Il calcio cerca la vittoria in Borsa di Ugo Bertone

L'esempio è Londra, dove i grandi club guidano le classifiche del mercato finanziario L'esempio è Londra, dove i grandi club guidano le classifiche del mercato finanziario Il calcio cerca la vittoria in Borsa Anche le squadre italiane verso la quotazione MILANO. «Ragazzi, il piano è questo: copiamo la strategia inglese, attacchiamo nel secondo tempo e mettiamo in ginocchio la Borsa italiana...». Parte cosi, in prima pagina, la corrispondenza dall'Italia che «The Wall Street Journal» ha dedicato alle ambizioni borsistiche dei grandi club della serie A. Intanto, da due settimane, il grande concorrente britannico, il «Financial Times», dedica ogni venerdì al mondo del «soccer» una pagina monografica. Niente di sorprendente, del resto, se si pensa che, sulla linea dedicata alla quotazione dei titoli in Borsa dal «Sun», il tabloid clie vende 4 milioni di copie, il prezzo dei titoli del Manchester United o del Newcastle è più richiesto di quello di British Telecom. All'improvviso, prendendo in contropiede gii esperti del pallone e del listino, il calcio si è affacciato con prepotenza sul palcoscenico della Borsa. La lista d'attesa, solo in Italia, è già lunghissima: Lazio, Bologna, Fiorentina, Inter, Panna e anche le due squadre con il maggior richiamo internazionale, Juventus e Milan, stanno studiando la materia con prudenza e determinazione. Così nei mesi scorsi c'è stata a Londra una vera e propria corsa al titolo Ifi, motivato, pare, all'attesa della quotazione della compagino bianconera. La lebbre del calcio in Borsa, del resto, è partita un paio d'anni fa proprio da Londra, dove ben 18 club hanno distribuito azioni tra i tifosi (ma solo sette sono quotate ufficialmente), per poi sbarcare in Nord Europa (tre squadre sono nel listino di Copenaghen) e prender piede un po' dappertutto: un piano di quotazione è allo studio del Paris St-Germain, del Psv Eindhoven, del Bayern. Ma gli esperti non hanno dubbi: sarà l'Italia la vera terra promessa. Pruno, perché l'industria del calcio italiano è pur sempre, con tutte le sue magagne (circa mille miliardi di perdite complessive negli ultimi quattro anni, calcola uno studio della Me Kinsey), quella con il fatturato più alto del mondo; secondo, perché i club italiani, soprattutto dopo la sentenza Bosman, sono tra i più affamati di capitali. E hi campo, del resto, sono già scesi i campioni della consulenza: Guido Rossi, presidente della Stet ed ex capo della Consob, ha preso in mano la pratica del Bologna; Vitale e Borghesi, la «boutique» finanziaria più rinomata nei pressi di Piazza Affari, ha la Fiorentina. Gli ostacoli, però, non mancano. Primo fra tutti che la legge italiana prevede che alla quotazione possano accedere le società con tre bilanci consecutivi in attivo alle spalle, requisito di cui nessuno, per ora, è in possesso. La via d'uscita? La più rapida è la richiesta della quotazione a Londra. Ma presto, a Milano, la Borsa sarà privata a tutti gli effetti. Possibile che i nuovi piloti di Piazza Affari, afflitti dalla povertà dell'offerta del mercato italiano, si facciano sfugire l'occasione di attrarre centinaia di migliaia (se non milioni) di nuovi azionisti? «Il calcio - ha dichiarato a Wall Street Journal Angelo di Cresce, analista eh Intersim - potrebbe davvero contribuire ad attirare nuovi investitori nel mercato italiano. Piuttosto che spendere nel Totocalcio, uno potrebbe investire a lungo termine sulla sua squadra». Ma l'esempio da imitare, comunque, resta Londra. Perché tanto sue- cesso? Semplice, perché finora il calcio hi Borsa ha procurato un sacco di quattrini: tre dei primi dieci titoli in vetta alla classifica dell'indice Financial Tunes sono proprio di squadre di calcio; 5 mila sterline investite nel Manchester United, riporta 1'«Herald Tribune», sono diventate 16.400 in un solo anno, e meglio ancora è andata agli azionisti-tifosi del Collie di Glasgow: 5 mila sterline, in 12 mesi, ne hanno fruttato 22.500. Esagerazioni? «Nient'affatto. Certo, qualche club può esser sopravvalutato, ma altri no. Il Manchester potrebbe valere un 50% in più e lo troverei ancora a buon prezzo. Siamo solo agli inizi...». Risponde così Michael Gordon, un signore che, dal Lussemburgo, antministra un fondo di investimento, il Momentum fund, specializzato nel settore. Finora il patrimonio amministrato ha toccato quota 10 milioni di dollari anche con sottoscrizioni modeste (meno di mezzo milione) e i guadagni sono buoni. Andrà sempre così? E' lecito dubitarne, anche se all'origine dei successi del «soccer» c'è la buona salute delle società, forti di incassi crescenti, di un contratto favoloso per i diritti tv sottoscritto da B-Skyb, la «pay tv» di Murdoch, e da una struttura manageriale che ha fatto sì che gli introiti del Manchester United in «merchandising» (magliette, bandiere, film della squadra eccetera) superino quelli dell'intera seria A italiana. Ma quel che è sicuro è che presto calciomercato e «rumours» di Borsa saranno parenti sempre più stretti. Ugo Bertone «Per le società serve una gestione manageriale»

Persone citate: Bosman, Guido Rossi, Kinsey, Michael Gordon, Murdoch, Panna, Pruno, Semplice