Ben venga la «cosmesi» se ridurrà i tassi di Alfredo Recanatesi

Ben venga la «cosmesi» se ridurrà i tassi OLTRE LA LIRA Ben venga la «cosmesi» se ridurrà i tassi A tempi ormai lontani, il primo esercizio effettuato sulle misure di aggiustamento della finanza pubblica è quello di verificare la loro portata strutturale, distinguendo tra misure che determinano effetti certi e definitivi, e quindi ripetibili in tutti gli esercizi futuri, da quelli cosiddetti di cosmesi il cui effetto si esaurisce nell'anticipare entrate o posticipare spese alleviando l'esercizio in corso, ma appesantendo quelli successivi nella logica del «poi si vedrà». Nel condurre questo esercizio si è spesso ecceduto da una parte e dall'altra. Si è ecceduto da parte dei «rigoristi», i cui lamenti passati non reggono ad una verifica dei fatti perché l'Italia ha compiuto comunque un aggiustamento poderoso che non trova riscontro in alcun altro Paese. E' vero che il suo squilibrio iniziale era il più marcato, ma è anche vero che ormai da tempo ha conquistato un avanzo primario senza eguali nel mondo quando nella stes • sa Germania, con un avanzo primario assai più contenuto ed un disavanzo complessivo eccedente il limite del 3%, Kohl non ha esitato a «mollare» ulteriore spesa pubblica assistenziale per assicurare il posto di lavoro a lavoratori di miniere improduttive (insomma, un bell'esempio di Sulcis tedesco). Ma si è ecceduto anche da parte dei «permissivi» perché la realtà del bilancio pubblico italiano non è comunque solida e certa come dovrebbe essere e come qualche ex presidente del Consiglio, prima di criticare la manovra ora in cantiere, sarebbe opportuno che ricordasse. L'esercizio di setacciare l'effimero dal durevole questa volta sembra essere particolarmente semplice perché l'intera nuova manovra si delinea come in un mix di artifici di cassa e di finanziamento forzoso dello Stato attraverso il Tfr (che, però, come quello previdenzia le, non è un vero e proprio debi to). E tuttavia, prima di dare la stura a facili critiche, valga qualche considerazione sulla li nea di quelle che da tempo, a questo riguardo, andiamo facendo. In primo luogo una conside razione sugli artifici. Che, in questo come in altri casi, si trat ti di artifici non solo è pacifico, ma anche non privo di qualche aspetto di opportunità. Contra riamente a quelli che stanno ponendo in atto gli altri Paesi (quelli che fanno «finanza crea tiva»!), gli artifici italiani hanno una logica che poggia solidamente sul fatto che il principale, sostanziale, definitivo, strut turale aggiustamento della finanza pubblica può e deve venire dall'abbattimento della spesa per interessi la quale, i sua volta, deve avvenire con quistando tassi non lontani da quelli che gravano sul debito degli altri Paesi. Tale conquista passa per la partecipazione all'Unione mo I netaria e, quindi, per il rispetto I formale delle condizioni fissate dai trattati. Non è necessario che la sostenibilità strutturale di un disavanzo non superiore al 3% sia data dai provvedimenti che ora si prendono, perché può e dovrà venire dal taglio della spesa per interessi. Non è necessario e neppure opportuno, perché ogni alternativa è non solo socialmente dolorosa, ma anche più penalizzante in termini di sviluppo e, quindi, potenzialmente gravosa per la stessa finanza pubblica (ovviamente la scommessa è che l'unione si realizzi ma, come prima subordinata, è non meno fondamentale a questo fine che, anche in caso di rinvio o di fallimento, l'Italia si presenti con i conti del 1997 in regola). Una seconda considerazione riguarda la ventilata misura sul Tfr. E' un prelievo dalle disponibilità finanziarie delle imprese, e quindi è più che comprensibile che queste si lamentino. Tuttavia questa è solo un faccia di un provvedimento che fa parte di un contesto il quale, nel suo insieme, non manca di aspetti apprezzabili anche nell'ottica delle imprese. Queste non dovrebbero trascurare in primo luogo i vantaggi di una politica che punta tutto, anche lo stesso aggiustamento dei conti pubblici, soprattutto sull'abbattimento della rendita finanziaria. Non dovrebbero trascurare, poi, che il loro futuro risiede non solo e non tanto sul ridimensionamento della capacità ' produttiva per guadagnare anche con volumi di produzione più ridotti, ma soprattutto su prospettive di crescita che postulano un mercato interno dinamico e vitale. E ancora: non dovrebbero trascurare che il mercato interno è stato fin troppo penalizzato dalla necessità di realizzare un avanzo primario estremamente elevato e che ogni ulteriore penalizzazione produrrebbe effetti vieppiù pesanti non solo sulla domanda interna, ma anche sui conti pubblici (come dimostrano gli ultimi dati dell'Inps). Infine: le imprese che puntano a crescere più che a ridimensionarsi rincorrendo il ridimensionamento del mercato non dovrebbero trascurare che, nelle condizioni finanziarie nelle quali si trovano, che sono nel complesso elastiche a giudicare dal basso ricorso al credito bancario, finanziare la difesa del livello della domanda interna può essere operazione certamente sgradevole nell'immediato, ma non priva nel tempo di un qualche ritorno positivo anche per loro. Alfredo Recanatesi es^J

Persone citate: Contra, Kohl, Sulcis

Luoghi citati: Germania, Italia