La dolce vita del killer della mafia russa

11 Nuove rivelazioni sulle infiltrazioni della Piovra in Italia: nella capitale aveva lasciato casa e armi La dolce vita del killer della mafia russa Per oltre un anno il supersicario si era nascosto a Roma ROMA DAL NOSTRO INVIATO Era un «Leon» russo, un superkiller, un solitario, uno che viveva lucidando i muscoli e le pistole, ricevendo puttane e nutrendosi con film di spionaggio, leggendo romanzetti sul Kgb, affilando pugnali e fabbricandosi i silenziatori, come un armiere maniaco e bricoleur. Una biografia da spy-story: ex poliziotto ed ex galeotto, tre volte evaso dalle carceri russe, assassino di boss, una fisionomia ai contini nebbiosi e sfumati tra il sicario della mafia russa e il giustiziere della leggendaria «Freccia bianca», il gruppo deviato con cui la polizia ex sovietica - si dice - regolava a colpi di pistola i conti che non riusciva a far tornare con gli strumenti di legge. Aleksandr Solonik, da più di un anno, viveva a Roma. Una settimana dopo la retata di mafiosi russi compiuta dalla polizia al Golf club di Madonna di Campiglio arriva un'altra notizia di mafia russa in Italia. Tra i due fatti non c'è alcun rapporto. Ma la scoperta della dolce vita romana del ricercato numero uno dell'organisatsja aggiunge un nuovo episodio e dà nuovo corpo all'ipotesi che l'Italia, negli ultimi due anni, fosse diventata una nuova piccola patria per i ribjata delle bande russe. Storie di infiltrazioni economiche, di affari tentati e - alcuni riusciti, di riciclaggio, di esportazioni, di patrimoni di incerta origine. Da oggi, forse, anche storie di sangue perché un killer vive per sparare e per uccidere. In Italia perché forse, come diceva ad un amico in una telefonata intercet tata Yuri Essine, il boss preso a Madonna di Campiglio, «questo il Paese dove si può fare tutto». Aleksandr Solonik è stato ucciso il 2 febbraio scorso ad Atene. L'hanno trovato in un bosco, strangolato. A Roma aveva lascia to la sua casa e le sue armi. Nella capitale era arrivato nell'autunno del '95, poco dopo la fuga rocambolesca dal terribile carcere moscovita di Matrosskaja Tishinà. Primo alloggio l'hotel Cavalieri Hilton, sulla collina di Monte Ma rio. Donne, dollari, la solita sfac ciataggine impunita dei mafiosi russi: una volta che non aveva «liquido» per il conto, ha lasciato in pegno il suo Cartier d'oro. Usa così nella provincia russa, da dove Ale ksandr detto Sacha il Macedone ha cominciato la sua scalata al mondo. Era nato a Kurgan nel '60, era alto un metro e 65, aveva le spalle larghe ed era tutto muscoli. La sua storia è stata raccontata dalle Izvestija con il compiacimento di un romanzo, come avviene ormai quasi sempre per gli uomini-leggenda della criminalità (mafia) russa. Solonik era stato arrestato da poco, e per caso, nel mercatino di quartiere Petrovskij Razumovskij. Era l'ottobre 1994 e lui si trovava lì a lavorare, di scorta a due uomini del racket che stavano tentando di fissare la quota per i commercianti d'abbigliamento. Anche la milizia era lì. Solonik nascondeva la sua Glock calibro 9 sotto l'impermeabile che teneva sul braccio. L'hanno circondato, è riuscito ad uccidere quattro poliziotti prima di finire nella neve sporca, anche lui colpito, ma in modo non grave. Da giovane era «tranquillo, non stupido, non beveva mai, era sempre elegante, in giacca e cravatta». A Kurgan ricordano che aveva un lungo cappotto di pelle, girava