Monti di R. R.

Monti Monti «No all'Europa dei banchieri» d a à l . l ROMA. Mario Monti, commissario europeo, vede un pericolo. «C'è il rischio - dice - che si crei l'Europa dei banchieri». Un'Europa, cioè, che si preoccupi delle questioni monetarie e poco dei problemi di tutta l'economia e delle esigenze sociali. Ma l'Unione europea, sostiene Monti, non può essere realizzata solo «dalle banche centrali». Altrimenti affiorano squilibri. La creazione dell'Euro, la moneta unica, è l'elemento centrale di un disgelo più ampio: i governi devono affiancare la futura Banca centrale senza intaccarne ovviamente l'autonomia con strumenti di governo dell'economia non puramente monetari. In questo modo saranno «coordinati le politiche fiscali e sociali e gli investimenti pubblici». Monti parla ricordando un europeista come Ugo La Malfa, scomparso diciotto anni fa. Interviene infatti alla riunione annuale dell'Istituto intitolato allo statista, nella sede dell'Enciclopedia Italiana. Lo ascoi- v tano il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, i presidenti delle Camere Nicola Mancino e Luciano Violante, i ministri Luigi Berlinguer e Antonio Maccanico, il presidente onorario della Fiat Giovanni Agnelli e il presidente Cesare Romiti. L'incontro è l'occasione per ricordare il lungo cammino fatto nella costruzione dell'Europa e per riflettere sui prossimi impegni legati alla realizzazione della moneta unica: «E' essenziale sottolinea Monti - accostare alla Banca centrale altri strumenti di governo dell'economia. Solo in questo modo il modello di attenzione al sociale potrà concretamente produrre maggiore occupazione in un contesto di stabilità». L'Italia secondo Monti possiede «tre ingredienti necessari» per poter giocare un ruolo fondamentale: «Per un governo dell'economia più efficiente e più umano servono un'opinione pubblica favorevole all'Europa, la disponibilità a trasferire alcuni poteri al livello sovrannazionale e la sensibilità ai valori dell'occupazione, della solidarietà e dell'Europa sociale». Monti indica però una condizione: «L'Italia deve far parte dell'unione monetaria fin dall'inizio. Se così non sarà credo che gli strumenti di tutela dei più deboli saranno meno efficaci». Oltretutto la moneta unica, afferma Monti, favorirà la competitività dell'Europa e quindi la ripresa dell'occupazione. Il mercato unico, che «è una creatura in fasce» essendo nato il primo gennaio 1993, «ha prodotto un maggiore aumento del pil europeo stimabile all'1,5%, una minore inflazione per un altro 1,5% e 900 mila posti di lavoro». Pertanto, secondo il commissario europeo, «il mercato unico non è solo un atto di fede, anche se resta ancora molto da fare». E giorno per giorno molto deve effettivamente essere fatto: Monti fa notare come i Paesi più attivi nel favorire l'unione monetaria siano anche «particolarmente in arretrato» nel recepire le direttive comunitarie: «La Germania è al quattordicesimo posto, l'Italia al tredicesimo. Al contrailo, i Paesi meno inclini alla moneta unica, come Regno Unito e Danimarca, sono fra i primi a recepire le direttive». Inoltre è necessario un maggiore coordinamento fra le politiche fiscali dei diversi Paesi: «L'armonizzazione in Europa è molto indietro». C'è il rischio che si sviluppi fra i Paesi una concorrenza fiscale non controllata: gli Stati stessi potrebbero essere eliminati perché «le basi imponibili diventeranno mobili, sfuggendo alla presa fiscale». Il coordinamento dovrà mirare alla riduzione della pressione fiscale per accrescere la competitività, [r. r.]

Persone citate: Antonio Maccanico, Cesare Romiti, Giovanni Agnelli, Luciano Violante, Luigi Berlinguer, Mario Monti, Nicola Mancino, Oscar Luigi Scalfaro, Ugo La Malfa