Comitati, uffici, direzioni E il ritorno dell'apparato di Filippo Ceccarelli
Ma il ristretto staff del segretario ha più influenza di ogni organismo formalmente votato ed eletto Ma il ristretto staff del segretario ha più influenza di ogni organismo formalmente votato ed eletto Comitati, uffici, direzioni E' il ritorno dell'apparato DROMA UNQUE, c'è Sua Maestà il segretario, eletto dal congresso. Ma poi c'è l'ufficio di presidenza formato da tre anziani consultores. Poi c'è la direzione, che con 126 membri con i segretari regionali e «metropolitani», sostituisce il vecchio Comitato centrale (o Assembla nazionale, o Consiglio generale che dir si voglia). Poi c'è il Comitato politico, un po' eletto e un altro po' composto da dirigenti nominati «di diritto». Poi, sempre per semplificare le cose, c'è il Comitato esecutivo, che dovrebbe surrogare il vecchio ufficio di segreteria, sebbene diretto dall'inedita figura del segretario organizzativo. Poi ci sono i gruppi di lavoro (su Stato sociale, sistema-Italia, famiglia, imprese), distinti dai progetti-obiettivo (impresa, ambiente, comunicazione e formazione), che però sono affidati ad alcuni dirigenti del suddetto Comitato esecutivo... E quindi benvenuti nell'impossibile democrazia del pds, I che poggia su tanti di quei mi¬ steriosi organismi da certificare in modo quasi scientifico il predominio del leader assoluto. Un altro piccolo sforzo di fantasia gerarchica, comunque, e ieri a Botteghe Oscure ti inventavano pure un illusorio, labirintico Coordinamento, con relativo e conseguente coordinatore, connotandosi ormai la bardatura burocratica come la più inesorabile caratteristica del ritorno della Politica. O no? Perché avrà pure ragione, D'Alema, a rivendicare contro le velleità nuoviste dell'Ulivo l'antica funzione dei partiti: «Noi non siamo la società civile contro i partiti. Noi siamo i partiti. E' una verità indiscutibile», come ha utilmente spiegato il segretario del pds a Gargonza. Però, a questo punto viene anche da chiedersi a quante bizzarre finzioni e a quanti inganni, spesso, si ispira la vita dei partiti nell'era del potere personalizzatissimo. E allora, per dirla chiara: nessun ufficio di presidenza, nessun gruppo di lavoro, nessun progetto e nessun comitato, né politico, né organizzativo, né esecutivo, né di anziani saggi, né di giovani sconsiderati, può oggi realisticamente e minimamente condizionare il potere di D'Alema. E non solo perché eletto con l'88,4 per cento dei voti congressuali. Il sospetto, anzi, è che proprio la moltiplicazione di questi presunti luoghi di dibattito «democratico», l'incremento di questi organismi che dovrebbero temperare il potere del leader ne rafforzino in realtà la tendenza inesorabilmente monarchica e tendenzialmente cesaristica. Forse addirittura al di là delle stesse intenzioni di D'Alema. «Pds - titolavano le agenzie in serata -. Scelti i dirigenti. Tutti soddisfatti». E va bene, auguri. Ma la democrazia? Esiste? E' anch'essa pura finzione? Sempre che qualcuno continui a volercela proprio far entrare, la democrazia, o qualcosa che le si avvicini, nella vita interna del pds si intravede piuttosto un caotico e sintomatico miscugUo di leninismo residuo, tecnocrazia sperimentale, oligarchia frustrata, rischi di onnipotenza carismatica. Senza contare il consueto armamentario di trucchetti a suo tempo codificati dai classici della sociologia politica: cooptazioni, perciò, suffragi indiretti, assemblee inconvocabili, manipolazioni nei sistemi di voto, capi apparenti, capi effettivi. Nulla di nuovo, quindi, compreso il più totale disinteresse per quel genere di organismi infbrmab - vedi il ristretto staff operativo dalemiano: portavoci, consiglieri culturali, maestri di Palazzo, guardia pretoriana, favoriti e via dicendo - che invece dispongono di un potere senz'altro più rilevante di qualsiasi Comitato formalmente votato ed eletto. Nulla di nuovo, dunque, anche se nulla di ancora paragonabile all'autocrazia berlusconiana, che pure ha bisogno anch'essa di una apparecchiatura vagamente gogoliana, pure qui a base di molteplici comitati: «di presidenza», «di crisi», «elettorale», «organizzativo» e via vanamente enumerando, fino a imbattersi nell'entità della «conferenza». Ad An, oltre ai «Coordinatori», vanno molto le «Consulte», gli «Uffici» e i «Dipartimenti». Sul Secolo d'Italia, mesi fa, è uscito un gigantesco organigramma che contava la bellezza di 90 poltrone. Molte delle quali senz'altro destinate, come in altri partiti, a quelli che Max Weber definiva «cacciatori di cariche». Filippo Ceccarelli
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