con un cappello a tesa larga, un orologio da taschino con tanto di catena. E «per farlo nei primi Anni 80 commentavano le Izvestija -, in una cittadina provinciale, ci voleva un bel coraggio». Infanzia tipica da giovane sovietico, la sua mamma - infermiera - lo aveva portato alla scuola di lotta della fabbrica Lokomotiv, il suo allenatore ha ricordato che Sa- ©TOTALE AFFA cha «non aveva uguali nel corpo a corpo», molti rifiutavano di misurarsi con lui, è stato nel Komsomol (la gioventù comunista!, è finito tra i carristi, con il Gruppo Ovest, in Germania e il suo fascicolo personale era pieno di referenze positive: «... comprende bene la politica interna ed estera del Pcus». In realtà Sacha nella Germania, benché comunista, aveva aperto gli occhi su un mondo diverso dall'Unione Sovietica. Ha raccontato la sua mamma che «gli piacevano i jeans, le T-shirt, gli adesivi, queste cose da niente». Nella sua Kurgan, in quegli anni di declinante breznevismo, il massimo del brivido veniva dai primi punk e dai quei provocatori che nelle notti appendevano per strada bandiere con la svastica. Era rimasto impressio¬ nato dal fatto che in Germania si festeggiasse il «giorno dell'amore...». Le donne, a Sacha, sono sempre piaciute molto. Ha avuto due mogli n due figli, due processi per stupro, infinite storie di molestie e di minacce, anche a una giudice donna, durante il processo. Caduta l'Urss, Solonik è finito nel gorgo di Mosca e qui la ricostruzione del suo percorso è un intrecciarsi di fili inestricabili tra i gruppi in lotta nella capitale del neocapitalismo mondiale. Sapeva sparare bene, con entrambe le mani, e questo ha fatto gustiziando «autorità» (là si dice così) criminali. Si racconta che la sua fosse una crociata quasi personale contro i padrini della mafia russa, proprio come un «Leon», il killer interpretato da Jean Reno nel film di Lue Besson. Ma anche qui la leggenda si confonde con la realtà. Ha ucciso il padrino Globus (e si dice che la parcella sia stata di 50 mila dollari) sparandogli con ima carabina di precisione all'uscita dalla discoteca U Lis'sa, nel centro di Mosca. Ha ucciso un altro padrino, Bobov; qualcuno ha detto che potrebbe aver assassinato anche Otari Kvantrishvili, il «padrino di Mosca», fulminato nella primavera del '94 all'uscita della rituale sauna settimanale. E' stato il protagonista della furibonda lotta intorno alla protezione del ristorantenight club di Mosca ((Arlecchino», uno dei primi locali italiani aperti nella nuova Russia. Quando l'hanno arrestato, nel suo covo di Mosca la polizia ha trovato un arsenale: Kalashnikov, lanciagranate, un fucile francese di precisione con silenziatore e cannocchiale, un fucile da caccia, infinite pistole, munizioni, tutti gli Strumenti del maniaco armiere, le pompette con l'olio per lucidare e mantenere i suoi gioielli, film e libri sul Kgb. Viveva solo, come in una personale santabarbara santuario. E cosi abbiamo scoperto che Sacha Solonik, una volta riconquistata la libertà, ha scelto Roma. Ma al sei-vizio di chi? Cesare Martinetti AFFARI [miliar did i lire all' anno] j ©SPACCIO DOLLARI FALSI ©TRAFFICO 01 DROGA 53.200 CASI AFFARI [miliar did i lire all' anno] j ©SPACCIO DOLLARI FALSI ©TRAFFICO 01 DROGA 53.200 CASI ; PRODUZIONE E SPACCIO 8200 CASI ©SEQUESTRI DI DROGA 54 TONNELLATE ©TOTALE 5100-5310 AFFARI E REATI DEI BOSS DELL'EST ; LABORATORI CLANDESTINI STUPEFACENTI 300 ©TRAFFICO D'ARMI 9000 CASI 29.213