Niente politici nei talk show, è polemica

Niente politici nei talk show, è polemica Per la successione amministrative-referendum-amministrative si rischia il black out fino a Natale Niente politici nei talk show, è polemica Morta la par condicio, per legge sotto elezioni appariranno solo nei tg IL VOTO SUL VIDEO Zi AC, si chiude. Oscurate «Pinocchio», «Porta a porta», «Il fatto», «Mixer», «Telecamere» e «Maastricht, Italia» in Rai, «Moby Dick» in Fininvest. Tutte le trasmissioni di approfondimento politico rischiano da venerdì di chiudere, fatta eccezione per quella di Lucia Annunziata, perché dipende dal Tg3. Dal 28 marzo, infatti, torna in vigore la legge 515, che non consente ai programmi, esclusi i tg, di occuparsi, sotto elezioni, di politica: il garante per l'editoria non è propenso a concedere la «sanatoria» fatta nel '93, né d'altra parte è stato reiterato il decreto della «par condicio» che permetteva la continuazione dei programmi, benché a certe condizioni. Il problema è più pesante se si pensa che dopo le amministrative di aprile-maggio il black-out proseguirebbe per i referendum di giugno. Poi ci sarebbe una breve «finestra» in estate e si chiuderebbe di nuovo per le amministrative d'autunno. «Siamo molto preoccupati», ammette il direttore palinsesti Rai, Gian- cario Leone. «I politici dovrebbero trovare una soluzione che non imbrigli la tv così a lungo». Tra i conduttori interessati, il più colpito è Alan Friedman di «Maastricht Italia», evidentemente non ancora abituato alle stranezze italiche in lelepolitica. «E' ridicolo, as- surdo - dice al telefono -, a pagare sono i cittadini, che hanno il diritto di essere informati proprio sotto elezioni. Si rischia di tornare alle noiosissime tribune politiche degli Anni 50. Non capisco l'Italia: in Usa una cosa del genere non potrebbe mai accadere. Da noi i politici vanno nei talk show soprattutto in campagna elettorale. La par condicio? Basta il fair play del conduttore». Meno stupiti, ma comunque infastiditi, i conduttori italiani. «La legge, per garantire troppo, finisce con il contrastare il diritto dei cittadini ad essere informati in una fase fra le più delicate della nostra storia», commenta Bruno Vespa. «Capisco che il Garante non abbia gran voglia di mettere pezze a una norma assurda, finora oltretutto mai applicata. L'alternativa è un decreto-legge». Per il direttore di Raitre Gianni Minoli «chi pensa di applicare alla lettera la 515 non si rende conto di cosa potrebbero diventare i palinsesti Rai da qui a dicembre. Un controllo tanto rigido fa pensare quasi ad una censura. La Rai rischia di trasmettere solo film e telefilm e forse varietà. Un rischio grave per la completezza dell'informazione». Carlo Freccerò, direttore di Raidue, è «favorevole alla par condicio. In Rai abbiamo le qualità per metabolizzarla come si deve: i primi ad avere una visione equilibrata e ad essere deontologicamente responsabili sono proprio i direttori di rete». Anche in Parlamento la polemica si accende. Per Lucio Colletti «le misure coprono di ridicolo chi le ha prese. Questo Paese è diretto da avanzi di parrocchia in conflitto con uno Stato liberale moderno». Francesco Storace propone «una leggina con cui attribuire alla commissione il potere di stabilire deroghe. Dall'Ulivo non ho avuto risposta». Mentre per Marco Taradash «l'informazione politica in Italia sarà vietata per legge. Dato che i liberal-progressisti, solidaristi e marxisti, sono al potere, ci aspettiamo da loro una ventata di libertà». Una polemica «ridicola» secondo Mauro Paissan per cui il modo per evitare il black-out ci sarebbe ma «il Polo si oppone, facendo pressioni sul Garante, perché non ha interesse a un aperto confronto elettorale: preferisce la propaganda spicciola». Equanime, Giovanna Melandri suggerisce «di rivedere la legge sulla par condicio». [r. sii.) Friedman: «Ridicolo, non capisco l'Italia. In America ci si fida del"fairplay" del conduttore» Alan Friedman, conduttore di «Maastricht Italia»

Luoghi citati: America, Italia, Usa