Ultimo compromesso per Prodi di Massimo Giannini

y Ultimo compromesso per Prodi E ora propone il confronto sul Welfare State y NA controprova «numerica», viceversa, la forniva il contratto future sui Btp decennali, che in quello stesso momento perdeva secchi più di 30 centesimi. Ora, è senz'altro prematuro anticipare il giudizio che i mercati daranno alla manovra correttiva da 15.300 miliardi che il governo varerà questa mattina. Ma questa reazione di ieri - soprattutto se associata al responso dell'asta dei Bot di mercoledì, che ha registrato una decisa impennata dei tassi di nuovo saliti oltre il 7% lordo fissato dal Documento di programmazione come tetto per i titoli annuali - può essere già un primo ed utile indizio. Questo pacchetto di misure non soddisferà i mercati, perché non dà alcuna garanzia sulla tenuta in corso d'anno del rapporto deficit/Pil al 3%. E per le stesse ragioni non soddisferà Bruxelles, che guarderà con legittimo sospetto a misure come l'anticipo di imposta sul Tfr, il congelamento temporaneo delle liquidazioni per gli statali, la riscossione velocizzata di qualche tributo, la riapertura dei termini del condono previdenziale, e quant'altro il governo avrà inventato nottetempo per scaricare sugli esercizi futuri oneri e impegni programmati per quest'anno. Detto questo, forse non tutti i mali vengono per nuocere. Se sono vere le indiscrezioni filtrate ieri sera da Palazzo Chigi, infatti, Romano Prodi potrebbe avere proprio oggi la possibilità di far cambiare segno e senso a questa manovrina, altrimenti votata al sicuro insuccesso. Pare infatti che il premier, al termine del Consi glio dei ministri che darà via libera al «decretone» di Pa squa, annuncerà contestualmente, e questa volta in via ufficiale, l'apertura del confronto con le parti sociali sulla riforma del Welfare State. Un'apertura immediata, forse addirittura a metà aprile; e soprattutto un confronto a tutto campo, che parte dal rapporto della commissione Onofri ritirato evidentemente fuori dal polveroso cassetto in cui era finito, e che quindi non esclude, anzi ruota proprio in torno alla riforma delle pen sioni. Il leader della Cgil Sergio Cofferati - a parte Bertinotti il più ostinato tra i leader sinda cali nel rifiutare qualunque discussione sulla previdenza anticipata rispetto al termine del '98 previsto dalla riforma Dini - ieri sera dopo il vertice a Palazzo Chigi confessava di non essere al corrente di questa iniziativa del governo. Ma se è vera, e se Prodi la tradurrà in atto ufficiale, per il governo si apre una fase nuova, anche rischiosa sul piano politico, ma sicuramente più agevole sul piano finanziario. Il rischio politico è evidente, e non sta neanche tanto nella prevedibile reazione negativa dei sindacati, quanto nell'inevitabile resa dei conti con l'alleato scomodo Bertinotti, che non a caso ieri continuava a rifiutare l'idea di «patto programmatico» per la maggioranza, e rilanciava la consolidata strategia del «passo dopo passo»: fin qui pagante per Rifondazione, ma logorante per il governo e nefasta per la politica economica, che piaccia o no ormai deve essere sempre più mirata agli obiettivi di stabilità e di risanamento sostenibile imposti da Maastricht. E proprio da questo punto di vista l'eventuale annuncio sull'apertura di un confronto sulle pensioni può rendere più agevole l'impegno del governo sul fronte finanziario. Perché se Prodi darà segnali inequivocabili sulla volontà di inci¬ dere in modo strutturale e già con la prossima Finanziaria per il 1998 su un capitolo di spesa come la previdenza, incasserà immediatamente un triplo dividendo. Il primo glielo renderanno i mercati, sotto forma di riduzione dei tassi di interesse. 11 secondo glielo renderà l'Unione Europea, che valuterà con ben altra attenzione il nostro cammino verso l'Unione monetaria. Il terzo glielo renderanno gli industriali, che non si sentiranno più chiamati a pagare, molto più di altri, il biglietto d'ingresso per l'Europa. E anche un rapporto meno conflittuale con le imprese, dopo tante concessioni fin qui fatte al sindacato, può giovare non poco al governo, in vista dell'altro appuntamento cruciale fissato a luglio, cioè la revisione degli accordi di luglio '93 sul costo del lavoro. A questo punto dipende solo da Prodi: il via libera a questo maquillage contabile può essere l'ultimo tributo pagato a Bertinotti, persino comprensibile a pochi giorni da un voto amministrativo al quale la maggioranza arriva spompata e divisa. Tocca al premier tirar fuori finalmente il coraggio, e trasformare il «maleficio» della pessima manovrina di oggi nel «beneficio» di una riforma del Welfare a vantaggio delle generazioni future. Massimo Giannini Questo pacchetto di misure non soddisferà i mercati A sinistra il ministro del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi

Luoghi citati: Bruxelles, Europa