«Tanto poi decide tutto D'Alema»

La nuova direzione: le correnti formalmente rappresentate da Fumagalli, Zani, Mancina La nuova direzione: le correnti formalmente rappresentate da Fumagalli, Zani, Mancina «Tanto poi decide tutto D'Alenici» Meno colonnelli, ma il leader conta di più IL PDS DOPO L'EUR GROMA IOCA con grande abilità, la sua partita in direzione, Massimo D'Alema. Tanto che, alla fine della riunione, gli esponenti delle due minoranze del pds sono costretti a fingere, davanti alle telecamere, una soddisfazione che non provano. Formalmente il segretario concede alle correnti un riconoscimento ufficiale importante: esse sono rappresentate nel comitato politico. Per la sinistra interna c'è Marco Fumagalli. Per gli «ulivisti» Claudia Mancina. Per i «dalemiani» Mauro Zani. I tre si vanno ad affiancare ai sette membri di diritto. All'apparenza, quindi, il segretario dà addirittura pari rappresentanza a tutte e tre le componenti, penalizzando, in teoria, proprio il suo gruppone che, avendo la maggioranza, avrebbe dovuto ottenere di più. Non solo, se si guarda alla geografia del comitato con gli occhi con cui si guardavano un tempo gli organismi dirigenti di Botteghe Oscure, si scoprirà addirittura che il leader è in minoranza. Infatti su dieci componenti i dalemiani di provata fede sono quattro: Marco Minniti, Zani, Francesca Izzo e, naturalmente, lo stesso segretario. Perché non possono definirsi così Salvi e Mussi, e tanto meno il capogruppo al parlamento europeo Luigi Colajanni o Veltroni. Sembra talmente generoso D'Alema, da ricevere, in una votazione, il «no» di un suo caro amico come Beppe Vacca. E che dire dell'altro comitato, quello più propriamente operativo, e che si chiama esecutivo? Invece di inzepparla di uomini suoi, anche lì il leader della Quercia offre posti alle minoranze. Ma dietro le apparenze si cela una realtà ben diversa. Innanzitutto quella di un partito che si adegua sempre più alla logica maggioritaria e bipolare e dove, quindi, gli organismi dirigenti contano assai meno di una volta. Come ammette l'ulivista Giulia Rodano che dice: «Tanto alla fine comanda sempre D'Alema». Non è un caso che gli esponenti delle correnti presenti in comitato politico siano Fumagalli e Mancina, cioè proprio i due con cui il capo del pds ha un miglior rapporto. Le componenti, for¬ malmente riconosciute come tali, sono in realtà ben arginate dal segretario. Alla sinistra viene inferto un colpo che, però, era scontato: Gloria Buffo non guiderà più le politiche sociali perché del Welfare State si occuperà l'ulivista Enrico Morando che in materia la pensa tale e quale a D'Alema. Segno che sul¬ la riforma dello Stato sociale il segretario va avanti. Ma se la «sinistra» subisce il colpo della Buffo, non è che agli ulivisti vada meglio. In comitato politico non entra Petruccioli (che D'alema non voleva), ma la Mancina, e questo avvenimento crea degli strascichi polemici all'interno di quella componente. Ancora: nel comitato esecutivo c'è un solo ulivista, Morando, mentre la sinistra ha tre rappresentanti. Di qui l'astensione, in direzione, di alcuni esponenti di quella componente (Rodano e Rognoni, per citarne alcuni), al momento di votare l'esecutivo. Non solo. Gb ulivisti, con una lettera al segretario, avevano chiesto che nella composizione degli organismi dirigenti fosse tenuto in conto il fatto che dal congresso era uscita una determinata maggioranza (appunto, quella formata da dalemiani e ulivisti), ma il leader della Quercia non dà loro nessuna soddisfazione. E in direzione spiega il suo «no»: «La dialettica interna di questi giorni - dice D'Alema non è così lacerante da poter impedire un governo unitario del partito». E così il segretario si smarca dagli ulivisti, li mette sullo stesso piano della sinistra, e attraverso quel «governo unitario» di tutte le componenti si accinge a guidare lui il partito. Per comporre tutte le tessere dell'organigramma, il segretario «sacrifica» anche mi suo «fedelissimi» come Pietro Folena che non entra nel comitato politico (al suo posto c'è Zani) e deve accontentarsi dell'esecutivo. Un riconoscimento invece ai tre saggi (Alfredo Reichlin, Giglia Tedesco e Aldo Tortorella) che faranno parte dell'ufficio di presidenza. Finisce così, la direzione, con la distribuzione di tutte le poltrone a disposizione. Con frizioni. E code polemiche, come quella che riguarda la partecipazione di D'Alema alla manifestazione sindacale di sabato, che è stata criticata anche da alcuni pidiessini. «E che deve fare un leader politico - si difende il segretario - separarsi dalla sua gente?». Maria Teresa Meli Il segretario «Sono andato al corteo per non separarmi dalla mia gente» Ulivisti furiosi Volevano parità con i dalemiani ma sono stati messi sullo stesso piano della sinistra Sinistra scontenta la Buffo non è più alle politiche sociali Sulla riforma del Welfare State il segretario non cede COMITATO POLITICO: fytì D'ALEMA, COLAJANNI, FUMAGALLI, ~ MANCINA, MINNITI, MUSSI, SALVI, VELTRONI, ZANI, IZZO ESECUTIVO: Segretario organizzativo MARCO MINNITI GLORIA BUFFO: Sanità e tossicodipendenze LEONARDO DOMENICI: Enti locali PIETRO FOLENA: Istituzioni ALFIERO GRANDI: Lavoro ROBERTO GUERZONI: Organizzazione CARLO LEONI: Propaganda GIOVANNI LOLLI: Terzo settore ENRICO MORANDO: Politiche» sociali, previdenza e assistenza UMBERTO RANIERI: Esteri FRANCESCO RICCIO; Tesoriere GIULIO CALVI SI: Sinistra giovanile FULVIA BANDOLI; Ambiente GIOVANNA MELANDRI: Comunicazione BARBARA POLLASTRINI: Formazione LANFRANCO TURO: Imprèsa Il segretario «Sono andato al corteo per non separarmi dalla mia gente» Il leader del pds Massimo D'Alema La nuova direzione: le«Tanto poiMeno colonn Il leader del pds Massimo D'Alema Qui sopra l'on. Giovanna Melandri