Valona scende in piazza con slogan anti-italiani di Vincenzo Tessandori

*>*> ^^^'C^sr** Valona scende in piazza con slogan anti-italiani TIRANA DAL NOSTRO INVIATO E arrivò il giorno in cui il vulcano cominciò a tuonare. Perché, quasi non bastassero i problemi nati dal crollo delle finanziarie «a piramide» che finora hanno provocato uno scampolo di guerra civile, 193 morti, 2200 feriti e preoccupazioni all'Europa, ecco le aspirazioni degli irredentisti che rischiano di incendiare questa fetta di Balcani. Loro si autoproclamano Comitato di liberazione nazionale e hanno distribuito volantini a Tirana nei quali sostengono che è il momento di «prendere la situazione in mano per determinare il nostro destino. In Montenegro, Kosovo, Macedonia e Cameria altri albanesi vivono soffocati: loro aspettano, e oggi o mai più faremo l'Albania che abbiamo sempre sognato». Un'utopia? Forse. Pericolosa, ad ogni buon conto. «Il primo passo, l'armamento della popolazione, è stato compiuto. L'Europa non ci darà mai l'Albania che vogliamo e, quindi, passiamo all'attacco per prendercela da soli. Mettiamo da parte i litigi e uniamoci per un'unica grande causa: conquistare a ogni costo l'Albania negata». Riconciliazione nazionale, militari al comando e gli uomini alle armi: «Il sangue versato dai martiri ci chiama. Riuniamoci sotto la bandiera di Scanderberg. Così domani potremo parlare in maniera differente con l'Europa, domani saremo 8 milioni». E tanto per gettare un po' di benzina sul fuocherello, Bashkim Gazidede, capo dello Shik, i servizi segreti, davanti al Parlamento e in tv ha accusato di fornicazioni politiche greci e anche nordamericani. Non un'attività degli ultimi mesi, quella degli agenti stranieri, ma risalente al 1990, quando il governo di Atene era nelle mani di Constantin Misotakis, un uomo di destra. L'idea, ha detto Gazidede dopo aver premesso che parlava soltanto perché lo avevano chiamato lì in Parlamento, era questa: «L'Albania doveva essere divisa in due, la par- te meridionale alla Grecia e l'altra alla Serbia». Naturalmente, la minoranza ellenica respinge con sdegno. Nel Sud la colonia è nutrita, circa 50 mila sono i greci di Saranda e Argirocastro, ma Vasil Melo, presidente del partito dei diritti umani e rappresentante della minoranza ellenica, ha ricordato come qui in Albania, dal tempo che fu di Enver Hoxha, esiste il complesso dell'assedio. E se si è tentato di mettere la Grecia sul banco degli imputati, neppure gli Stati Uniti se la sono cavata bene: Berlim Cela, capo dell'organismo di controllo dello Stato, li ha accusati di subire troppo le pressioni delle lobbies elleniche, così potenti negli States, ha osservato. Certo, la febbre non scende. A Fier, verso Sud, c'è stata battaglia grossa fra zingari della zona e bande armate: si parla di un autentico massacro, con almeno 17 morti e un numero imprecisato di feriti. Naturalmente, nessuna certezza. E ieri qualcuno ha lanciato la notizia che sei italiani, fra cui due giornalisti, fossero stati sequestrati. Come i medici dell'altro giorno, e per l'identico motivo: il trasporto in Italia di un ferito. Soltanto che stavolta il ferito era un poliziotto e non uno, chiamolo insorto con cospicuo certificato penale. C'era stata sparatoria, l'agente è rimasto colpito e paralizzato. Gli altri poliziotti l'hanno portato al capannone di Vittorio Giannetta, in passato luogo d'incontro degli italiani portati via con gli elicotteri. «Dovete farlo operare in Italia». Ma da Roma non hanno ricevuto soddisfazione: sì, forse attraverso Tirana, sarebbe stato possibile un trasferimento. Molto più rapida Atene a decidere, e con un'ambulanza il ferito è partito per la Grecia. «La notizia del sequestro è assolutamente priva di fondamento», mi ha detto per telefono Ugo Cubeddu, del «Messaggero», una delle presunte vittime. La gente, a Valona, si era radunata nella piazza della Bandiera per rispondere alle accuse di Gazidede. Se è accaduto quello che è accaduto, «l'unico responsabile è Berisha e il suo partito democratico». Poi, slogan contro l'Italia che nega ricovero ai feriti mentre la Grecia li accoglie: 22, finora. E pure a Tirana l'aria è rarefatta. La Commissione europea lavora di lena, ma appare ancora lontano l'arrivo di una forza armata. I problemi sono molti, ha sottolineato il capo, Jan Dassenburg, olandese. Hanno incontrato una serie di ministri, compreso Bashkim Fino. Ma le decisioni sono lontane. Vincenzo Tessandori

Persone citate: Bashkim Fino, Bashkim Gazidede, Berisha, Constantin, Enver Hoxha, Gazidede, Ugo Cubeddu, Vasil Melo, Vittorio Giannetta