«A maggio confronto sulle pensioni»

Intorno «Siamo all'ultima salita prima di Maastricht. Solo dei pazzi si fermerebbero» «A maggio confronto sulle pensioni» Veltroni: ma non taglieremo la spesa sociale OROMA NOREVOLE Veltroni, dove prenderete i 16 mila miliardi della manovra? «Stiamo lavorando su diverse ipotesi. Ma una cosa è certa: quei miliardi li troveremo». Cosa le dà tanta sicurezza? «Abbiamo ancorato il governo a una sfida: portare l'Italia in Europa. Costi quel che costi. Perciò abbiamo già fatto una manovra complessiva da 85 mila miliardi, dimezzato o quasi l'inflazione, creato le condizioni per ridurre di 3 punti i tassi d'interesse, abbassato il deficit dal 6;8 ah3;8 per cento», jg Péro non basta, bisogna arrivare al 3 per cento... «Appunto. Siamo all'ultima salita prima del traguardo. E solo dei pazzi si fermerebbero a questo punto. Mancano solo cinque giorni, e poi... Poi che cosa accadrà? «Varata la manovra, l'ingresso in Europa sarà cosa fatta. Questo governo potrà dire di aver mantenuto la parola e realizzato la più grande riforma conosciuta dal Paese negli ultimi vent'anni». Intanto però Lamberto Dini minaccia uno sgambetto sul Tfr. Aumenterebbe i costi per le imprese, dice il leader di Rinnovamento Italiano. Cosa risponde? «Dini non vuole che il peso della manovra ricada su una parte sola. E' una preoccupazione di tutto il governo, non solo sua». Anche il presidente della Fiat Cesare Romiti vi invita a pensarci molto, molto bene... «Io credo che il futuro italiano sia nella nostra piccola e media impresa, che tutto il mondo ci invidia. Dunque, anche gli interventi sul Tfr non potranno non tenerne conto». Va bene, risparmierete piccola e media impresa. Ma la grande? «Siamo già intervenuti a sostegno del consumo e della produttività, con effetti positivi che pensiamo di estendere ad altri settori. Per esempio, il go verno è favorevole all'emendamento che stanzia incentivi per le due e tre ruote». Come dire: hanno appena avuto gli aiuti, questi industriali, di che si lamenta no? «Non si tratta di fare favori. Io guardo le cose con gli occhi dei cittadini. E constato che com prare un'auto costa meno. Così pure andare al cinema o pren dere un mutuo in banca o ri strutturare una casa. Anche le tariffe della luce e del telefono hanno avuto riduzioni...». Lo ammetta: volete incamerare il Tfr perché non potete toccare pensioni e sanità. Bertinotti lo vieta, «Bertinotti? Ha sostenuto manovre per 85 mila miliardi nel nome di Maastricht, ha approvato l'autonomia scolastica, il lavoro interinale, le privatizza zioni... Ne parlavo l'altra sera con Giscard d'Estaing, e la cosa l'ha positivamente sorpreso. La verità è che non si possono fare interventi su sanità e pensioni nel momento in cui si vuole aprire il grande confronto sullo Stato sociale». Per riformarlo avevate messo al lavoro la Commissione Onofri, ma le sue ricette sono finite nel cassetto, non è così? «Non sono affatto finite nel cassetto. E comunque la Commissione non era un organismo del governo. Si trattava di esperti, cui Prodi aveva affidato una ricognizione e chiesto delle proposte. Su alcuni suggerimenti siamo perplessi, su altri d'accordo». Quando passerete ai fatti? «In settembre avevo detto, ai giovani industriali riuniti a Capri, che occorre aprire un confronto sullo Stato sociale, da attuare nel 1998. Ricorda? Fu un'affermazione che fece molto discutere. Ebbene, le dò una notizia: questo grande confronto noi lo apriremo in maggio». Previdenza compresa? «Previdenza compresa. Ovviamente, potrà essere modificata nel '98, come prescrive la legge». Saranno contenti Bertinot- ti e i sindacati... «Senta, o questo tentativo di riforma lo fa un governo con la nostra sensibilità e il nostro tipo di cultura, oppure c'è il rischio che un domani il problema venga affrontato da posizioni thatcheriane. E poi, non si può difendere acriticamente una spesa sociale che ha dentro di sé profonde diseguaglianze e autentiche ingiustizie. E' tempo di affrontare la questione in termini di modernizzazione e di nuova equità». Esemplifichi. «Lo dico da uomo di sinistra: cosa c'è di equo in un sistema dove un ragazzo disoccupato da otto anni non percepisce neanche un'indennità di disoccupazione, mentre c'è chi va in pensione a 50 anni potendo fare magari il doppio lavoro?». Basta tabù, insomma. «E anche basta demagogia. Prendiamo il caso della spesa sanitaria: da noi è più bassa che in altri Paesi europei, così come è più bassa la spesa per la disoccupazione, per la famiglia, per la casa... Se non rimettiamo a posto la coperta dello Stato sociale, e in fretta, possono arrivare anche da noi le devastazioni che l'egoismo darwinistico ha prodotto in altri Paesi». Secondo lei, la Cgil ci starà? «Se si rende ben chiaro che il problema non è il taglio alla spesa sociale, ma il suo equilibrio e la sua razionalizzazione, allora il sindacato potrà partecipare a questo confronto». E