermo si sta celebrando contro l'ex presidente del Consiglio. «Falcone - scandisce Bnisca - doveva morire subito dopo Chinnici. In una riunione in contrada Dammusi fu dato l'incarico a me e a Nino Madonia di cominciare a studiarne i movimenti. Gli siamo stati alle calcagna per otto o dieci giorni, ma poi il progetto fu accantonato». Un chiodo fisso, quello di uccidere il giudice Giovanni Falcone: «La sentenza fu quella. Fu eseguita nove anni dopo, ma questo non vuol dire nulla. Cosa nostra non ha fretta». «Si pensò ad una bomba in un "ve- spone" azionata col telecomando. Oppure di imbottire di tritolo il "Fiorino" che portava i cornetti al bar del Tribunale. Avevamo una possibile "base": l'ufficio del notaio Morello, di fronte al palazzo di giustizia, che però non sapeva niente delle nostre intenzioni». «Si studiò la possibilità - ha aggiunto il "dichiarante" - di uccidere Falcone nel Trapanese perché Madonia aveva saputo che il giudice lì aveva un amico, un tale Puccio, che andava a trovare». Anche questo progetto fu accantonato. Dice Brusca che quelli erano tempi di «superlavoro per i "corleonesi", impegnati nella distruzione della mafia "moderata" palermitana e degli "scappati"», cioè gli uomini sfuggiti alla guerra di mafia. Ma Riina non dimenticò. Quando i Salvo gli fecero sapere che erano riusciti - «tramite Vitalone» - a bloccare la carriera del giudice, il boss rispose: «E che mi interessa? Lo devo ammazzare ugualmente» Si può farlo a Roma? E Riina: «A Palermo lo devo ammazzare». E l'odio era egualmente ripartito: contro Salvo Lima, contro i Salvo, contro Andreotti e Martelli (per il decreto che riportava in carcere i boss «firmato per rifarsi una verginità»), ma anche contro i politici ritenuti «traditori»: Marmino, Vizzini, Purpura e Andò di Catania. Martelli lo volevano far fuori a Roma: «Quando Gaetano Sangiorgi fu fermato vicino a casa del ministro». E anche oggi è a rischio di attentato, con il procuratore Caselli e il vice capo della Polizia De Gennaro: «Fino a quando ci sarà un uomo d'onore libero che potrebbe attuare questo piano credo che corrano il pericolo di essere uccisi. De Gennaro perché ci ha dato la caccia e fa veramente antimafia, così come il dottor Caselli». Ma il «colpo di teatro» riguarda Andreotti: «Lima fu ucciso perché si voleva distruggere la corrente andreottiana. Volevamo chiudere i conti con una parte politica, nella speranza di aprirne altri con altre formazioni. Quando Andreotti concorreva per l'elezione a Presidente della Repubblica e non ce la faceva per i loro "giochini in Parlamento", Riina diceva che bisognava fare subito il "lavoro" di Capaci, "così glielo faccio fare io il Presidente a quello"». Oggi il controesame dei difensori. Francesco La Licata I PERCHE' DELLA STRAGE «La sentenza di morte era stata decisa nell'83 ma la mafia non ha fretta Riina volle l'attentato a Capaci anche per impedire l'elezione di Andreotti a Capo dello Stato» I NEMICI «Le persone più a rischio sono De Gennaro e Caselli perché fanno antimafia sul serio. Ma in lista c'è anche Martelli La condanna contro di lui è sempre valida» IL DELITTO LIMA «Fu deciso di ucciderlo perché si voleva distruggere la corrente andreottiana Volevamo chiudere i conti con una parte politica, nella speranza di aprirne con altri» £ La confeli giorno dell'arresto di Giovanni Brusca, ex superboss di Cosa Nostra A destra De Gennaro li giorno dell'arresto di Giovanni Brusca, ex superboss di Cosa Nostra A destra De Gennaro