se invece si sottraesse? «Mi parrebbe strano, soprattutto di fronte a un governo che ha dimostrato di tenere ampiamente conto dei disagio di chi sta peggio. E l'intervista di Cofferati al Corriere mi sembra, in questo senso, assai responsabile». D'Alema si è scusato con Cofferati per certe critiche troppo veementi alle rigidità del sindacato. La linea del vostro congresso torna in discussione? «Un congresso può essere rimesso in gioco solo da un altro congresso. Ha dato una linea che vale per tutti». Come si è sentito sabato, giorno della prima marcia sindacale contro un governo di centro-sinistra? «Le critiche non fanno mai piacere. Ma anche in passato ci sono stati momenti in cui ci siamo sentiti soli. E governando ho imparato una cosa: il mio lavoro è molto diverso dalla politica tradizionale. Facendo questo mestiere non posso, nuli possiamo essere quelli del "si ma", stare un po' dentro e un po' fuori e cercare il facile consenso. Qui sta la durezza e il fascino del nostro lavoro...». C'è amarezza, in queste parole. «In realtà sono sereno. Anche senza guardare ai sondaggi, credo che il Paese si renda conto dei nostri sforzi. La stessa manifestazione sindacale - Cofferati l'ha ammesso - era attraversata dalla consapevolezza che questo governo sta affrontando una sfida mortale. Nel giro di qualche mese ci potranno essere dei rivolgimenti che non esito a definire storici. Per effetto della legge Bassanini cambiera la Pubblica Amministrazione. I ragazzi potranno scegliere se l'are la leva o il servizio civile. La scuola avrà la riforma che aspettava dai tempi di Gentile. Nelle aule entreranno i computer. L'Italia sta tornando ad avere una politica culturale che fa sì che non ci sia solo la televisione...». A proposito: Berlusconi l'accusa di volergli togliere una rete con la scusa di mandarla sul satellite. «Non è da oggi che mi considera la sua bestia nera». Ma ha ragione? «Forse si. Ho sempre condotto una battaglia che non è personale e nemmeno contro Mediaset, ma contro il tentativo di fotografare per legge il suo monopolio privato». Berlusconi fa anche capne che, se lo attaccano sulle tivù, la Bicamerale sarebbe a rischio... «Ritengo assolutamente inaccettabile questo tentativo di stabilire una relazione fra l'assetto televisivo e quello istituzionale del Paese. Confermo che sarebbe più elegante se il capo dell'opposizione la smettesse di essere il rappresentante in Parlamento delle sue aziende. E ribadisco quanto ho detto al congresso del pds: il conflitto d'interesse è ancora un problema aperto. Su questo ho le mie opinioni che non riesco a cambiare». Ugo Magri CHE COS'È'IL TFR La sigla «Tfr» sta per «Trattamento di fine rapporto» In pratica, le liquidazioni. Il «Tfr» nasce con la legge n. 229 del 29 maggio '82. Può essere definito come una retribuzione differita, cioè una sorta di «risparmio forzoso» che lo Stato impone ai lavoratori. Questo «risparmio forzoso» rimane a disposizione dei datori di lavoro che sono tenuti (salvo eccezioni) a versarlo ai lavoratori solo a «fine rapporto». Se i datori di lavoro non sono in grado di adempiere a questo loro impegno (per crisi, fallimenti, ecc.) le liquidazioni vengono erogate dall'Inps, cioè dallo Stato, attraverso un fondo di garanzia appositamente istituito. Il governo sembra intenzionato a farsi versare una parte di questo «risparmio forzoso» imposto ai lavoratori e trattenuto dai datori di lavoro. Complessivamente si calcola che l'insieme delle liquidazioni ammonti a circa 300 mila miliardi di lire. Il governo ne vorrebbe circa 6 mila, cioè grosso modo la quota di liquidazioni maturata nel '97, affermando che poi sarà compito dello Stato versare le liquidazioni ai lavoratori nel momento in cui il rapporto di lavoro si chiuderà. Non è ancora chiaro se questo prelievo riguarderà tutte le aziende, solo le grandi aziende, oppure solo le imprese pubbliche. In teoria, dunque, il prelievo sul «Tfr» non dovrebbe toccare in nulla i lavoratori. I datori di lavoro però affermano che se fossero costretti a versare quelle somme allo Stato non sarebbero più in grado di investire e dovrebbero aumentare il loro indebitamento con le banche. Molte aziende, quindi, entrerebbero in crisi con effetti negativi sull'occupazione. ìm UllTfr non penalizzerà piccole e medie imprese Per le grandi aziende siamo già intervenuti^ u Berlusconi non può essere il rappresentante in Parlamento delle sue televisioni j ip Ola riforma la facciamo noi o c'è il rischio, che venga fatta infuturo da posizioni thatcheriane n Cosa c'è di equo in un sistema dove i giovani sono disoccupati e i cinquantenni hanno una pensione e un lavoro? J J (fi Siamo sensibili al disagio di chi sta peggio La Cgil capirà che si tratta solo di riequilibrare un sistema ■■ Intorno «Siamo all'ultima salita prima di MaastricUllTfr nonpiccole e medPer le grandisiamo già in faft.T* '

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